Uno squarcio sulla guerra
di Lorenzo Bianchi - 22/08/2008
Gli orrori del conflitto, nella loro spoglia crudezza, vengono direttamente dal
campo e da
una osseta del sud, Svetlana Kozaeva, 45 anni, originaria di Tskhinvali, laureata in
lettere
all’Università di Mosca, poliglotta, grande appassionata dell’Italia. “Con mio
fratello
Ruslan, 43 anni, commerciante di prodotti alimentari, siamo arrivati in auto a
Tskhinvali
alle 17 circa dell’undici agosto.
Avevamo già visto tre cadaveri abbandonati lungo la strada. Sapevamo che
nell’attacco
erano morti mio cugino Dimitri, 40 anni, e mia zia Anna Zaseeva, di 73.
Dall’alto ci si è parata davanti agli occhi una città fantasma, un mare di macerie e di
palazzi distrutti. Ho visto mio fratello piangere, non era mai successo. La prima
immagine
che mi è rimasta scolpita negli occhi è quella di una carcassa di auto, consumata dal
fuoco al punto che non si riusciva più a leggere la targa. Vicino c’erano quattro corpi
carbonizzati, due erano piccolissimi”. Svetlana e Ruslan raggiungono la casa della
zia.
Volevo partecipare ai funerali, ma il cimitero era completamente distrutto.
L’hanno
seppellita nel cortile. Come molti altri. Qualcuno, più fortunato, è finito nel
giardino di casa.
Mia nipote Elina, 26 anni, mi ha raccontato che si erano nascosti in cantina in dieci.
Sono sopravvissute solo sei persone. L’attacco iniziale è durato 24 ore, senza un
minuto
di pausa. I carri armati georgiani passavano da una casa all’altra e sparavano uno,
due o
tre colpi in direzione degli scantinati. Sapevano che lì era rintanato chi non era
riuscito a
fuggire, bimbi, donne, anziani. Il rifugio di mia zia e di mia nipote non è stato
risparmiato.
Sono rimasti chiusi nel sotterraneo per tre giorni e per tre notti, vegliando i
quattro cadaveri
che cominciavano a puzzare. Fuori c’era un gran caldo, fra 32 e 34 gradi.
Non avevano né luce, né acqua, né cibo. L’unica compagnia era una tribù di topi.
Ma erano terrorizzati dall’idea di mettere fuori il naso”.
Perché? “Un’anziana signora della quale ricordo solo il nome, Maria, stava
scappando con
i suoi due nipotini. Un tank georgiano li ha raggiunti e schiacciati. Capisce? Non si è
preso
neppure la briga di sparargli. Mi hanno raccontato, che a Muguti, a 10 chilometri
dalla
capitale, la popolazione si era rifugiata nella piccola chiesa. Due carri georgiani
hanno
aperto il fuoco. I morti sono stati 12”.
Svetlana è tornata a Mosca alle 14 del 13 agosto. Il marito è ancora nella capitale
dell’Ossezia del sud. “Le cantine – rabbrividisce - sono piene di cadaveri.
E’ stata una pulizia etnica. I georgiani sono arrivati a livelli che non hanno toccato
neppure
i tedeschi nella seconda guerra mondiale. La Cnn e la Bbc trasmettono immagini
di Tskhinvali e dicono che vengono da Gori. Ho riconosciuto con i miei occhi un
falso. In un servizio da Gori c’era una strada della mia città di origine, quella
intitolata agli eroi, la via “Geroev”. Perché i media occidentali giustificano il
presidente
georgiano Mikhail Saakashvili e il suo regime criminale?