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Gaza, disastro umanitario e blackout mediatico

di Cherrie Heywood - 22/11/2008




Israele ha imposto un blackout virtuale sulle notizie provenienti dalla Striscia di Gaza. Negli ultimi dieci giorni nessun giornalista straniero è potuto entrare nel territorio assediato per raccontare la crescente crisi umanitaria causata dalla chiusura totale delle frontiere di Gaza, voluta da Israele nelle due settimane passate.

Steve Gutkin, capo dell’ufficio dell’Associated Press (Ap) di Gerusalemme e dell’Associazione della stampa straniera in Israele, ha detto che personalmente "non è a conoscenza di giornalisti stranieri a cui nell’ultima settimana è stato concesso di entrare a Gaza".

Gutkin ha dichiarato che "sebbene in passato Israele abbia impedito alla stampa straniera di entrare a Gaza, la durata dell’attuale divieto lo rende senza precedenti", e ha aggiunto di non aver ricevuto spiegazioni "plausibili o accettabili" per il divieto da parte del governo israeliano. L’Ap si basa sulle testimonianze di due dei suoi giornalisti che sono riusciti a entrare a Gaza alcuni giorni prima che la chiusura avesse inizio e che al momento si trovano bloccati lì.

Anche a una delegazione di parlamentari dell’Unione europea è stato impedito di entrare a Gaza per rendersi conto della situazione sul posto e tenere colloqui con i leader di Hamas. Successivamente (i parlamentari Ue, ndt) hanno rotto l’assedio navale su Gaza raggiungendo le sue acque territoriali in barca da Cipro, sfidando la marina israeliana.

Nel corso dei colloqui tenuti con Hamas, i parlamentari Ue sono riusciti a ottenere uno storico impegno da parte dell’organizzazione islamica a riconoscere il diritto di Israele a esistere all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti del 1967. Hamas ha offerto anche un cessate il fuoco a lungo termine in cambio del riconoscimento dei diritti dei palestinesi da parte di Israele.

Giovedì Israele ha proibito anche a venti consoli generali dell’Unione Europea di entrare a  Gaza. Domenica la polizia di confine israeliana ha impedito a 15 automezzi carichi di medicinali di entrare nella Striscia.

Il Commissario Ue per le relazioni esterne e la politica europea di vicinato, Bentita Ferrero-Waldner, ha espresso forti riserve. "Sono profondamente preoccupata per le conseguenze sulla popolazione derivanti dalla chiusura completa di tutti gli attraversamenti di Gaza per la consegna di carburante e generi umanitari minimi", ha detto venerdì in un comunicato la Ferrero-Waldner.

Karen AbuZayd, capo dell’Agenzia umanitaria delle Nazioni Unite (Unrwa) che si occupa dei profughi palestinesi, ha aggiunto che è insolito per Israele non consentire l’ingresso del cibo e dei medicinali comuni. "Ciò ci ha allarmato più del solito, perché (il blocco) non è mai stato tanto duro e duraturo, e non ci sono mai state risposte tanto negative ai nostri bisogni", ha detto.

Israele ha chiuso il confine in seguito al lancio continuato di razzi sparati dai combattenti della resistenza palestinese verso le città israeliane al confine con la Striscia di Gaza.

Le violenze reciproche hanno avuto inizio il 4 novembre, quando le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno lanciato un raid oltre-confine all’interno di Gaza, rompendo un incerto cessate il fuoco di cinque mesi con Hamas. Lo scopo era apparentemente di distruggere un tunnel costruito dai palestinesi presumibilmente per trasportare dei soldati israeliani catturati.

Oltre venti palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Due israeliani sono stati feriti in maniera leggera nei successivi attacchi con i razzi.

Il momento scelto da Israele per rompere il cessate il fuoco è singolare in quanto centinaia di questi tunnel per il contrabbando esistono da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia nel giugno dello scorso anno. Essi sono stati usati per contrabbandare beni di uso quotidiano, così come armi, in quanto il territorio è chiuso in maniera ermetica da Israele.

John Ging, direttore dell’Unrwa a Gaza, che vi ha vissuto negli ultimi tre anni, mette in dubbio le presunte ragioni di sicurezza che motivano la chiusura. Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, questa estate - ha detto Ging – per gli attraversamenti sono passati meno approvvigionamenti che all’inizio del 2006, quando il Negev occidentale israeliano subiva incessanti lanci di razzi provenienti da Gaza.

Allora l’Autorità palestinese, che è sostenuta da Israele e dalla comunità internazionale, governava Gaza in un governo di unità nazionale con Hamas.

"La settimana scorsa non siamo stati in grado di alimentare i 60mila rifugiati di Gaza più bisognosi, visto che i nostri magazzini sono rimasti a corto di cibo. L’Unrwa rifornisce metà degli 1,5 milioni di abitanti di Gaza con razioni di emergenza, e quando ci sono forniture a sufficienza vengono alimentate 20mila persone al giorno", ha detto Ging all’Ips.

Il settanta percento di Gaza ha avuto a che fare con blackout elettrici dopo che Israele ha impedito le forniture di gasolio, costringendo alla chiusura la principale centrale della Striscia.

"Prima della chiusura (degli attraversamenti, ndt) gli israeliani stavano concedendo l’importazione di soli 2,2/2,5 milioni di litri di carburante alla settimana, che era il minimo necessario per far funzionare la centrale. L’impianto ha una capacità di 20 milioni di litri, in grado di durare due mesi in circostanze normali e di tirare avanti nei periodi di emergenza. Ma adesso ha esaurito del tutto (il carburante)", ha detto Ging.

Kan'an Ubeid, vicecapo dell’Autorità palestinese dell’energia, ha detto in una conferenza stampa a Gaza che in aggiunta alla chiusura della centrale alimentata a gasolio, è collassata la rete elettrica che porta l’energia da Israele a causa dell’accresciuta pressione sul sistema.

Gli abitanti di Gaza hanno esaurito anche il gas domestico mentre la Coastal Municipalities Water Utility (Cmwu) è stata costretta a pompare in mare tonnellate di rifiuti non trattati a causa della penuria di carburante e della mancanza di pezzi di ricambio per le attrezzature che hanno bisogno di riparazione e pezzi nuovi.

Gran parte di questi (rifiuti) rifluiranno nel sistema fognario di Gaza, ed è cresciuto il rischio di contaminazione dell’acqua capace di diffondere malattie.

Nel frattempo, il direttore generale dei servizi di soccorso, Mu'awiyya Hassanein, dice che il ministero della Salute di Gaza è a corto di oltre 300 tipi di medicinali essenziali.

Il portavoce dell’ospedale di Shifa, il principale di Gaza, Sammy Hassan, ha detto che vengono compiuti solo gli interventi chirurgici di emergenza. "Abbiamo rimandato tutti gli interventi non urgenti poiché il nostro piccolo generatore ha smesso di funzionare, in quanto non possiamo importare un pezzo di ricambio essenziale”.

"Abbiamo meno di 30mila litri di carburante per far far funzionare il generatore più grande che viene usato quando non c’è elettricità. Nelle circostanze attuali, senza elettricità abbimao bisogno di 10mila litri al giorno", ha detto Hassan all’Ips.

Philip Luther, vice direttore del programma per il Medio Oriente di Amnesty International, dice che l’ultima stretta del blocco israeliano ha "peggiorato decisamente una situazione umanitaria già disastrosa. Questa non è niente altro che una punizione collettiva per la popolazione civile di Gaza, e deve essere fermata immediatamente".

In seguito alle pressioni internazionali e alle proteste della Ue, lunedì Israele ha consentito a trenta automezzi con aiuti umanitari di entrare nella Striscia. "Dureranno per qualche giorno. Ma poi cosa succederà?", ha dichiarato il portavoce dell’Unrwa Christopher Gunness.

Il portavoce di Oxfam a Gerusalemme, Michael Bailey, che coordina diversi progetti umanitari a Gaza, ha detto che questa risposta è del tutto inadeguata.

"Trenta camion di aiuti dopo una chiusura di dieci giorni sono insufficienti. Ciò di cui abbiamo bisogno è una revisione completa dell’embargo su Gaza. Il dialogo con esponenti politici di spicco è la sola via d’uscita", ha detto Bailey all’Ips.

"Se si vuole uscire dalla palude, sia Israele che gli altri vicini di Gaza devono anteporre a ogni altra considerazione i diritti umani e i bisogni essenziali della popolazione".

(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale Inter Press Service