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La vita è sospesa ad un battito d'ali

di Giordano Montanaro* - 05/02/2006

Fonte: promiseland.it

Visti i recenti eventi, c'è da chiedersi se facciamo parte del sistema o se siamo un errore del processo biochimico.


E si! Perché già dall’inizio di questo millennio dobbiamo affrontare problemi nuovi, mai immaginati prima.

Intere ere geologiche hanno visto gli uccelli protagonisti su questo pianeta: sopravvissuti all’estinzione dei grandi rettili, hanno proseguito la loro evoluzione osservando dall’alto tutto ciò che piano cambiava. Nuove specie vegetali si presentavano sulla terra mentre si trasformava la morfologia delle aree emerse. Mutavano i climi e di conseguenza le specie presenti in quei lembi sempre più grandi, bagnati da un mare ancora degno di essere così chiamato.

Loro erano, e sono, la specie eletta e vagano senza limiti e senza confini, in un cielo che sembra scorra come la pellicola di un film sul mondo. Non hanno trascorso allora e non trascorrono adesso la loro vita in un unico luogo come la maggioranza degli animali. Grazie alla migrazione, attraversano i continenti e i mari per raggiungere le zone di riproduzione e svernamento. Conoscono la terra e i suoi segreti, più di quanto noi possiamo immaginare.

Nel corso degli anni, l’evoluzione “globale” proseguiva il suo cammino portando nuovi frutti all’albero della vita. Tra questi appare l’uomo ed è qui che mi chiedo se facciamo parte del sistema o se siamo un errore del processo biochimico.

La nostra presenza influisce da subito nei luoghi ove la concentrazione antropica è più consistente. Il territorio, noi e le presenza animali in esso contenute, entrano in una sorta di conflitto che sfocia, forse per regola di sopravvivenza, in simbiosi incrociate tra varie presenze organiche. Fino a questo punto, siamo ancora parte del sistema. La natura si è limitata a trovarci uno spazio nella catena alimentare, dove non deteniamo ancora il primato di predatore assoluto ma ci confrontiamo con gran parte dei felini e qualche orso.

Il cammino continua per vari stadi evolutivi: descriverli ora nelle loro parti salienti diventerebbe una sorta di processo all’umanità. Purtroppo, e mi dispiace per coloro che pensano ancora di avere un ruolo nobile su questo pianeta, il nostro arrivo ha determinato non solo la selezione e la mutazione di molte specie animali ma ha provocato l’estinzione di altrettante. In un certo tipo di analisi prettamente scientifica che studia i fenomeni del processo evolutivo, noi umani rappresentiamo uno di quei fattori che hanno determinato cambiamenti assai rilevanti, in parte irreversibili, del pianeta più o meno come i rettili del passato o gli imponenti vulcani con le loro emissioni di gas nell’aria.

E adesso si presenta un nuovo ostacolo da superare, il virus H5N1, e servono le energie di tutti per comprendere e per affrontare nel giusto modo la cosa. Il virus sembra si stia diffondendo a macchia d’olio sul continente europeo spinto dal “vento asiatico” e dai migratori delle “terre di mezzo”. La spasmodica ricerca dell’uomo, è totalmente incentrata nel valutare il momento in cui tale virus mutante aggredirà l’essere umano in modo da poterlo annientare con un vaccino, naturalmente coperto da segreto industriale. Il brevetto è detenuto dalle sole aziende che lo hanno scoperto, incapaci, dicono, in caso di emergenza, di produrre le quantità necessarie. Perfino i grandi si sono mobilitati a Washington (non a caso visto che per una volta il brevetto è europeo) e gli americani hanno espresso chiare intenzioni sulla gestione del vaccino. “Non si può tenere –hanno detto- l’umanità appesa ad un brevetto” (come invece fanno proprio gli Usa con i mais transgenici, regalati prima e venduti poi a caro prezzo, a espianto avvenuto delle coltivazioni autoctone in India).

Tali considerazioni mi hanno spinto a riflettere sul ruolo degli uccelli migratori.

Questi animali volanti hanno sfidato le avversità biologiche del pianeta sopravvivendo ad ogni mutamento, ad ogni lotta. Forse sono i veri gestori dell’equilibrio biologico e, pur detenendo consistenti perdite, tentano di modificare lo stato attuale delle cose.

Sono forse i kamikaze della natura (o di Gaia, di Madre Terra… fate voi), spinti, dall’esasperazione indotta da un sistema bacato, marcio fin dalle radici, al gesto estremo e speranzoso rivolto a chi resta perché possa godere una vita migliore grazie al loro sacrificio. Il loro organismo come una bomba biologica contro chi sta distruggendo il pianeta.

Forse gli stessi umani hanno imparato da loro: o forse è presente nel DNA degli essere viventi di questa terra, il credere che l’azione estrema trasformi gli eventi per impedire il totale annullamento della vita. Non c’è nulla di scandaloso in tutto ciò: la cosa che fa veramente paura, è la consapevolezza che l’uomo (o almeno la sua parte “malvagia”) da tale sistema è riuscito ormai a svincolarsi oltrepassando i sistemi di sicurezza della natura.

Cosa accadrà al nostro pianeta? In questo nuovo passo del 2000 d.C., restano pochi umani sensibili ancora legati alla Madre Terra che sembrano sentire sulla loro pelle le ferite inferte alla natura.

Qualcuno potrebbe pensare che questa sensibilità sia in realtà una debolezza, dovuta alla loro evoluzione in parte fallita: o forse ad un processo di “regressione” nei confronti della tecnologia che si innesca per rallentare la macchina dell’autodistruzione (un’autodistruzione che però non trascinerebbe solo l’uomo nel baratro). Se per un attimo fermiamo i motori del nostro CATERPILLAR, sentiamo ancora dei rumori provenire dalla boscaglia. La vita si difende, lancia al vento il suo canto. Una guerra silenziosa senza armi. L’unico strumento è l’amore, la tenacia della vita per la vita che tenta con ogni sua forza di resistere ai soprusi, alle ingiurie che ne minacciano le fondamenta.

*esponente della LIPU e profondo conoscitore dell’avifauna prealpina.

Tratto dal numero di Dicembre 2005 della rivista "U.N.A. INFORMA", pubblicazione semestrale a cura del Movimento UNA.