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A Baghdad nessuno si interessa alle elezioni Usa

di Apcom - 05/11/2008

Niente titoli sui giornali e passanti sorpresi da domande su voto



Sarà la paura per la situazione della sicurezza che attanaglia ancora la città; sarà per le preoccupazioni per la congiuntura economica; potrebbe darsi che si tratti di una vecchia paura di parlare di vicende che succedono all'estero ereditata dai tempi di Saddam Hussein che puniva severamente chi apostrofava nomi stranieri, sta di fatto che andando in giro per le strade di Baghdad in questi giorni, per sentire gli umori sulle elezioni Usa, la gente ti guarda tra il divertito e l'incredulo come se fossi appena sceso da Marte. Chi vincerà tra Obama e McCain, agli iracheni presi come sono da mille problemi quotidiani, sembra una vicenda appunto da extraterrestri.

Per gli iracheni, il destino dei quali forse più di ogni altro popolo è legato alla scelta che faranno gli americani oggi tra il candidato Democratico e quello Repubblicano, l'evento sembra tra i più lontani. Apcom ha fatto ieri un giro nel centro di Baghdad per tastare il polso sul voto Usa. Sulla stampa, nessun titolo se non dei trafiletti nelle pagine interne, dove solo un giornale (al Ittihad, del partito del presidente kurdo Jalal Talabani) pubblica una foto di Barack Obama. Tra i politici, silenzio assoluto. In tv neanche un servizio, se non alcune notizie d'agenzia.

In città la situazione della sicurezza è decisamente migliorata, ma il costo pagato dagli abitanti è notevole: pattuglie ad ogni incrocio; nel centro un posto di blocco ogni 100 metri; muri di cemento lungo i perimetri di tutti i quartieri caldi. Per evitare le bombe, la città è letteralmente presidiata da polizia e esercito. Gli enormi ingorghi stradali rivelano però che la gente esce e va a lavorare e che la grande paura dagli attentati sta passando. Lo sforzo delle autorità è enorme: telecamere nascoste negli incroci per controllare i movimenti sospetti, a nessuno è permesso di fare riprese nei luoghi pubblici, cellulari spenti mentre si è alla guida di un mezzo, non per rispetto del codice della strada quanto per evitare i telecomandi a distanza. Rispetto a poco tempo fa, si vedono molto meno pattuglie americane sostituite con il via vai delle pattuglie irachene.

"Che importanza ha per noi chi vince tra questi due - risponde Khalid, un giovane venditore di succo di melograno nel bazar di al Shorjah - tanto, per gli interessi supremi della loro nazione, entrambi i candidati seguiranno la stessa linea che è quella di sfruttare le risorse del nostro Paese". Molte persone interpellate dimostrano di non sapere nulla dei due candidati, come Zuhair, che ammette candidamente: "Io delle elezioni americane non so proprio nulla". Altri sono scettici sulla veridicità dei sondaggi che danno in vantaggio il candidato Democratico: "Ci fanno credere che Obama vincerà - spiega Awad, consigliere del quartiere al Hurriya - ma vedrà che alla fine vincerà McCain, perché gli americani bianchi sono razzisti e non faranno vincere un uomo nero".

Forse la diffusa ostilità della popolazione verso le truppe Usa che occupano il paese da 5 anni induce i politici a non interessarsi alle vicende interne dell'occupante. Tra l'altro, entro la fine dell'anno ci saranno le elezioni amministrative, e i futuri candidati fanno a gara a dimostrarsi ostili alla firma del trattato con Washington che dovrebbe prolungare la presenza delle truppe Usa in Iraq fino almeno al 2011. Altro che esprimere preferenze verso l'uno oppure l'altro dei candidati alla Casa Bianca.

Apcom ha incontrato Mahmud Othman, un storico esponente kurdo e deputato del Parlamento di Baghdad, che ha le idee chiare in proposito: "Per l'Iraq è meglio se vince Obama, perché, oltre ad avere parlato di ritiro, a suo tempo come senatore aveva votato no all'intervento militare in Iraq, mentre il suo rivale ha più volte dichiarato di essere per l'invio di altre truppe per realizzare una vittoria finale americana alla Bush". "Anche come kurdo sarei contento se vincesse Obama, intanto perché è contrario alle forniture di armi alla Turchia, e poi perché è per un Iraq federale, mentre McCain è per un forte potere centrale di Baghdad". Critico verso i suoi colleghi deputati osserva: "Stamane, durante una pausa dai lavori, ai tavoli del caffè del Parlamento, i deputati parlavano di tutt'altro che della scelta su Obama e McCain: eppure è una vicenda che tocca direttamente il futuro del nostro Paese".