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Barack Obama: speranza o illusione?

di Alessandro Lattanzio - 10/11/2008

Fonte: cpeurasia

Piuttosto che rimanere delusi dopo tante "speranze", è meglio essere realisti e prevedere quali saranno le linee-guida degli Stati Uniti nella loro battaglia per il dominio planetario.


C'è una ricorrenza che torna tra il periodo di transizione presidenziale da Bush junior a Barack Obama: il Congo. Già nel 1961, mentre John Fitzgerald Kennedy si stava preparando ad assumere la presidenza degli Stati Uniti d'America, il Congo ex-belga era preda delle convulsioni imperialistiche che avrebbero portato all'efferato omicidio di Patrice Lumumba, al massacro dei patrioti congolesi, alla notorietà internazionale del tristo figuro Moises Chombè, testa di legno degli interessi neocolonialisti e all'ascesa della stella filoatlantista di Mobutu Sese Seko.
Oggi cambiano i personaggi (con il congolese Generale fellone e traditore Nkunda nel ruolo del Chombè del XXI° secolo) , ma il teatro e la tragedia sono sempre quelli: la Repubblica Democratica del Congo e le sue risorse, il suo popolo ed il martirio di quel popolo. Sono da 5 a 7 milioni, i morti provocati da questa guerra tra imperialismo occidentale (USA-Israele-Regno Unito-Belgio) e potenze eurasiatiche (Repubblica Popolare Cinese, Pakistan). Ovviamente una guerra che i mass media di disinformazione occidentale occultano da faida tribale.
Ma questi milioni di morti, vittime antipatiche, non meritano una frazione dell''informazione indignata' che invece si riserva per le 'vittime' simpatiche all'Occidente, come i
bonzi da hotel a cinque stelle di Dharamsala (provincia di Hollywood).
Da una parte abbiamo la 'trasversale dei laghi', ovvero la catena di stati filo-occidentali, come Uganda, Rwanda, Etiopia, Tanzania e Kenya i cui regimi per quanto corrotti ed oppressivi, sono così simpatici ai vari reporters (sans dignitè), da non meritare una sola nota di biasimo, al contrario di notori oppressori dei popoli come Putin, Chavez, Castro, Morales e Mugabe. Ovviamente questi sentimenti di simpatia sono suscitati da nobili ispirazioni e intenti, tutti Made in Langley e firmati NED, Open Society, IRI, RIIA, ecc. Dall'altra parte abbiamo una coalizione di stati africani che sostengono la Repubblica Democratica del Congo: Angola, Mozambico, Namibia, Zimbabwe e Sud Africa, tutti stati governati da partiti con un netto passato anticolonialista. Queste realtà africane hanno sempre cercato una loro via al progresso e allo sviluppo, richiamandosi al Socialismo e alla lotta di Liberazione Nazionale, hanno avuto il sostegno dell'URSS, ed oggi, hanno quello della Cina Popolare.
Beijing ha stipulato, negli ultimi due/tre anni, importanti accordi di cooperazione economico-industriale, ponti, porti, centri siderurgici, raffinerie, centrali elettriche, scuole ospedali e dighe, tutte cose che hanno facilitato la penetrazione cinese in Africa, una forma di baratto, risorse in cambio di sviluppo, che ha avvantaggiato entrambi i contraenti. Una politica che ha funzionato, e funziona così bene, da suscitare le ire degli ispirati terzomondisti catto-comu-consumisti occidentali. (Si sono arrabbiati perfino della diga fatta costruire da cinesi e nordocreani nello Zimbabwe!) Noblesse oblige!
Le ONG d'occidente, buoniste e lacrimevoli sui bimbetti negri che muoiono di fame e malattie, rischiano di non poter più speculare su questo ben di Dio, se i negretti non muoiono più per colpa dei musi giallorossi e neanche potrebbero fare la questua presso le centrali dell'umanitarismo e della nonviolenza (Langley, Pentagono, Casa Bianca, Wall Street, ecc.) se si rivelassero totalmente inutili.
Infatti dopo l'ondata delle ONG pro-colonialiste e filo-imperialiste nel Congo orientale, sono rispuntati i signorotti della guerra ben armati e assistiti da forze ONU al di sotto di ogni sospetto. Il Monuc, ovvero le truppe ONU in Congo, sono comandate da ufficiali inglesi, olandesi e belgi, che operano apertamente in rappresentanza degli interessi dei loro paesi.
Lo scontro con la Repubblica Popolare della Cina, in Africa, è uno degli argomenti che dovrà affrontare la 'Banda dei Quattro' (Madeleine Albright, Richard Holbrooke, George Soros e Zbignew Brzezinski) che ha imposto il senatore interventista e guerrafondaio Joe Biden come Vice del 'Presidente eletto' Barack Obama. Già, perché se Obama dovrà affrontare la grave crisi economico-finanziaria che colpisce la società statunitense e sarà impegnato ad applicare (o meno) le promesse sociali fatte in campagna elettorale, dovrà demandare al suo vice (ferrato proprio nel campo della politica estera) la gestione del difficile, per Washington, quadro internazionale. La `'anda dei Quattro' deve ricuperare il terreno perso durante gli otto anni dell'amministrazione Bush:

- Iraq. Sebbene continuino a strepitare ed a minacciare (1), i circoli diplo-militari degli USA percepiscono a pieno la loro sconfitta in
Iraq. Petraeus o non Petraeus, Washington dovrà abbandonare la presa sull'Iraq, e ciò significa lasciare il terreno all'Iran, che rafforzerà il proprio ruolo di potenza regionale mediorientale. Una potenza con non potrà più essere ignorata o minacciata, come nel caso del programma elettronucleare che Tehran porta avanti da un decennio. È possibile che Israele ed i circoli statunitensi ad esso vicino, con le loro minacce e i loro ricatti, cerano di contrattare con la 'Banda dei Quattro', le modalità della ritirata da Baghdad e, sottobanco, tentano il dialogo con Tehran, per vedere di rallentare ed influenzare l'inevitabile avanzata 'sciita' in Iraq.

- Afghanistan. Sebbene, anche qui, si discuta di un maggior interventismo ed impegno militare (soprattutto da parte degli alleati
NATO), il fatto che ci siano state insistenti voci di contatti tra movimento dei Taliban e ufficiali statunitensi, mediati dalla monarchia saudita (2), indica quanto meno una possibile flessione dell'impegno statunitense nella regione. Probabilmente una presenza USA resterà, non foss'altro che per esercitare una pressione sul Pakistan e per controllare, e non di certo per estinguerle, le lucrose rotte dell'eroina (3). Di questa regione è un notorio esperto Zbignew Brzezinski, in fondo è lui il nonno del movimento Taliban. Si riprenderà quel discorso interrotto con l'avvento dell'amministrazione di Bush junior, ovvero il tentativo di portare nell'orbita USA il governo del mullah Omar; operazione gestita dal clan Brzezinski nell'ambito dell'amministrazione democratica di Clinton. S'è visto come, invece, l'amministrazione Cheney avesse un altro progetto per la regione. Con l'amministrazione Obama/Biden e già, come detto, se ne scorgono i segni, si riallacceranno quei rapporti rescissi alla vigilia dell'11 settembre 2001. Il Clan Brzezinski, nel governo Obama, avrà il compito di gestire la ritirata dal fronte meridionale dell'assalto al Kontinentalblok Eurasia, l'Iraq e l'Afghanistan si sono dimostrati due mortali vicoli ciechi, l'Iran ha guadagnato una posizione strategica e diplomatica rilevante, bisognerà trattare con esso, e Obama l'ha già detto. Biden assegnerà agli 'alleati' NATO il compito di gestire la retroguardia e le conseguenze degli interventi armati, mentre gli USA volgono sempre più le loro attenzioni al 'fronte occidentale' del confronto con la Federazione Russa: Balcani e Caucaso. La presenza di Albright, Holbrooke e Soros, nel comitato promotore del senatore Obama, fa intendere quali saranno le linee guida aggressive degli USA nei prossimi quattro/otto anni. Mosca è il bersaglio di turno.

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Caucaso. In Ossezia e Cecenia continuano gli attentati e gli agguati, prima contro i poliziotti e adesso contro i civili. Nessuna ONG umanitarista dice nulla su queste violazioni contro i diritti umani, al contrario di quello che dicevano nell'agosto scorso, quando si sperticavano in accuse contro la Russia, incolpandola di presunti massacri di civili georgiani. Massacri ci sono stati, ma era stata la parte 'sbagliata', quella georgiana, ad averli commessi. Perciò è calata una coltre di silenzio che è durata fino a questi giorni. Ora che il vento di Washington è cambiato, ci si prepara a sbarazzarsi del manutengolo Saakhshvili (4), messo al potere da Soros, ha provato a giocare i suoi sponsor, lavorando per la banda neocon di Cheney/McCain, l'8 agosto scorso. Una mossa che di certo non gli verrà perdonata, avendo, tra l'altro, fallito miseramente nel cercare di screditare lo status di rinata potenza della Federazione Russa. L'attentato ad Amman contro Meir Dagan, direttore del Mossad, è probabilmente la risposta dei russi alla serie continua di agguati e atti terroristici che insanguinano il Caucaso meridionale. Il coinvolgimento israeliano, nel torbido affare georgiano, ha spinto la Federazione Russa ad intervenire massicciamente nel Mediterraneo e in Medio Oriente. Un motivo in più, per Washington, per giocarsi le carte caucasica e balcanica.

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Balcani. Il processo di separazione del Kossovo dalla Serbia verrà accelerato. I padrini di Thaqi e dell''indipendenza' di Pristina, sono ora assisi a Washington, Langley, Pentagono e Casa Bianca. Come per l'Afghanistan riprenderanno il discorso interrotto dall'11 settembre 2001. Il Kossovo mafioso è il terminale della filiera dell'eroina, che si sviluppa dall'Afghanistan di Karzai, e si diffonde in Eurasia, dall'Asia Centrale alla Russia e all'Europa, che produce sia profitti per le agenzie segrete e l'Intelligence Community degli USA, sia problemi d'ordine interno a Mosca, Tehran, Ankara, Belgrado, Berlino, Parigi… come rinunciare ad un simile asso nella manica? Da ciò, si origina il suaccennato discorso della ripresa dei contatti con i Taliban.

Un altro elemento non va trascurato, che va aldilà dei discorsi prettamente geopolitici. Oltre, molto oltre, ai futuri discorsi su un Tibet 'indipendente' e una
Birmania 'libera', vecchi cavalli di battaglia dell'imperialismo hollywoodiano, crescerà un altro tipo di propaganda e programma neo-imperialista. Assai più sottile e quindi più pericoloso. Ma anche `visionario' ed epocale. 
Il XXI secolo sta vedendo il sorgere di potenze extra-occidentali potenti e dinamiche (Cina Popolare, Unione Indiana) e di una costellazione di stati non meno dinamici e determinati (Malaysia, Iran, Turchia, Brasile), ritornando al paragrafo iniziale, la questione della penetrazione cinese in Africa non è solo una questione di ordine tattico, politico o geografico, ma è il perno del secolo, che da Americano si tramuta in cinese, indiano o eurasiatico.
La vera ideologia eco-terroristica portata avanti da certi ambienti, apparentemente scollegati da quelli neocon o neowilsoniani, ha un obiettivo preciso: scongiurare questo mutamento epocale, evitare che l'Axis Mundi scivoli dall'Atlantico a qualche parte tra Mosca, New Delhi e Beijing, evitare che le risorse del Mondo vadano ad alimentare altre economie ed altre società, che non quelle occidentali.
Gli eco-terroristi, come Al Gore ed il circo Barnum che lo circonda, non hanno alcun interesse ad affrontare il presunto 'global warming' (5); basta conoscere la biografia del suddetto premio Nobel, per capire che il discorso ecologico da egli avanzato è appunto, un discorso. Il nodo, il punto centrale avanzato da questo eco-terrorismo è l'affermazione scopertamente rivelatrice secondo cui se le risorse della Terra vengono consumate, in Cina e in India, con lo stesso ritmo con cui vengono consumate in occidente, il nostro pianeta collasserebbe.
Ora, trascurando il fatto secondario che uno statunitense medio consuma quanto quattro europei e venti cinesi/indiani, e che perciò occorreranno decenni, ai cinesi e agli indiani, per pareggiare con gli occidentali, non ci si sofferma mai sul fatto, tra l'altro sempre ribadito in altri contesti, che le risorse della terra sono limitate. Bene, se è così, le risorse verrebbero vendute, dai legittimi proprietari, al miglior offerente (oggi i cinesi, per esempio), mentre l'occidente in declino avrà sempre meno possibilità di accaparrarsi tali risorse; è il gioco a somma zero che riguarda i mercati di beni relativamente limitati; quindi non si avrà, in definitiva, un incremento pauroso dei consumi e dell'inquinamento, ma semmai una loro ridistribuzione. Ciò significa che l'Occidente, e gli USA soprattutto, dovranno iniziare a riconsiderare lo 'stile di vita' dei loro popoli, ma, soprattutto dovranno iniziare a considerare, seriamente, il loro declino nell'arena internazionale, ad iniziare ad accettare il passaggio dell'egemonia economico-tecnico-politica sul Mondo, dall'occidente all'Eurasia e al suo sempre più evidente alleato latinoamericano (bolivarismo).
In sintesi, si tratta di gestire le risorse e di controllarne il flusso di distribuzione globale, chi controllerà queste leve avrà la leadership strategica del XXI° secolo. Le élites dominanti occidentali ed i loro circoli come il CFR, RIIA, Bilderberg, la Trialteral di Brzezinski (6), faranno di tutto per impedire tale passaggio di consegne. E le teorie catastrofiste, come il 'Global Warming' o il 'Picco del petrolio', si adattano a questi interessi occidentali minacciati. Non è un caso che tali 'studi' provengono da istituti sospetti o dal Pentagono. Infatti, si tratta di un mezzo mass-mediatico e culturale, di uno strumento ideologico e propagandistico per mobilitare l'opinione pubblica occidentale contro il 'Pericolo Giallo' di oggi (l'inquinamento ed il consumismo dei cinesi, il riarmo russo, l'estremismo nucleare iraniano, e le prossime campagne 'culturali' anti-indiane). Si tratta di preparare l'opinione pubblica ad una nuova forma di Guerra Globale, non più al 'Terrorismo', ma all''Inquinamento' (ovviamente altrui, essendo oramai passato il messaggio che ciò sia colpa di Cina, India, Indonesia, Brasile, ecc.).
Questa nuova guerra richiederà misure e casus belli ben più drastici di quelli visti dall'11 settembre 2001 (7). La figura del Presidente statunitense Barack Obama, l'eco-terrorismo hollywoodiano, le ONG ed altre varie truppe cammellate serviranno al perseguimento del nuovo obiettivo internazionale stabilito dalle centrali strategiche atlantiste. Si vedrà come reagiranno le capitali e i governi degli stati e delle potenze nel mirino 'ecologista' dell'occidentale. Essi saranno, probabilmente, indicati dall'apparato d'Infotaiment statunitense-occidentale, come i nuovi Hitler del XXI° secolo.

Note:
1) L'agenda di guerra per Obama, di Daniel R. Coats e Charles S. Robb - The Washington Post.
http://www.bipartisanpolicy.org/ht/a/GetDocumentAction/i/8866, in
name=Sections&op=viewarticle&artid=8261http://www.megachip.info/modules.php?
2) La mediazione saudita nel processo di pace afghano secondo M. K.
Bhadrakumar,
http://mirumir.altervista.org/2008/10/la-mediazione-saudita-nel-processo-di.html
3) Guerra alla droga: Mosca accusa Washington, di Stefano Vernole, in  "Eurasia-rivista.org", 6
Novembre 2008: 
www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/EkkVAlppyyBUVTKWLA.shtml
4) http://it.peacereporter.net/articolo/12685/Georgia,%20in%20migliaia%20in%20piazza%20contro%20Saakashvili.%20E%20l
5) Per un esempio, tra i tanti, vedasi: http://www.montagna.tv/?
6) Il fatto che un tizio come Brzezinski sia così esposto nella campagna di sostegno al ticket Obama/Biden deve far riflettere sulla gravità della situazione economico-strategica degli USA.
7) Per avere un'idea di ciò che rappresenti, in realtà, quest'ipocrita discorso sulla 'salvezza' della Terra, si legga attentamente qui:
http://www.megachip.info/modules.php?