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La Palestina contro la Palestina

di Stefania Pavone - 08/12/2008

 
 

L’urlo di angoscia e di dolore del popolo palestinese si leva nell’aria di una Gaza senza più alcuna forza, piegata dal violento assedio israeliano. Uomini, donne e bambini sono ormai degli animali in gabbia che neanche il lampo azzurro di uno spicchio di cielo può più consolare. Latte. Luce. Medicine. Cibo. Manca tutto a Gaza. Tutto quello che serve a vivere. Forse persino l’aria. E mentre sono passate nei telegiornali delle televisioni del mondo intero le immagini dei pacifici cortei dello scorso 29 novembre, giornata mondiale di solidarietà indetta dall’Onu in favore della Palestina, i giorni scorsi hanno registrato gli atti certi di quella tragedia nella tragedia che è il progressivo avvicinarsi del confronto armato tra Fatah e Hamas.

“S’illudono, s’illudono, s’illudono”, tuona da Ramallah Abu Mazen, eletto di fresco Presidente dello Stato di Palestina come fu Yasser Arafat. E Gaza risponde: la carica ricoperta da Abbas è un espediente politico, nel 2009 si rifaranno le elezioni. E ancora: Hamas respinge l’ipotesi unitaria di governo di Fatah “sulla linea dell’OLP”. Dice infatti Ismail Haniyeh: “E’ una capitolazione agli interessi americani e israeliani nella regione”. Insomma, la Palestina oggi è una pletora di sigle politiche in contraddizione le une con le altre, frantumata dalla polarizzazione della lotta politica tra Fatah e Hamas. Prodotto del fallimento di Camp David e dell’onda di rabbia della seconda Intifada, l’approfondimento della frattura tra i due maggiori partiti palestinesi ha seguito una serie di tappe che ne testimoniano la funzionalità all’unilateralismo del sionismo di Sharon e poi di Olmert e di tutta l’attuale dirigenza di Kadima.

Eccole. Dichiarazione del Cairo: Hamas accetta di far parte dell’Olp e mentre, nel giugno 2005, tutte le forze politiche palestinesi firmano un documento che riconosce lo stato israeliano accanto alla Palestina, Israele invade una parte di Gaza. La progressiva ascesa di Hamas apre una rivalità nell’Olp. Rivalità che passa dalla sfera sociale a quella della resistenza armata contro l’occupazione. E’infatti Hamas a capitalizzare l’insuccesso di Oslo, rifiutando la spartizione della Palestina storica prevista dal negoziato e rivendicando il principio stesso di autodeterminazione del popolo palestinese. La crisi politica di Fatah investe il terreno dell’AP, svuotata dal di dentro e indicata da Hamas come arnese della diplomazia statunitense e israeliana. L’AP si scioglierà. Le ormai note elezioni del Consiglio Legislativo del 2006 sanciscono, con la vittoria del partito islamico, una progressiva islamizzazione della società e il passaggio dal nazionalismo laico dell’OLP al populismo religioso di Hamas. E’ l‘inizio di un nuovo inizio della politica palestinese: il partito islamico è pronto a chiudere l’epoca dell’Olp.

Il nuovo assetto politico palestinese si chiarifica nella continua, dura tensione, tra Hamas e Fatah. Il cuore del dettato costituzionale diventa la “doppia autorità” del sistema presidenzial-parlamentare. Intanto l’Occidente pone i propri riti ricattatori, chiudendo il partito islamico nel duplice e impossibile riconoscimento del diritto ad esistere di Israele e in quella rinuncia alla violenza che è il substrato morale e politico di una forza che fa del diritto alla resistenza la propria ragion d’essere. Intanto Sharon, con la costruzione del Muro, rende chiaro al mondo cosa vuole Israele. Mattone dopo mattone, prende forma la mostruosità di un apartheid strisciante allo scopo di negare alla Palestina qualsiasi possibilità di divenire uno stato autonomo e sovrano.

Kadima, nata dopo che Sharon non era riuscito a convincere i laburisti che i palestinesi non avrebbero mai rinunciato alla propria autodeterminazione, è la sintesi perfetta della politica del suo leader. Piano piano, con il Quartetto e la Road Map appare chiaro che Stati Uniti e Israele vogliono un Medio Oriente sottomesso, risultato di una serie di guerre imperialistiche. La politica della “convergenza” di Sharon chiarifica il profilo della pace richiesta da Israele: uno Stato ebraico e la “banstunizzazione” (la riduzione dei territori abitati dai palestinesi in bastun, ossia in unità separate le une dalle altre dagli israeliani, cellule di una vera e propria colonia ndr) della Palestina.

Le condizioni poste dalla comunità internazionale ad Hamas - riconoscimento di Oslo in primis - vengono contrattate da una dirigenza del partito islamico in vena di moderazione. Ma la verità è che Washington non vuole avere Hamas come interlocutore: l’approfondimento dell’occupazione rappresenta, come vediamo oggi, il fatto eccezionale del collasso della Palestina. La frattura tra Ramallah e Gaza, sotto il segno del fantasma di Arafat, testimonia di come Fatah abbia reso difficile la transizione del potere da se stessa ad Hamas, poiché essa consoliderebbe il controllo politico del partito islamico su ministri, istituzioni e servizi di sicurezza.

Esattamente come voleva Sharon, la comunità palestinese è oggi frantumata e incapace di darsi una voce unica. Ora Fatah, che grida al golpe di Gaza, muove sulla scacchiera la pedina del governo unitario. Ma non fu esso a boicottare Hamas, rifiutando di prendere parte alla formazione del suo governo? I rapporti tra le due forze politiche, anche dal punto di vista costituzionale, s’intrecciano in una terribile incastro. E si complicano. Hamas ha la maggioranza per porre il voto di sfiducia ad ogni governo, ma non ha i due terzi per porre il veto sull’operato del Presidente. La giungla dei poteri in Palestina è tale di paralizzare ogni azione della risorta AP. E il netto fallimento della collaborazione tra Presidente e Primo Ministro potrebbe condurre Hamas a far funzionare il Consiglio Legislativo e il governo come organi paralleli.

Le dichiarazioni fuoco scambiate tra Haniyed e Abu Mazen illuminano il livello della ferocia dell’attuale lotta per il potere in Palestina e l’ambiguità costituzionale riguardo all’autorità e al mandato di presidenza di Fatah e del governo di Hamas. Si potrebbe trovare un’intesa minima per la quale Ap e Olp possano sviluppare i propri mandati? Intanto, il confronto armato tra Fatah e Hamas, il più temibile errore per la causa palestinese, sembra avvicinarsi. Intanto a Gaza si vive. Ancora per poco?