Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Le elezioni negli USA

Le elezioni negli USA

di Carlos A. Pereyra Mele* - 20/11/2008

 



"Nel tempo dell'inganno, fare assegnamento alla verità è un atto rivoluzionario"
G. Orwell


Dobbiamo porre in evidenza che il vincitore delle elezioni presidenziali del 4 novembre scorso, il senatore Barak Obama, ha ottenuto un ampio margine di voti nel collegio elettorale, con una percentuale di preferenze superiore a quella raggiunta da qualsiasi altro democratico sin dal 1964, data in cui fu eletto il candidato Lyndon Johnson, ottenendo 62,3 milioni di voti contro i 55,2 milioni di McCain. Si stima che la percentuale degli avente diritti al voto ha raggiunto il 64%, la maggiore del secolo. Obama ha sconfitto a McCain con il 52% contro il 46%. Con questa percentuale ha aumentato significativamente il controllo dei democratici nella Camera dei Rappresentanti e, inoltre, è indubbio che tramite negoziati, possa anche raggiungere la maggioranza nella Camera dei Senatori.

Questo presidente eletto (il primo mulatto nella storia degli USA), fino ad oggi ha guidato con gran competenza retorica i temi che maggiormente preoccupavano il cittadino comune, ricordiamo, fortemente colpito da una crisi che ha svuotato le sue tasche e che ha spinto lo Stato americano a dover ricorrere all’adozione di misure estreme per cercare di stabilizzare la situazione, ma che delle sue gravi conseguenze siamo ancora lontani dal venirne fuori, ciò è vero per gli USA come per il resto del mondo.

Oltre alla crisi finanziaria terminale che ha fustigato gli USA, Obama si è visto favorito dal fatto che una parte consistente della popolazione nordamericana è ostile con lo sforzo di guerra e con la peggior amministrazione repubblicana che capeggia il sig. Bush junior; con tutti questi precedenti il trionfo del democratico sul repubblicano evidenzia una società divisa quasi al 50%, dato da non trascurare, quando finirà la luna di miele che è sempre concessa ai neoeletti per un tempo approssimativo di sei mesi di gestione e allora compare la realpolitik (trascorso questo intervallo, la stampa, l’opinione pubblica e i poteri reali, iniziano il loro operato costringendo al politico a dover negoziare le sue decisioni).

Ma, in primo luogo ci sono le faccende domestiche, la conformazione di un gabinetto che sempre lascia per strada dei feriti che pensavano poter occupare certe cariche per il fatto di aver appoggiato la campagna, e che per questioni di negoziati che sempre avvengono in questi casi sono rispediti a casa prima di essere assunti.

Ma un paese che da anni ha preso la decisione di diventare l’egemone mondiale, è nell’ambito internazionale dove gli si presentano maggiori difficoltà, poiché gli Stati Uniti in cui si trova il presidente Obama sarà molto diverso da quello sognato dai gestori dell’idea che il secolo XXI sarebbe stato quello del “Secolo Americano”; non sono più gli USA vincitore della II Guerra Mondiale con il 50% del PIL mondiale, l’industria spinta a gran velocità, una solida economia e con una forte presenza mondiale senza precedenti, e non è neanche più quello di Clinton con un’economia stabile e di piena occupazione. Nel 2007 l’economia dell’egemone USA rappresenta il 35% del PIL mondiale e questi dati sono precedenti alla crisi finanziaria, la quale si è contraddistinta da una forte recessione e un aumento della disoccupazione (che alla nuova amministrazione gli costerà molto tempo e sforzi per rimettere in ordine), il PIL attuale è più vicino al 25% di quello precedente. Ma, per via dell’impronta di repubblica imperiale che la contraddistingue, le grandi sfide di quest’amministrazione si riscontreranno nella politica estera che adotterà, la quale fino alla crisi finanziaria è stata la principale causa del deterioramento dell’immagine di Bush. Lo specialista in politica internazionale e geopolitico argentino, dott. Armando Valiente, espone i seguenti obiettivi o direttrici politiche che dovrebbe seguire il nuovo presidente degli USA:


· In ambito militare

Ridurre le spese militari. Ritirare le forze stanziate in tutti i comandi militari del mondo, specialmente in Iraq (VI Comando). Ridimensionare la CIA e il sistema di sicurezza nazionale fissandogli gli obiettivi e le minacce globali sulle quali deve informare: la politica della diplomazia sostituirà quella militare nella lotta contro il terrore come strumento principale del conflitto.

· In ambito sociale

Assicurare negli USA l’occupazione e le risorse per la sicurezza sociale e la salute dei lavoratori. Assicurare ai cittadini la proprietà degli alloggi ipotecati.

· Nell’ambito economico-finanziario

Lanciare una nuova regolamentazione del sistema finanziario degli USA, destinata ad aumentare la fiducia in esso. Cercare di trovare un punto d’accordo con l’OMC senza per questo doversi allontanare dal bilancio dell’Europa; ci sono poche probabilità di arrivare ad un’intesa con la “Dhona Round”sui sussidi nel settore agricolo che danneggiano l'Argentina e il Brasile. Ridimensionare il NAFTA, cercando una maggiore integrazione finanziaria dei suoi membri. Ridurre i compromessi bilaterali in America Centrale e in Colombia. Ridurre le tasse alla classe media. Ridurre consistentemente la spesa estera, in particolar modo i sussidi, la quale si manterrà solo in casi ben precisi.

· Energia e ambiente

Massiccio incremento dei sussidi nel settore della ricerca dei combustibili alternativi. Le nuove colture di mais non devono togliere il grano necessario per la nutrizione, il quale costituirà la materia principale per produrre biocombustibili negli USA.
Adesione alle politiche destinate alla preservazione dell’ambiente. Aumentare l’esplorazione off-shore di petrolio nel golfo del Messico, passando dagli attuali 116 pozzi a 262 in 5 anni, a meno che non sia approvato l’emendamento di Tim Burton, destinato a ridimensionare in toto la politica petrolifera. In ogni caso, dopo essersi assicurata una maggioranza nel Congresso si conserverà l’elenco dei minerali strategici che a scadenza biennale esso approverà.

· Immagine

Tentare di proiettare un’immagine che ritrasmetti agli USA fiducia e simpatia a livello globale; internamente la sua immagine è destinata a preservare il “sogno americano”, indirizzata particolarmente alle classi inferiori e alle minoranze latine e di colore, escludendo il compromesso del “sacrificio personale” che il suddetto sogno impone.

· Rapporti internazionali

La sua interpretazione erronea del mondo sarà sostituita dal vicepresidente, da una parte dell’ex equipe di Clinton e dalla possibile incorporazione dei repubblicani nel gabinetto.





· Obiettivo geopolitico

Un energico sforzo determinato principalmente al mantenimento del potere, della leadership e della supremazia finanziaria degli USA e del dollaro come moneta globale, attualmente minacciata .

Come possiamo osservare, tutti questi obiettivi sono veramente difficili da portare a termine e il problema più grande è che gli USA, così come osservano alcuni pensatori, ha iniziato il suo declino, in cui, a prescindere da chi lo amministrerà, si possono riscontrare i seguenti fronti che diventeranno estremamente complessi per la nuova amministrazione democratica al momento di volergli dare una soluzione che si colleghi con i lineamenti prima elencati:

Iraq:

Il presidente eletto ha sempre manifestato la sua opposizione all’intervento USA in quel paese e ha ripetutamente dichiarato che gli USA si devono ritirare in modo ordinato dallo stesso. In questa sede dobbiamo fare alcune valutazioni di carattere geopolitico sulle conseguenze della ritirata dalla palude irachena. In primo luogo, non può esserci stabilità in Iraq se prima gli americani non negoziano un accordo politico con l’Iran, poiché l’influenza che questo esercita sulla popolazione musulmana irachena shiita è molto forte e da questa dipende la stabilità del governo di Bagdad; tuttavia, qui troviamo la presenza di due forti opposizioni regionali nei confronti di quest’ultimo: la prima è quella israeliana, la quale s’inquieta sulla presenza di un Iraq con forte influenza iraniana, dello stesso avviso è l’altro socio strategico degli USA in Medio Oriente, vale a dire l’Arabia Saudita, la quale non vede con buoni occhi un governo iracheno pro iraniano, oltre al fatto di dover negoziare con sunniti e curdi. Ma, continuare con un conflitto senza fine porterebbe ad Obama ad inimicarsi la propria base elettorale che ha votato per la ritirata dal conflitto. La migliore scelta per gli USA è quella di negoziare con l’Iran un Iraq neutrale (fatto molto difficile da raggiungere).

Afganistan:

Rappresenta l’altro conflitto bellico che sostiene gli USA in Asia, senza aver dato una definizione dello stesso, in realtà, la guerra non solo si è ristagnata, ma volge di nuovo a favore dei talebani. Obama ha espresso che quella è la vera guerra, ma per vincerla, se è lecito usare questo termine, si richiede un ampliamento delle truppe, equipaggiamento e denaro da parte degli USA e anche il potenziamento della partecipazione da parte degli alleati europei nel conflitto, argomento, quest’ultimo, molto difficile da raggiungere, giacché la popolazione europea è fortemente contro la partecipazione in esso (sono di pochi giorni fa le dichiarazioni rilasciate dai capi militari, i quali chiedono la ritirata dal conflitto, perché considerano impossibile poterlo vincere e sollecitano maggiori finanziamenti fino al momento della ritirata), a ciò dobbiamo aggiungere che la crisi economica sta colpendo sempre più l’economia reale europea che quella nordamericana e, per tale motivo, i paesi dell’Europa sono obbligati a ridurre le spese di finanziamento e di conseguenza vogliono ritirarsi dall’Afganistan.
Ma la cosa più tragica di questo conflitto è la quasi sicurezza manifestata dalle forze d’intervento della NATO e degli USA sull’impossibilità di vincere questa guerra. Anche qui la nuova amministrazione americana si trova di fronte al dilemma di quale sarà la migliore alternativa per uscirne a testa alta e la più verosimile è quella di aprire un negoziato con i talebani al fine di raggiungere un accordo politico e ritirarsi. Una scelta del genere ha le sue conseguenze nella politica interna americana, poiché una tale decisione sarà fortemente avversata da parte dell’opposizione e dai falchi che sono all’interno e fuori del partito.

Eurasia:

Questa rappresenta un altra linea che dovrà risolvere Obama, in quanto la crescita, in particolare quella della Russia e della Cina, pone un freno all’idea di egemonia mondiale che gli Stati Uniti ipotizzavano con lo scioglimento dell’Unione Sovietica. In questo momento, il maggiore fronte di conflitti che gli USA hanno nell’Europa dell’Est è con la Russia. La Russia ha risposto alla politica aggressiva di Bush con l’installazione degli antimissili in Polonia, con lo spiegamento di missili nell’enclave europea che possiede in Kaliningrad (ex città tedesca di Königsberg, nella Prussia Orientale). Sul rapporto da tenere con la Russia, Obama non ha dato maggiori interpretazioni e s’ignora la politica che applicherà verso di essa. Ma di quello che si ha certezza è che il principale paese dell’Unione Europea, la Germania, non vuole conflitti con Russia (dipende molto dall’energia russa per continuare a progredire). Sotto questa cornice sono molto preoccupati anche i nuovi alleati degli USA appoggiati da Bush: Polonia, Repubblica Ceca e Ucraina, poiché sia per la crisi economica, sia per una nuova realpolitik, resteranno come elementi di negoziazione nel momento di un accordo russo - statunitense.
E Obama deve anche affrontare un altro fronte di conflitto con l’Europa sviluppata, poiché il nuovo asso Londra – Parigi tenta d’imporre l’idea della creazione di una nuova Breton Woods (un nuovo FMI e una nuova Banca Mondiale) e mette anche in discussione il suo rapporto con l’Europa Centrale. Questo nuovo accordo economico-finanziario internazionale ha la pretesa di avere la supremazia sulle banche centrali, per cui risulterà molto difficile armonizzare gli interessi delle grandi corporazioni finanziarie americane all’ora di voler far condividere il loro potere con un’entità sopranazionale e, infine, dobbiamo anche mettere in chiaro che nemmeno la coppia Brown-Sarcozy sono interessati ad ampliare le spese della NATO. Russia è in attesa di sedersi ad un tavolo per così negoziare con la nuova amministrazione su posizioni di forza, difendendo con energia i propri interessi nazionali.
Cina, nonostante il suo forte rapporto-dipendenza commerciale con gli USA, si trova anch’essa sulla strada della diversificazione dei suoi ambiti commerciali e la sua presenza come potenza regionale è ormai palese, tant’è vero che ha già iniziato il processo di negoziati con Taiwan. Ma, fondamentalmente, la creazione del blocco continentale economico in alleanza con la Russia la fa spiccare come un giocatore di prim’ordine. L’accordo di cooperazione di Shangai, il quale annovera un altro gigante asiatico come l’India, in quanto osservatore, gli conferisce un’entità economica e geopolitica d’importanza trascendentale. Questo nuovo gruppo sta operando globalmente e possiamo apprezzare la sua presenza nel nostro continente (230 imprenditori tra russi, argentini e cileni hanno dato inizio ad un incontro destinato a trovare strategie comuni per potenziare il commercio, gli investimenti e i progetti economici importanti. Sotto il nome: “Russia e America latina, Associazione Strategica e Opportunità d’Investimento”, questa settimana si sono dati appuntamento a Buenos Aires (fonte: Ria Novosti), per fare solo un esempio.


Sudamerica cortile di casa?

Nella nostra regione, secondo la verbosità degli analisti politici (dei diversi mezzi), i quali affermano che siamo fuori dell’agenda del sig. Obama, i negoziati non saranno tanto facili per la nuova amministrazione, poiché il continente sta facendo dei passi trascendentali nonostante le difficoltà per agire con una maggiore coerenza senza le protezioni extracontinentali che in altri tempi ci condizionavano. In questo momento, il Brasile ha assunto il ruolo di maggiore importanza, trasformandosi in una potenza regionale che tenta mettere insieme, geopoliticamente, all’America del Sud. Il MERCOSUR continua fondamentalmente a funzionare sotto l’asse argentino-brasiliano; la creazione dell’UNASUR e dell’assemblea di Difesa Regionale Sudamericana, apre nuove prospettive per i suoi integranti. I due alleati che gli USA possiedono nel continente, il primo, la Colombia, che sicuramente non avrà lo stesso trattamento ricevuto durante le amministrazioni repubblicane e, l’altro, il Cile, paese isolato dai suoi vicini (tendenza che vuole smantellare l’amministrazione Bachelet), non possono fermare il processo d’integrazione regionale. Anche qui sta operando fortemente la Cina (un esempio lo costituisce il lancio del primo satellite dello Stato venezuelano, fatto decollare con un razzo cinese nella regione dello Xichang).

Per via delle nostre risorse, per la vicinanza verso il loro territorio e per i rapporti che dobbiamo intrattenere con gli USA, ci auguriamo nei confronti della nuova amministrazione delle negoziazioni politiche improntate sulla serietà, che allontanano il pericolo d'interventi armati nel nostro continente (come le ipotesi prospettate dal Comando Sud e dalla nuova IV Flotta), che sia rispettato il nostro interesse nazionale e gli interessi dei nostri paesi integrati.

Come possiamo vedere, non sono poche le difficoltà che troverà il 44° presidente degli Stati Uniti d'America del Nord, sia nella sfera interna, ma, fondamentalmente, in quella estera. Non solo con la proposta di buone intenzioni è possibile guidare il mondo reale, ma anche con i poteri stabiliti e con i nuovi giocatori dell'ordine che si sta conformando, per il momento. Siamo in attesa di vedere come si sviluppa questa nuova amministrazione che con tanta speranza è stata seguita da milioni di persone non solo nel loro paese, ma anche nel mondo. Ma la realtà con la quale si dovrà confrontare è molto complicata, il tempo ci dirà se sarà in grado con essa.

Córdoba, 6 novembre 2008



(trad. dallo spagnolo di V. Paglione)


*Analista specializato in geopolitica e geostrategia, membro del CEES Miembro del CeeS, della FondazioneCIVIS

http://licpereyramele.blogspot.com/