Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Iraq, I segreti della camera della morte

Iraq, I segreti della camera della morte

di Robert Fisk - 10/10/2008

Nel centro di detenzione di massima sicurezza governativo a Baghdad i prigionieri vengono giustiziati sommariamente.



Come in tutte le guerre, le storie oscure, non raccontate, del conflitto in Iraq defluiscono dal suo paesaggio distrutto come le acque luride del Tigri. E tuttavia le rivelazioni arrivano.

L'Independent è venuto a sapere che nelle prigioni gestite dal governo "democratico" di Nuri al-Maliki vengono compiute esecuzioni segrete.

Le impiccagioni vengono eseguite regolarmente – da una forca in legno, in una cella piccola e stretta – in quello che un tempo era il quartier generale dei servizi segreti di Saddam Hussein, a Kadhimiya. Non esiste alcuna documentazione pubblica di queste uccisioni in quella che adesso è chiamata "struttura di detenzione di massima sicurezza" di Baghdad, tuttavia si dice che la maggior parte delle vittime – da quando l'America ha introdotto la "democrazia" in Iraq ce ne sono state centinaia – siano insorti, che ricevono la stessa giustizia sommaria che dispensano ai loro prigionieri.

I segreti delle camere della morte irachene restano per lo più nascosti a occhi stranieri, ma alcune anime coraggiose occidentali si sono fatte avanti per raccontare questo orrore carcerario. I resoconti offrono solo un scorcio della storia irachena, a volte interrotto in modo stuzzicante, altre volte cupamente prevedibile. Coloro che lo raccontano sono depressi quanto pieni di disperazione.

"La maggior parte delle esecuzioni sono di presunti insorti, di un tipo o dell'altro", mi ha detto un occidentale che ha visto la camera delle esecuzioni a Kadhimiya. "Ma impiccare non è facile". Come sempre, il diavolo sta nei dettagli.

"C'è una cella con un sbarra sotto il soffitto con sopra una corda, e una panca sulla quale la vittima sta in piedi con le mani legate", mi ha detto un ex funzionario britannico la settimana scorsa. "Io sono stato nella cella, anche se era vuota. Ma non molto tempo prima che io andassi a vederla, avevano portato lì questo tizio per impiccarlo. Lo avevano fatto stare in piedi sulla panca, gli avevano messo la corda attorno al collo, e lo avevano spinto giù. Ma lui era saltato sul pavimento -  riusciva a stare in piedi. Perciò, hanno accorciato la lunghezza della corda e lo hanno rimesso sulla panca, e lo hanno spinto giù di nuovo. Non ha funzionato".

Nelle esecuzioni brutali in Medio Oriente non c'è nulla di nuovo: 10 anni fa, nella città libanese di Sidone, un poliziotto aveva dovuto aggrapparsi alle gambe di un condannato, per strozzarlo, dopo che non era riuscito a morire col cappio. A Baghdad, tuttavia, la morte crudele sembra essere una specialità.

"Hanno iniziato a scavare nel pavimento sotto la panca, in modo che il tizio cadesse abbastanza da spezzarsi il collo", ha detto il funzionario. "Hanno rotto le mattonelle e il cemento sottostante. Ma non ha funzionato: riusciva ancora a stare in piedi quando l'hanno spinto giù dalla panca. Così, l'hanno portato semplicemente in un angolo della cella e gli hanno sparato un colpo alla testa".

Dicono che fra i prigionieri condannati a Kadhimiya, un distretto sciita di Baghdad, ci siano stupratori e assassini, oltre che insorti. Un prigioniero, un ceceno, è riuscito a fuggire dal carcere assieme a un altro, dopo che ai due era stato fatto arrivare clandestinamente un fucile. Hanno ucciso due guardie a colpi di arma da fuoco; le autorità hanno dovuto far intervenire gli americani perché li aiutassero a catturare nuovamente i due. Gli americani ne hanno ucciso uno, e hanno sparato alla gamba al ceceno, che ha rifiutato le cure mediche, così la ferita è andata in cancrena. Alla fine, gli iracheni lo hanno dovuto operare, e gli hanno tolto tutte le ossa dalla gamba. Quando ha incontrato un visitatore occidentale che era andato a vedere il carcere, "andava in giro con le stampelle, con la gamba destra disossata buttata sulla spalla".

In molti casi, sembra, gli iracheni non tengono né divulgano alcuna documentazione dei veri nomi dei loro prigionieri o di quelli che sono stati impiccati. Per anni, gli americani – responsabili del famigerato carcere di Abu Ghraib fuori Baghdad – non conoscevano l'identità dei loro prigionieri. Ecco, ad esempio, la nuova testimonianza resa all'Independent da un ex funzionario occidentale all'Iraq Survey Group anglo-americano, che cercava le famigerate ma mitiche armi di distruzione di massa: "Siamo andati nelle stanze adibite agli interrogatori ad Abu Ghraib, e abbiamo chiesto di un particolare detenuto. Dopo circa 40 minuti, gli americani hanno fatto entrare questo tizio incappucciato, che si trascinava, incatenato mani e piedi.

"Lo hanno fatto sedere su una sedia davanti a noi, e gli hanno tolto il cappuccio. Aveva una lunga barba. Gli abbiamo chiesto dove aveva studiato, ha risposto ripetutamente: 'Mosul'. Poi ha detto di aver lasciato la scuola a 14 anni – ricordatevi, questo tizio avrebbe dovuto essere uno scienziato missilistico. Gli abbiamo detto: 'Sappiamo che hai un dottorato e sei andato alla Sorbona: vorremmo che tu ci aiutassi, dandoci informazioni sul progetto missilistico di Saddam'. Io però mi dicevo: 'Questo tizio non sa nulla sui fottuti missili’. Poi è venuto fuori che aveva un nome diverso dall'uomo del quale avevamo chiesto: era stato arrestato per strada dagli americani quattro mesi prima – non sapeva perché. Così abbiamo detto agli americani: 'E' l'uomo sbagliato!'. Allora gli hanno messo le catene, e lo hanno riportato nella sua cella, e dopo 20 o 30 minuti hanno portato qualcun'altro. Gli abbiamo chiesto dov'era andato a scuola, e ci ha detto di non essere mai andato a scuola.

"Di nuovo la persona sbagliata. Era una farsa totale. L'incompetenza delle forze armate Usa era incredibile, criminale. Alla fine, ovviamente, hanno trovato il tizio giusto, lo hanno fatto entrare, e gli hanno tolto il cappuccio: aveva il respiro affaticato, era soprappeso, tarchiato, disorientato, un po' spaventato".

In questa occasione, gli americani avevano trovato l'uomo giusto. Gli investigatori britannici e quelli americani hanno chiesto alle guardie di togliere all’uomo le catene, cosa che hanno fatto – legando però una delle gambe dell'uomo al pavimento. Sì, aveva un dottorato.

Di nuovo la testimonianza del funzionario: "Abbiamo ripercorso la sua storia, quello su cui aveva lavorato: era evidentemente solo un funzionario di secondo piano in uno dei programmi missilistici di Saddam. Gli scienziati iracheni non avevano le cognizioni su come costruire missili nucleari, né avevano il sostegno finanziario necessario. La cosa è rimasta solo nei sogni di Saddam".

Lo scienziato-prigioniero di Abu Ghraib ha raccontato in modo mesto a coloro che lo tenevano in carcere di essere stato arrestato dagli americani dopo che questi avevano buttato giù la porta d'ingresso di casa sua a Baghdad, e avevano trovato due Kalashnikov, un hijab da donna, versetti del Corano, e, cosa ovviamente di interesse per quelli che lo avevano catturato, "libri di testo di fisica e di missilistica sui suoi scaffali". Tuttavia, questo prigioniero presumibilmente prezioso non era mai stato accusato o interrogato in precedenza, nonostante avesse ammesso di essere uno scienziato missilistico.

"Non so che cosa gli sia successo", mi ha detto l'ex funzionario. "Ho cercato di dire alle forze armate Usa e a quelle britanniche che avevamo arrestato quest'uomo, ma che aveva una moglie, dei figli, una famiglia. Ho detto che mettendo in carcere quest'unica persona innocente si sarebbero radicalizzati 50 uomini dalla sera alla mattina. No, non so cosa gli sia successo".

Per molti degli investigatori che lavorano per le autorità anglo-americane a Baghdad, il processo per il crimine per il quale lo stesso dittatore iracheno è stato in seguito impiccato è stata una esperienza terribile che fondamentalmente è finita in disgusto. Attraverso i documenti catturati, hanno potuto vedere i meccanismi interni, oscuri, della polizia segreta di Saddam. L'idea del processo a Saddam non era tanto quella di assicurare alla giustizia i membri del passato regime quanto quella di mostrare agli iracheni come dovrebbero funzionare la giustizia e lo stato di diritto.

"Era stimolante vedere Saddam che veniva sottoposto a contraddittorio", dice uno degli inquirenti del tribunale. "Il punto più basso è stato quando è stato giustiziato. Quello che mi ha fatto andare avanti è stato vedere il modo in cui Saddam trattava le sue vittime: guardavo un microcosmo di tutte le morti che c'erano state in Iraq. Ma quando lui è stato giustiziato, è stato fatto in un modo talmente brutale".

Saddam Hussein è stato impiccato nella stessa unità "di sicurezza" a Kadhimiya, dove gli uomini di al-Maliki, in un’eco del terrore ba’athista dei tempi di Saddam, adesso impiccano le loro vittime.


La pena di morte in Iraq

*In Iraq la pena di morte era stata sospesa dopo che era stato deposto Saddam Hussein, nel 2003. E’ stata reintrodotta dal governo a interim nell’agosto 2004.
*Le Nazioni Unite, l’Unione Europea, e le organizzazioni internazionali per i diritti umani tutti si sono espressi contro la reintroduzione.
*All’epoca, il governo sosteneva che la pena di morte era una misura necessaria finché il Paese non si fosse stabilizzato. Amnesty International afferma che "l’entità della violenza in Iraq è aumentata, invece di diminuire, il che indica chiaramente che la pena di morte non si è dimostrata un deterrente efficace".
*Saddam, il suo fratellastro Barzan al-Tikriti, e l’ex presidente del tribunale iracheno Awad Hamed al-Bandar sono stati impiccati alla fine del 2006 per la parte avuta nell’uccisione di 148 persone nella cittadina prevalentemente sciita di Dujail nel 1982. Alcuni video girati di nascosto di tutte e tre le esecuzioni in seguito sono diventati pubblici. Si può vedere il corpo di Saddam su una barella da ospedale, con la testa ruotata a 90 gradi. Barzan – ex capo dei servizi segreti iracheni – è stato decapitato dal cappio. A detta di alcuni funzionari, si sarebbe trattato di un incidente.
*Secondo Amnesty, lo scorso anno ci sono state almeno 33 esecuzioni di cui si è a conoscenza in Iraq. Si stima che siano state condannate a morte oltre 200 persone.


(Traduzione di Ornella Sangiovanni)

The Independent
Articolo originale