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Nel ’900 i giovani lottavano contro i padri. Ora non più

di Adele Cambria - 19/11/2008


 
«Il ’68 è stato un fenomeno planetario, ma soltanto in Italia è durato dieci anni. Da Valle Giulia alla strage di piazza Fontana all’assassinio Moro. Eppure Moro era forse l’unico che li aveva capiti e voleva incontrarli…»
«Dalla trincea alla piazza, l’irruzione dei giovani nel Novecento europeo». È questo il tema della seconda edizione della Settimana della Storia che, come nel maggio del 2007 - ma sotto la presidenza del nuovo titolare di Zètema, Francesco Marcolini - è cominciata ieri nell’Auditorium dell’Ara Pacis. E sarà proprio il confronto (o la nostalgia?) delle file interminabili agli ingressi del Parco della Musica, per le Lezioni di Storia nate in collaborazione tra la casa editrice Laterza e l’amministrazione capitolina guidata da Veltroni, a far percepire, almeno a me che avevo seguito quegli eventi, come un sotto-tono, persino nella lectio magistralis del brillante storico Emilio Gentile: che ha confrontato i giovani del 1918 - quelli «della trincea» fangosa e micidiale della Grande Guerra - e quelli del ’68. «I 50 anni che separano la generazione dei nonni da quella dei nipoti sono stati i più sconvolgenti per l’Europa e per l’Occidente. L’Europa immediatamente anteriore alla prima guerra mondiale era nelle migliori condizioni possibili».
Ma i giovani di allora, come quelli del ’68, si ribellano al benessere. «Contestavano l’Accademia, la retorica, il mondo dei padri che aveva costruito una società ipocrita: che dietro la facciata della moralità nascondeva soltanto la difesa dei propri interessi». Papini, Prezzolini, la nascita della rivista «La voce", il futurismo, Marinetti, "La guerra sola igiene del mondo". «E la guerra venne -continua a narrare Gentile- e i giovani ribelli accorrono al combattimento. Alcuni cadono, molti scoprono che la putrefazione morale, culturale, perfino democratica -che hanno contestato- s’incarna nei corpi dei soldati putrefatti nel fango delle trincee». Insomma il terreno di cultura del fascismo è pronto. «Ed il fascismo porta i giovani al potere. Benito Mussolini è stato, e finora rimane, il più giovane Presidente del Consiglio che abbia avuto l’Italia». Una rapida citazione dell’altra parte politica, il diciannovenne Piero Gobetti che fonda la rivista "Energie nove", quindi si avvicina a Gramsci e a "L’Ordine Nuovo" - «Gramsci si considerava ormai vecchio, un personaggio storico, ma era assai esigente con i giovani, a cui proponeva di studiare con accanimento, non so come guarderebbe agli studenti di oggi…».
Alla fine della Lectio magistralis chiedo al Professore cosa ne pensa dell’Onda Anomala che riempie le piazze d’Italia.
«Non possono più fare la rivoluzione contro i padri, perché i padri gli danno da vivere, contestano a fianco dei docenti, e riscoprono i nonni:Scalfaro, Ciampi, Napolitano».
La soluzione?
«Abolire il valore legale del titolo di studio. Le competenze e la preparazione scientifica si testino sul campo. Chi ha la passione per lo studio studierà comunque. Che gli siano messe a disposizione strutture accessibili».