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“Archistar” o “archicarnefici”?

di Miriam Giudici - 09/12/2008

 

La Milano dell'Expo sotto la minaccia di una colata di cemento. Il volto del capoluogo lombardo, infatti, sta per cambiare: fra grattacieli che vogliono librarsi nell'aria e problemi molto più terreni.


 


Piano Expo 2015
A sei anni da Expo 2015, Milano inizia a scaldare i motori: i progetti che hanno convinto i comitati internazionali ad assegnare al capoluogo lombardo la manifestazione devono finalmente iniziare a diventare cosa concreta.

 

Ricapitoliamo quali saranno i maggiori interventi. Per prima cosa, il polo espositivo di 1,1 milioni di metri quadrati, adiacente alla nuova Fiera di Rho-Pero, che ospiterà i padiglioni dell'Expo ma anche hotel, parcheggi, negozi, servizi, e una cintura verde che dovrebbe occupare il 15% dell'intera area.

Ma è l'intera città a essere oggetto, nelle intenzioni, di un esteso restyling: una Città del cinema in zona Bicocca, una Città della moda in zona Garibaldi-Repubblica, interventi di riqualificazione nelle zone dell'ex Alfa Romeo, di Rogoredo, della Bovisa, che prevedono nuovi spazi residenziali, servizi, parchi.

L'idea più affascinante, quella della Via d'acqua - cioè del naviglio che dovrebbe collegare il sito dell'Expo ai canali che circondano il centro di Milano - è senza dubbio la più rivoluzionaria per l'estetica e la viabilità della città, e moltissimo ha fatto parlare: ma allo stato attuale delle cose, manca addirittura uno studio di fattibilità per questo progetto, che rischia davvero di non vedere mai la luce.

 


Citylife
Più avanti, invece, lo stato dei lavori per un progetto che è nato indipendentemente dall'assegnazione di Expo 2015 a Milano. Stiamo parlando di CityLife, ovvero la trasformazione del quartiere storico di Fiera Milano, che deve trovare una nuova destinazione d'uso da quando le manifestazioni fieristiche si sono spostate pian piano nel nuovo polo di Rho-Pero. Un progetto di cui si parla da anni, fra mille polemiche. Se le varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni avevano promesso la creazione di un vero e proprio “Central Park” milanese, in realtà vi sorgeranno tre grattacieli di grandissimo impatto sullo skyline della città.

 

Tre grattacieli avveniristici, che portano la firma di architetti celeberrimi: Zaha Hadid, Arata Isozaki, Pier Paolo Maggiora e Daniel Libeskind. Archistar, li chiamano alcuni, e non con una connotazione del tutto positiva, come a indicare che sarebbero mossi più che dalla volontà di creare architetture funzionali, integrate nel contesto urbano, e rispettose di criteri ecologici, dalla voglia di stupire, di mettere in scena un vero e proprio spettacolo, secondo un termine usato dallo stesso Libeskind. E allora, via libera a forme mai viste, strutture che sfidano la gravità, edifici che lasciano prima di tutto un marchio indelebile nel paesaggio urbano.

Le opinioni si dividono.

 


La fiera di Rho
Bruce Sterling sottolinea come questi architetti siano pagati apposta per generare controversie, e per questo non esprime su di loro un giudizio diretto. Adriano Celentano, con durezza, ha coniato per loro il termine archicarnefici, lanciando l'allarme sulla speculazione edilizia che presto, a suo parere, travolgerà Milano.

 

L'economista Marco Vitale si esprime più pacatamente, ma condivide gli stessi timori, e sottolinea: è l'idea alla base di tutti questi progetti ad essere deleteria, e cioè l'idea che bisogna portare Milano città oltre la soglia dei due milioni di residenti, quando invece sarebbe necessario investire sulla “grande Milano”, cioè su una vastissima area metropolitana che andrebbe urbanisticamente concepita come un unicum, e in cui per prima cosa bisogna ripensare infrastrutture, trasporti, viabilità.

Nessun progetto finora, sostiene Vitali, ha tenuto conto di questo, e la giunta si è limitata ad aumentare gli indici di edificabilità di diverse aree in modo indiscriminato, lasciando mano libera agli speculatori, in una versione moderna e arricchita dei “palazzinari” di un tempo.

 


Milano, città della moda
Dopo l'Expo 2015, dunque, Milano si risveglierà circondata da cemento e cattedrali nel deserto? È un pericolo concreto. Ricordiamo, anche visti recentissimi avvenimenti, che Milano ora come ora è la città che va in tilt con due gocce di pioggia, che si blocca con una piccola nevicata, che rimane paralizzata se una mattina succede un guasto in una stazione periferica della metropolitana.

 

Allo stato attuale non si vedono all'orizzonte progetti coraggiosi e risolutivi per questi problemi quotidiani: eppure è proprio di queste esigenze basilari che l'architettura e l'urbanistica devono per prima cosa occuparsi. I sogni e le utopie degli archistar, di sicuro, non devono essere usati per gettare una cortina di fumo su questa realtà.