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Repubblica democratica del Congo: Una nuova guerra tra poveri. E l'occidente chiude gli occhi

di Francesca Dessì - 10/10/2008

 

Repubblica democratica del Congo: Una nuova guerra tra poveri. E l'occidente chiude gli occhi



Non c’è tregua tra Congo e Ruanda. La storica diatriba si alimenta di nuove polemiche e la pace sembra un miraggio in questa piccola fetta dell’Africa centrale.
Il governo di Kinshasa ha accusato il Ruanda di aver inviato forze militari nella regione orientale del Paese, con l’intento di attaccare Goma, la capitale della provincia orientale del Nord Kivu. Secondo l’accusa, le milizie del Ruanda appoggerebbero la guerriglia del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo, capeggiato da Laurent Nkunda.
Nonostante la presenza della missione di pace dell’Onu, nelle ultime settimane l’avanzata di Nkunda sulle colline del Masisi e del Rutshuru è stata inarrestabile, conquistando diverse posizioni, tra cui un villaggio strategicamente importante, molto vicino a Goma, ad est del Congo, ma anche vicino al confine col Ruanda. Così il governo di Kinshasa ha chiesto la convocazione di un’assemblea straordinaria alle Nazioni Unite per l’aggravarsi della situazione ai confini orientali.
“Ci siamo rivolti al Consiglio di Sicurezza per chiedergli di esercitare la pressione necessaria sul Ruanda per evitare una nuova aggressione della nostra nazione da parte di questo Paese”, ha spiegato l’ambasciatore congolese, Atoki Ileka, specificando che le truppe ruandesi sarebbero già schierate a Gisenyi, città gemella di Goma, mascherando l’attacco con un’incursione delle milizie del Cnpd.
Certo è che, fallito il tentativo del governo di Kinshasa, nel dicembre 2007, di sconfiggere Nkunda e malgrado un accordo di pace firmato a gennaio, i combattimenti tra i guerriglieri del Cdnd e truppe governative sono ripresi con intensità a fine agosto, provocando il panico nella popolazione, che accusa i caschi blu dell’Onu di non riuscire a proteggerli e tanto meno ai ribelli di far rispettare il trattato di pace. Un patto rimasto solo sulla carta, perché Nkunda ha sempre portato avanti la propria battaglia contro i gruppi hutu ruandesi, presenti nella regione, alcuni dei quali accusati di aver partecipato al genocidio compiuto nel 1994 in Ruanda.
Nonostante l’invito della scorsa settimana, in cui sosteneva di voler “liberare” tutto il popolo congolese, invitandolo “a rivendicare la propria libertà” contro un governo che lo “tradisce”, Nkunda appartiene alla comunità dei tutsi, e da anni lotta per la ribalta della propria tribù nel Paese.
E’ celebre la rivalità tra gli hutu e i tutsi, che nasce in Ruanda, alla fine dell’Ottocento. Meno noto è che la percezione di tale divisione è un effetto del dominio coloniale europeo, prima tedesco e poi belga. Fu, infatti, il Belgio ad introdurre le carte d’identità, suddividendo la popolazione ruandese in funzione del loro status sociale e delle loro caratteristiche somatiche, precisamente in hutu e tutsi.
Quest’ultimi, i più ricchi, furono i favoriti e amalgamati nella società belga. Questo diede vita ad una rivalità etnica, che fu alla base del genocidio dei tutsi del 1962 e poi di quello ancora più terribile nel 1994. Così, lo zampino europeo ancora una volta fu la causa della destabilizzazione dell’Africa. Quello che sta accadendo oggi nell’africa centrale non è nient’altro che una vecchia storia. Tanto è vero che negli anni 90 il governo di Kigali invase due volte il Congo, accusando il governo di Kinshasa di sostenere i ribelli ruandesi. A sua volta, le autorità congolesi puntarono il dito contro Kigali per il suo appoggio al Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo. In questo scambio di banali accuse si cela il vero motivo dell’interesse di molti Paesi per il Congo, un Paese ricco di risorse minerali. E forse anche dell’inadempienza dei caschi blu. Infatti, con l’appoggio degli Stati Uniti, l’esercito del Ruanda, insieme a quello dell’Uganda, nel 1998, entrò nella zona orientale della Repubblica congolese, controllando i punti strategici per l’estrazione di minerali, come il coltan, il nobio, il cobalto, essenziale per le industrie nucleari, chimiche, aerospaziali e della difesa.
Un piatto ghiotto anche per l’amministrazione di Bush.
Non solo. Il Congo è ricchissimo di diamanti, stagno, oro, rame, petrolio, carbone, uranio e zinco. E soprattutto di coltan, indispensabile per la costruzione dei cellulari. Non stupisce, quindi, che multinazionali come la Motorola (statunitense), la Nokia (finlandese), la Nigncxia (cinese), la Cabot Corp., l’OM Group e la corporation di Nicky Oppenheimer (americane), la Union Miniére (belga), la Swipco (svizzera), la Filma (francese), la Lonhro (britannica), la Bhp (australiana), i veri signori della guerra, hanno tutto l’interesse di mantenere destabilizzata la Repubblica democratica del Congo e alimentare la guerriglia interna al Paese, sotto il silenzio imbarazzante della comunità internazionale.