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La comunità: pane della restanza e della ritornanza

di Giannozzo Pucci - 31/07/2025

La comunità: pane della restanza e della ritornanza

Fonte: Barbadillo

“Che diresti se avessi un popolo che non ha neanche tradizioni?” Ogni famiglia nuova che arriva non porta con sé nulla. Nulla di sano e di stabile, se non quegli occhi sbarrati sull’ambiente e quel terrore di non essere come tutti. Due qualità negative e infine che riducono l’uomo a livello della scimmia da circo. Prova a pensare a un popolo che non ha morti. Cosa vuol dire un popolo che ha perso anche questa, che è l’ultima devozione che si perde?”

*Esperienze PastoraliLorenzo Milani*  pag. 315,Lef, 1957

L’emigrazione non è solo da un luogo, ma anche da una matria o patria, cioè dalle tombe dei nostri padri e madri. Da tradizioni, da una famiglia e un insieme di famiglie. Queste emigrazioni nella società dei consumi, del benessere sempre più dominate dalla tecnologia, è continua e progressista, tanto che la maggior parte della gente non ha più nemmeno un popolo o una famiglia. La tecnologia brucia le tradizioni e riempie le motivazioni decisionali di ciascuno di egoismo individualista. La pubblicità le aggiorna e aggrava.

 Arrendersi, ma in inglese

Che cos’è una tradizione? E’ la tradizione dalle generazioni passate di motivazioni, dignità, modi di fare le cose più essenziali dell’esistenza, ma soprattutto i suoi significati e valori morali, tutto ciò che dà sapore agli usi e costumi. Il nostro Paese è stato devastato dalla dittatura e dalla guerra conseguente, che ha portato una capitolazione in lingus inglese, chiamata armistizio, firmata per l’Italia da un generale che, non parlando inglese, non sapeva cosa stesse firmando. Il cambiamento di fronte, la guerra civile e le divisioni conseguenti, l’invasione dei consumi successivi hanno prodotto sul Paese una dipendenza economica, psicologica, di motivazioni che sono diventate come un’emigrazione da se stessi, dalle proprie storia , civiltà, usi e costumi. Gli effetti di questa emigrazione si vedono negli sviluppi urbanistici delle periferie, con le sue architetture moderniste nel rifiuto di seguire le regole di costruzione delle città storiche così naturali per il senso comunitario. Un altro effetto è l’abbandono dei comuni minori e dell’agricoltura artigiana per quella industriale, in cui il potere umano scompare sostituito dalle macchine, dal profitto degli investitori , dal lavoro salariato, dall’inquinamento ecc…

Pasta sì, ma di marca

A rappresentare il senso dell’emigrazione in casa propria che l’Italia ha vissuto nei decenni fra i primi anni ’50 e oggi c’è una maniera straordinaria nel fare la pasta in una casa in cui figlia voglia solo la pasta di marca. Così si sono perdute infinite abilità manuali insostituibili. Negli ultimi decenni, a partire forse dalla fine degli anni ’60, è cominciata la ricerca e sperimentazione di nuovi metodi di produzione agricola e artigiana senza inquinamenti. Si sono affermate l’agricoltura biodinamica, varie forme di agricoltura biologica rigenerativa, sintropica e diverse combinazioni fra loro. Davanti alla degenerazione dei territori e del clima, riabitare le campagne abbandonate e i piccoli i piccoli comuni diventa una possibilità di rinascita di una nuova agricotura artigiana on produzioni di altissima qualità.

 Prima degli anni ’60

La restanza, in questo caso, potrebbe essere una ritornanza, mescolata con la restanza di alcuni, possibili se si sviluppa un movimento culturale e politico che ottenga cambiamenti con una campagna di liberazione delle forme di lavoro non imprenditoriali e di volontariato, cioè molte delle attività che, fino agli anni 1960, erano libere per chi coltivava con le sue mani, come il diritto di esenzione da essere considerata attività commerciali. Questa liberalizzazioni e sburocratizzazioni sono essenziali per riconoscere l’autonomia delle campagne e promuovere sia la ritornanza che la restanza, potenziando la cura del territorio in tutte le forme  come servizio e interesse pubblico e perciò sostitute di prelievi fiscali. Nella ritornanza non ci sono solo coloro che tornano dove sono nati o cresciuti, ma anche chi va per la prima volta a vivere nella campagne e sceglie mestieri artigiani: pastore, pescatore, coltivatore, fornaio, falegname, fabbro…

 Produrre beni unici

Il pane della restanza è lo sviluppo di attività attorno a beni comuni che ravvivano una comunità, le fanno riprendere una storia e un’economia del tutto unica, capace di produrre beni unici, non industriali. Gli eventi di restanza  scoperti in questo lavoro, possono essere i primi approdi per una rinascita della cultura artigiana come ricostruzione di villaggi tanto più per quanto più applicano rapporti di solidarietà che rendono sacri i luoghi e le persone. Quello che i politici devono capire è che la buona manutenzione delle campagne, delle montagne , delle strade minori, del reticolo idrografico, dei prati o dei boschi, non sono attività di destra o di sinistra, bensì il compito più alto di ogni attività politica e la parte migliore è quella che le svolge meglio.

 Cura del territorio

Perciò gli Stati che amministrano meglio sono quelli che hanno introdotto la cura del territorio, nelle sue varie forme, fra i sostituti di tassazione sotto la cura di autorità competenti. E’ una pratica consueta dello Stato italiano considerare i cittadini come sudditi, diligenza da assaltare con imposte e tasse per il demanio; il buon governo è quello che chiede la collaborazione dei cittadini alla gestione dei beni comuni, alleggerendo imposte e tasse, in cambio della relativa collaborazione. Questo buon governo – che sia di destra o di sinistra – è l’unico che possa gestire sia la restanza, sia la ritornanza nelle terre marginali. I territori – in cui si trovano migliaia di piccoli comuni e paesi semi-abbandonati – hanno oggi un significato di importanza storica, proiettata al futuro come nessun altro. Sono gli unici àmbiti in cui è possibile avviare una conversione ecologica radicale, costruendo dei nuovi mercati locali e con le città più vicine. La vera novità per accrescere l’autonomia economica e culturale del nostro paese risiede proprio in questo processo di restanza e ritornanza.

** Prefazione al saggio illustrato di Francesco Tomè, La restanza: Dedizione alle proprie terre, Storia di gente che resta fra Toscana e Emilia, Lef, 2025, euro 25