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Humane

di Riccardo Paccosi - 31/07/2025

Humane

Fonte: Riccardo Paccosi

Dopo Brandon - che con film come Antiviral e Infinity Pool magari non avrà raggiunto le vette artistiche del padre, ma certo le ha sfiorate - ecco approdare alla regia anche l'altra figlia del grande David Cronenberg, Caitlin, anche lei come il papà e come il fratello alle prese con una storia fanta-distopica (e sarebbe quindi interessante sapere di cosa si chiacchiera, in quella famiglia, durante il pranzo di Natale). 
HUMANE racconta d'un immediato futuro in cui, a causa del cambiamento climatico e del rischio di estinzione, i governi decidono di ridurre la popolazione del 20% e, per farlo, portano al massimo grado la liberalizzazione dell'eutanasia. Ogni cittadino che decida volontariamente di morire, infatti, ottiene un assegno di 250.000 dollari per i suoi famigliari. 
La trama del film racconta d'un inghippo burocratico coinvolgente una famiglia benestante e la ditta privata che realizza le eutanasie, con conseguente e tipica situazione in cui i famigliari si ritrovano costretti a decidere chi fra loro dovrà sacrificarsi. 
La regia del film è impeccabile a livello di ritmo e un po' acerba per quanto riguarda la direzione degli attori, ma ce ne fossero di opere prime a questo livello...
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Al di là degli aspetti estetico-formali, HUMANE è un film fortemente politico ed è, specificamente, il primo film che mi sia capitato di vedere che attacchi frontalmente la narrazione di quell'ambientalismo padronale che sta ammorbando le nostre vite dal 2019. 
In quell'anno, infatti, attraverso l'icona mediatica di Greta Thunberg, il World Economic Forum, la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale per la prima volta lanciarono un movimento ambientalista di massa. Senza che nessuno ci trovasse qualcosa di improprio o di anomalo, cioè, i padroni del mondo si mettevano a organizzare e promuovere apertamente le proteste di piazza.
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Il film di Caitlin Cronenberg non entra nel merito del dibattito sul cambiamento climatico: la regista, cioè, non mette in discussione la veridicità di quest'ultimo, ma denuncia con forza la natura ferocemente classista, l'ipocrisia moralistica e la valenza tutto sommato satanica di quella narrazione con cui le èlite miliardarie si sono messe a fare la morale al resto del mondo.
Nel film emerge quanto di marcio sia sotteso ai discorsi dei vari gruppi Friday For Future o Last Generation: la volontà di colpevolizzare i poveri e il ceto medio per l'opera di devastazione ambientale commessa dalle èlite, la necessità di alimentare la paura verso qualcosa di avvolgente e indefinito come l'ambiente (nel film le persone girano con l'ombrello quando non piove per proteggersi dal sole), lo sfruttamento dello stato d'emergenza per aumentare a dismisura il cyber-controllo sulla popolazione.
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Ma non c'è solo questo: il film rappresenta anche una denuncia della distorsione - evidente eppure compresa da pochissimi - ch'è stata attuata sul tema dell'eutanasia. 
Suddetto tema si è imposto nel dibattito pubblico dapprima come questione di etica liberale inerente alla scelta di morire per le persone afflitte da condizioni di salute incurabili ma, negli ultimi anni, l'eutanasia è divenuta altro. 
Consentita in alcuni paesi europei anche per casi di mera depressione, l'eutanasia viene oggi promossa dagli apparati di potere con il chiaro intento di sfoltire le fila di quella che il teorico del WEF Yuval Noah Harari chiama la "useless class", ovvero la massa di persone che AI e robotica hanno estromesso dal lavoro e reso socialmente inutili. Chi sceglie di morire, come disse qualche anno fa il banchiere globalista Jacques Attali, fa del bene in quanto cessa di essere un costo per la collettività.
Dunque, stiamo osservando una visione di utilitarismo economico che, applicata alla nuda esistenza biologica, finisce per diventare filosofia satanista di negazione del valore della vita.