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L'Italia di domani

di Stefano Montanari - 03/10/2008

     
 
 

Tempo fa, e con mio dispiacere, io suscitai le ire di Gian Antonio Stella, il giornalista coautore del fortunato libro La Casta. Lo feci arrabbiare, e anche molto, perché mi permisi di fargli notare che può accadere di non essere ugualmente ferrati in tutto lo scibile umano e, a volte, se non si fa esercizio di modestia, si può scivolare.

In quell’occasione Stella, certo in buona fede ma vittima della sua mancanza di conoscenza in materia, scrisse che, per risolvere il problema dei rifiuti, occorreva far crescere inceneritori come se fossero funghi.

Se allora sostenne una fesseria, sull’articolo di oggi http://www.corriere.it/cultura/08_settembre_30/universita_malata_25731d20-8ebc-11dd-8a6d-00144f02aabc.shtml  è difficile dargli torto.

Da modenese di adozione (Pellacani e non Pellicani è il cognome del rettore dell’ateneo locale) e da punti di osservazione piuttosto vicini al soggetto credo che ci sarebbe solo da rincarare la dose. Da italiano, ancor di più, se è possibile.

Ho notato che, quando tratto di università, la mia platea si restringe di parecchio, come se l’argomento fosse per i pochi addetti ai lavori. In realtà, la tragedia coinvolge tutti e siamo tutti omogeneamente addetti ai lavori, a qualunque categoria apparteniamo.

Con un’università di figli e amanti, dove i soci d’affari e i clienti trovano pure il loro spazio, non è possibile altro che partorire una classe dirigente d’incapaci.

È così che io m’imbatto in giovani (ma poi non più di tanto) ingegneri ambientali che ignorano le leggi basilari della fisica, o in giovani (ma poi non più di tanto) medici che non hanno la più pallida idea di che cosa sia la medicina attuale. È così che vado in una città pugliese a tenere una conferenza e i pochi medici presenti abbandonano la sala perché, a differenza della gente normale, non capisce che cosa io stia dicendo.

Viaggiando nei laboratori dei paesi civili - e mi scuso se non riesco ad inserire l’Italia tra quelli - ci si trova ad incrociare con regolarità in cervelli nostrani che hanno cercato asilo molto fuori casa, dove un paio di gambe ben fatte, l’essere pezzi di cuore, il presentarsi con i capponi di Renzo in mano perdono di significato davanti alla capacità. Quelli vanno, si liberano della zavorra di cui le nostre università li hanno caricati, imparano e producono. Poi, ciò che hanno prodotto ci viene venduto dalla nazione che li ospita e di questa noi diventiamo culturalmente, tecnologicamente ed economicamente dipendenti.

E, allora, dove sta il business? Perché siamo così stupidi?

Di risposte ce n’è un elenco lunghissimo e io non ne voglio toccare che qualcuna.

Occupare, comunque si sia arrivati, un posto “che conta” all’università italiana significa “mettere a posto” chi deve essere messo a posto, dove il verbo dovere implica una fortissima connotazione di cosca. In cambio arriverà di tutto: quattrini, potere, compagnia a letto. I concorsi sono in grandissima parte truccati, lo sappiamo tutti tranne, a quanto pare, la magistratura che non interviene se non rarissimamente e spesso finisce tutto a tarallucci e vino. Anche davanti ad evidenze schiaccianti, non si fa nulla perché “la commissione è inappellabile”.

Nel libro Il Girone delle Polveri Sottili io racconto della mia esperienza di spettatore ad un concorso in cui una sorta di Fantozzi diventò, tra il fastidio degli stessi commissari che lo dovevano per forza promuovere, il signor professore e chi aveva titoli e meriti fu rimandato a casa. Se oggi dovessi riscrivere il libro, rincarerei molto di più la dose.

E rincarerei la dose perché ora il giochetto è palese: si parte dalle elementari a formare il popolo bue. Un’Italia d’ignoranti, amputati fin da piccolissimi degli strumenti essenziali della conoscenza e della capacità critica, renderà sempre più facile l’opera di razzia che stiamo subendo senza difenderci.

Se qualcuno crede che Berlusconi abbia risolto il problema dei rifiuti campani, che lo zero di Veronesi alla domanda di quanto inquinino gl’inceneritori abbia un fondamento che sia uno, che esista il carbone pulito, che le centrali nucleari siano una soluzione al problema dell’energia, che l’energia solare sia una fonte impraticabile, che non sia vero che il petrolio finisca e altrettanto l'uranio, che lo sbarramento italiano del 5% alle elezioni europee dia stabilità a Bruxelles non sono che alcune delle prove dell’efficacia con cui questa opera di annientamento dei cervelli, organi temutissimi, è iniziata e sta procedendo.

Che ce ne rendiamo conto o no, noi stiamo apprestandoci a grandi passi a diventare un popolo d’imbecilli, e se non daremo il colpo di reni che diventa ogni giorno più indispensabile ma anche più difficile, non avremo scampo. Né noi né i nostri figli.