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Ultima apertura di credito

di Gianfranco la Grassa - 04/10/2008

Ripeterò fino alla noia che non sono un tecnico, in particolare per quanto riguarda il settore finanziario. Non mi metterei mai ad analizzare il “piano di salvataggio” Paulson, bocciato dai deputati e approvato dai senatori americani, che tuttavia dovrebbe infine passare anche alla Camera e divenire attivo poiché la “paura fa 90”. Cerco di leggere tutti i contorti (almeno in gran parte per me) articoli di tipo finanziario densi di dati, di indicatori, di rapporti tra variabili, ecc. – sia in riferimento alla macroeconomia sia scendendo al livello delle grandi imprese, in particolare finanziarie – ma non approfondisco la questione; soprattutto non metto in discussione l’assicurazione che tale o tal’altro indice è servito in passate situazioni per prevedere e rattoppare le crisi.

A parte le questioni teoriche più generali, che sono quelle capaci di trattenere la mia attenzione (ognuno ha le sue preferenze), mi limito a constatare i risultati e conclusioni di tutti i discorsi e articoli e saggi dei “tecnici ed esperti” che sto seguendo da quando si è cominciato a parlare di questa crisi (un anno fa? Comunque da moltissimi mesi). Ritengo abbastanza normale che ognuno di questi tecnici formuli una sua previsione e sputi la sua personale sentenza circa i metodi di prevenire – tanti mesi fa – o di uscire – adesso – dalla crisi; sono tuttavia costretto a rilevare che previsioni e ricette sono cambiate, prima di mese in mese poi sempre più vorticosamente, senza mai indovinarne una (o quasi). Come ha recentemente affermato Tremonti al Centro Studi della Confindustria, “il capitale intellettuale degli economisti si è azzerato” nel corso dell’ultimo anno (ho riportato qualche giorno fa nel blog l’intera sua frase, assai pesante).

Non inseguirò tutte le giravolte fatte da questi tecnici; ricorderò solo che fino a non molto tempo fa, l’Europa era ritenuta star meglio degli Usa, in procinto di essere messi a terra dalla situazione finanziaria assai disastrosa. Non si negavano problemi per le banche della UE, ma non paragonabili a quelli delle banche statunitensi, seguite a ruota dalle assicurazioni. Nell’ultima settimana, abbiamo assistito al salvataggio, o consistente sostegno, di non so quanti istituti finanziari europei; non ricordo il numero, ma sono un gruppetto abbastanza sostanzioso. E i traballamenti sono molti, pur soprassedendo sull’indubitabile gioco speculativo che si accentua enormemente nei periodi di caos, alzando e abbassando in modo significativo e in brevissimo tempo il prezzo dei titoli di questa o quell’azienda, soprattutto nel settore finanziario, poiché è quest’ultimo al momento sotto bufera; presto seguirà anche la cosiddetta economia reale.

In questi giorni, proprio il sunnominato Tremonti, dopo aver riunito il Comitato di salvaguardia della stabilità finanziaria – immagino (e probabilmente sbaglio) che ci siano i migliori esperti e tecnici del settore – ha garantito che l’Italia è avvantaggiata rispetto agli altri paesi europei, che da noi “il rischio è contenuto”. Poiché è lui a correre il rischio di vedere “azzerato anche il suo capitale intellettuale”, voglio credere si renda ben conto di quello che ha affermato e dello sputtanamento che lo colpirebbe se parlasse con leggerezza o semplicemente per infondere una inutile fiducia. In ogni caso, adesso abbiamo due “punti fermi”: il piano di salvataggio da 700 (anzi adesso 800, mi par di capire) miliardi messo in piedi negli Usa (salvo sorprese dell’ultima ora); e la dichiarazione delle nostre autorità che l’Italia non sarà colpita in modo troppo grave dalla crisi, comunque decisamente meno degli altri paesi europei, e ne uscirà quindi in una posizione nettamente migliore. Tutto questo si sostiene pur se, prima della tempesta finanziaria che ha consentito di distogliere l’attenzione dall’economia reale, avevamo a disposizione dati ufficiali di previsione per il 2008 e 2009, dai quali risultava che l’Italia avrebbe avuto un tasso di sviluppo (del Pil) intorno o vicinissimo allo zero e uno di inflazione superiore a quello degli altri paesi della UE.

Sia chiaro che non sono per nulla tranquillo per i quattro soldi che ho; non credo di nutrire fiducia in quanto mi viene detto da gente che ha imbrogliato le carte fino ad ora. Tuttavia, non importa. Concediamo credito ai “disorientati” per un’ultima volta; con tanta carta straccia in giro, un po’ di più non sposta nulla. Teniamo però presente la data odierna; ci viene garantito che gli Usa disporranno di un fondo tale da evitare la “catastrofe” parando i “brutti colpi”; e che in Italia la crisi avrà effetti “molto contenuti” e minori che negli altri paesi. Con questi chiari di luna, non dovremo aspettare troppo tempo per constatare se l’apertura di credito concessa a cotanti esperti è stata fatta con leggerezza o con avvedutezza. Se per caso, ancora una volta, la crisi si aggraverà ulteriormente, e se colpirà l’Italia più o meno come gli altri paesi, dico fin d’ora che abbiamo a che fare con incompetenti o con autentici imbonitori del tipo del dott. Dulcamara che, con i suoi “specifici”, sterminava i topi così come ringiovaniva o curava tutto e il contrario di tutto; sarebbe bene leggersi il libretto dell’Elisir d’amore, perché questo Dulcamara parla proprio come uno dei tecnici ed esperti che sentiamo in TV o leggiamo nei giornali (anche e soprattutto nel “meraviglioso Corrierone” e nel “paludato Sole24ore”).

Dirò di più: se per caso dovessero ancora una volta imbrogliarci – o “non prenderci” – mi sentirei di pensare che questi sputasentenze hanno qualche vaga tendenza criminale. E’ del tutto lecito e scusabile capire poco di un “mercato capitalistico” quando entra in fase di “impazzimento” (forse meglio dire “impazzamento”, come per la maionese mal fatta); non esiste più alcuna scusa possibile quando si finge di sapere, ci si serve di alcuni studi specialistici ai quali si è dedicata tutta la propria vita – ai danni degli altri, assai vantaggiosamente invece per le proprie tasche – e si nasconde la propria ignoranza dietro un farraginoso cumulo di tabelle, grafici, indici, rapporti. Mi dispiace, ma se accadesse qualcosa del genere, potremmo essere in presenza di malviventi tout court. Lo sostengo adesso, “sicuro” di sbagliare e “convinto” di aver concesso una “giusta” apertura di credito a siffatti personaggi, perché poi, se arrivasse il patatrac, non potrei più dire “pubblicamente” (ma solo al telefono con amici): Tizio, Caio, Sempronio, ecc. sono dei perfetti banditi oppure tanto cretini e ignoranti (oltre che presuntuosi e arroganti) che, allora, sono delinquenti quelli che li pagano per insegnare nelle Università, scrivere sui principali giornali e blaterare nelle principali catene televisive, dirigere istituti che hanno autorità nella sfera economica e finanziaria (interna e internazionale), ecc. ecc.

Siamo quindi d’accordo. Adesso è il 3 ottobre; tra qualche mese, direte voi lettori che cosa sono i “tecnici” e gli “esperti” che stanno imperversando di questi tempi; giudicherete se sono stato avveduto o invece assai “avventuroso” nel “concedere” loro il mio “credito”. Lo ripeto, su due principali questioni: il piano di salvataggio Paulson (in ambito generale, globale) – a meno che fra poche ore non sia sorprendentemente bocciato una seconda volta, o rinviato al Senato con perdita di tempo, ecc., ma ci si dimostra molto fiduciosi circa la sua approvazione – e le dichiarazioni di Tremonti e del Comitato per la salvaguardia….ecc. sullo stato di salute del nostro paese: migliore (o meno peggiore) di quello degli altri.        

 

PS Una piccola e banale nota aggiuntiva per ricordare che, mentre i risparmiatori continuano a “dare fiducia” alle banche (lasciando lì i loro soldi; e che si potrebbe fare di diverso visto che non è facile decidere per il proprio “giaciglio”, dato il pericolo topi, tarme, incendi, furti? E se poi la crisi non comportasse deflazione dei prezzi?), queste ultime non si fidano minimamente le une delle altre, come in parte dimostra l’innalzamento record dell’Euribor, il tasso interbancario europeo. Sono più “furbi” (e informati) i banchieri o i loro clienti? In ogni modo, tranquilli: in Italia, ogni tipo di rischio “è più contenuto”. Facendo un esempio per analogia, immaginiamo scoppi un incendio in un cinema: si è in grado di limitare le perdite – magari solo al 30-40% degli spettatori, con tanta fortuna forse meno – mantenendo una calma olimpica; se invece scoppia il panico, si può arrivare fino al 60-70 e più%. Pensiamoci e ….. andiamo a pescare, uno sport di grande pazienza e capacità di attesa.