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La campagna può salvarci dalla crisi

di Ignazio Maiorana - 04/12/2008

La crisi economica sta facendo saltare tanti posti di lavoro. Saremo costretti a chiedere agli stranieri di ritornare nei loro Paesi perché i lavori più umili ritorneremo a farceli noi. Gli sbarchi clandestini sulle coste siciliane, automaticamente, non avranno ragion d’esistere.
Berlusconi con i suoi “consigli sugli acquisti” invita la popolazione a consumare, a continuare a comprare per non interrompere il giro dell’economia. Se il denaro non ha il valore corrispondente al prezzo della merce o dei servizi, tale raccomandazione è però inutile. Il premier è un imprenditore dagli illimitati interessi, che muove capitali enormi. Potrebbe lui stesso cominciare a restituire almeno l’indennità di carica.
Si stanno fermando importanti settori dell’industria e l’import-export soffre in maniera allarmante. Il flusso verso l’Italia di prodotti di scarsissima qualità a prezzi stracciati, come gli indumenti made in China, peggiora la situazione.
L’unico settore che potrà risollevare le sorti della nostra economia è l’agricoltura con tutti i suoi comparti, in particolare l’allevamento. Chi possiede un metro quadrato di terra se lo tenga caro, presto avrà bisogno di far l’orto o di tenere una capra per il latte. E quanti hanno abbandonato la propria terra (madre) dovranno ritornare in campagna.
La rinascita della campagna e l’autoproduzione consentiranno a tanta gente di avere un’occupazione e di fronteggiare la crisi. La terra ci dà tante risorse, ci dà la vita. Ritorneremo in massa nel mondo rurale? Perché no? È l’ambiente più nobile e più sano che ci rimane a disposizione. Peraltro le condizioni e gli strumenti di lavoro per gli agricoltori di oggi sono sicuramente migliori di ieri. Sta in campagna la via d’uscita dalla crisi. Se però la società civile non ne riconosce il valore e ignora i prodotti genuini che, seppure meno pubblicizzati, la buona agricoltura ancora riesce a garantire, la sofferenza economica sarà ancora più pesante.