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Furia birmana

di redazionale - 18/10/2008

I Karen contrattaccano ma le violenze vanno fatte cessare a tutti i costi. Serve anche l'intervento politico
Continua l'avanzata delle truppe birmane affiancate dalla milizia del DKBA (Democratic Karen Buddhist Army), nei territori di Kawthoolei, la terra dei Karen. Nuovi villaggi sono stati occupati dai soldati di Rangoon, allo scopo di sottrarre la popolazione civile all..influenza dell'Unione Nazionale Karen (KNU), l'organismo che rappresenta le istanze di libertà e autonomia di questo popolo. Sono stati compiuti numerosi arresti di persone sospettate di sostenere la KNU, e gruppi di civili hanno subito la deportazione verso aree controllate dall..esercito di Rangoon. Vengono segnalate esecuzioni sommarie e il sistematico incendio di abitazioni e campi coltivati. Numerosi i feriti da mina antiuomo.

La reazione dell'Esercito di Liberazione Karen avviene attraverso azioni di guerriglia,  mirate a disturbare l'avanzata nemica. Impossibile il contrattacco sui villaggi occupati, poiché l'utilizzo di civili come scudi umani da parte dei soldati birmani provocherebbe vittime tra la popolazione. Ieri però gli uomini del Colonnello Nerdah Mya hanno segnato un importante punto a loro favore. Nelle vicinanze del villaggio di Bla Tho, a pochi minuti di marcia dalla clinica Carlo Terracciano, hanno intercettato un gruppo di miliziani collaborazionisti. Nel combattimento che ne è seguito è rimasto gravemente ferito uno dei principali leader del DKBA, il comandante Blana, tra i principali ispiratori dell'offensiva di questi giorni. I soldati di Nerdah restano però in una posizione difficilissima: scarseggiano le munizioni, mentre gli aggressori dispongono di rifornimenti ingenti, portati in prima linea da centinaia di schiavi/portatori rastrellati nei villaggi travolti dall'avanzata. Sono allo studio iniziative da parte di Popoli per scuotere la politica e il governo del nostro Paese, affinché le parole pronunciate un anno fa da tutte le forze politiche contro le brutalità della giunta militare birmana non rimangano soltanto truffaldine formulette di facciata, utilizzate per darsi una bella immagine rispettabilmente umanitaria. Chi sta morendo sulle mine, chi guarda i campi e le case bruciare, chi deve sopportare la vista delle mogli e delle figlie stuprate da soldati esaltati non se ne fa nulla delle chiacchiere e delle facce contrite di politicanti indifferenti. Proprio nulla. Adesso servono soltanto interventi veramente energici per poter prestare aiuto alla resistenza dei Karen. Hanno resistito da soli per 60 anni, non si sono mai venduti a nessuno, non sono scesi a compromessi con i narcotrafficanti o con le compagnie multinazionali invischiate nello sfruttamento delle risorse del Paese. Ora stanno affrontando uno dei momenti più difficili della loro lunga, orgogliosa, sacrosanta ma ignorata lotta per la libertà. E adesso, qui in Italia, servono uomini che facciano seguire alle parole dei semplici, poco costosi, ma decisivi fatti che avranno conseguenze vitali su milioni di persone.