Amnistia e impunità
di Marco Cedolin - 14/11/2008
Nonostante nel corso del processo siano state dimostrate in maniera incontrovertibile le responsabilità degli agenti, sia per quanto riguarda le violenze gratuite nei confronti dei giovani che dormivano all’interno della scuola Diaz, sia in merito alla falsificazione delle prove consistenti in bombe molotov, picconi e spranghe portati sul posto dagli stessi poliziotti al fine di giustificare con l’inganno il proprio operato, la sentenza emessa dal prima sezione penale del Tribunale di Genova è di quelle da lasciare basito chiunque sia stato in grado di percepire la gravità degli accadimenti. Tredici condanne e sedici assoluzioni (fra le quali tutti gli uomini appartenenti ai vertici della polizia) per un totale di 35 anni e sette mesi, rispetto agli oltre 108 anni chiesti dall'accusa, sembrano davvero troppo poco per dare l’illusione che in questo paese esista una qualche forma di giustizia anche quando a commettere i reati sono uomini appartenenti alle forze dell’ordine.
Alla luce di sentenze come quelle che dopo 7 anni hanno “graziato” i responsabili dei gravissimi fatti di sangue (ancora più gravi in quanto compiuti da coloro che dovrebbero fare rispettare la legge) accaduti durante il G8 di Genova del 2001, non stupisce più di tanto constatare come il poliziotto Spaccarotella, responsabile dell’assassinio di Gabriele Sandri, avvenuto un anno fa all’interno del parcheggio di un autogrill, nonostante l’imputazione di omicidio non sia stato sospeso dal servizio e neppure abbia subito alcun procedimento disciplinare.
Non resta che prendere coscienza del fatto che le forze dell’ordine, anche quando sbagliano, rispetto alla legge continuano a rimanere “più uguali” rispetti a tutti gli altri.