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Il sessantotto è finito da un pezzo: largo ai giovani

di Michele Altamura - 02/11/2008

Il sessantotto è finito da un pezzo, e i cosiddetti sessantottini che hanno fatto gli "anni di piombo" si sono poi appropriati delle cattedre, delle dirigenze e dei posti fissi nello Stato, affondando le loro radici inestirpabili ormai da cinquant’anni. Con la loro falsa propaganda anarchica hanno distrutto la politica, che è diventata un semplice strumento per rivendicare privilegi e riempire le noiose ore di lavoro dietro le loro scrivanie ammuffite. Facendo così hanno tolto ogni possibilità alle generazioni future, speculando sull’istruzione, sulle cattedre universitarie, sui concorsi pubblici e le carriere dirigenziali: per continuare ad ingrassare la loro avida magrezza, hanno tolto ossigeno e vita ai giovani e all’Italia stessa. Con l’avvento della crisi è tuttavia accaduto qualcosa di molto strano. Le classi medie e basse, abituate ai sacrifici e a trasformare in poco tempo le loro abitudini, oggi continuano a lavorare, a chiudere in parità i loro bilanci, seppure con fatica. Al contrario, i medio-alti borghesi, che hanno sempre vissuto nel parassitismo, cominciano a subire i primi tagli, con la riduzione dei diritti e dei privilegi, rendendosi ormai vitale e necessario un taglio netto degli sprechi. Ecco che, a questo punto, si mobilitano le masse, si fomentano i giovani e gli studenti dicendo loro che le riforme compromettono il loro futuro, e nascondono altri dettagli che toccano, prima di ogni cosa, le vecchie generazioni.

Diciamo la verità, l’auto-distruzione dell’università è iniziata molto tempo prima della finanziaria 2008, e il modello europeo implementato da Prodi ha inferto il vero colpo mortale: il risultato è stato un radicale appiattimento della formazione, nella speranza di raggiungere la "specializzazione" delle professioni, e uno smodato moltiplicarsi di corsi di laurea e di cattedre assolutamente inutili. Non vi è stata alcuna specializzazione in quanto l’insegnamento universitario e la ricerca sono rimasti dei canali chiusi a pochi, mentre la formazione è diventata sempre più teorica e speculativa, senza fornire reali strumenti pratici per affrontare un mondo del lavoro dinamico e flessibile, per emergere nella propria individualità. Ora, i nostri cari professori, impauriti dal taglio degli stipendi, dicono ai loro studenti di scioperare, di protestare, nell’illusione di creare un incontro generazionale assolutamente innaturale. L’Italia, nei fatti, non è la Francia, dove la mobilitazione di massa ha provocato la paralizzazione dello stato e la revoca della legge sul lavoro e università, e questo è stato reso possibile in quanto ogni classe di interesse ha deciso di protestare senza avere alle spalle una forza politica. Non lasciamo, dunque che questi "utili idioti" continuino ad usarci, a rovinare quanto di diverso e di importante è rimasto dell’Italia, ossia una generazione giovane e brillante che ha solo bisogno di un’occasione per rivelare le sue potenzialità, che ha bisogno di spazio e non dei "vecchi vampiri".