Berlusconi, la destra, la sinistra e la logica italiana del compromesso
di Carlo Gambescia - 12/12/2008

Nelle democrazie occidentali il compromesso è all’ordine del giorno. E’ un vero e proprio strumento di governo, da alcuni magnificato, da altri demonizzato (quasi sempre si tratta di forze estreme, a destra come a sinistra, fuori dai giochi di potere). Al riguardo esiste una cospicua letteratura politologia e sociologica.
Berlusconi (come abbiamo già sostenuto, ad esempio qui: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=18451 ) , appartiene pienamente a questa tradizione, anche per formazione personale (di regola l’imprenditore è portato alla mediazione politica, pur di garantire la continuità dei suoi affari ). E come mostra ancora una volta – la notizia è di oggi – il suo passo indietro sulla scuola (http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scuola_e_universita/servizi/slitta-la-riforma/slitta-la-riforma/slitta-la-riforma.html ). Ma anche il precedente governo Prodi, non è stato da meno... Ma sulla base del compromesso, spesso sistematico, si potrebbe scrivere una storia della Repubblica italiana. E magari andare storicamente anche più indietro.
Il compromesso che è uno strumento di salvaguardia della democrazia, perché se ben congegnato può evitare sbocchi antidemocratici e valorizzare il ruolo delle forze contrarie al governo in carica, può essere ex ante o ex post. Nel senso che può riguardare accordi informali tra maggioranza e opposizione (ex ante), oppure ripensamenti della maggioranza, dopo pressioni parlamentari e/o extraparlamentari (ex post). Il compromesso ex ante, può essere anche di tipo istituzionale e perciò legato a variabili ideologiche (si pensi all’espressione “costituzione repubblicana e antifascista, e alla pratica istituzionale e politica connessa). Insomma, riguardare le regole del gioco in termini di conventio ad excludendum.
Berlusconi (come abbiamo già sostenuto, ad esempio qui: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=18451 ) , appartiene pienamente a questa tradizione, anche per formazione personale (di regola l’imprenditore è portato alla mediazione politica, pur di garantire la continuità dei suoi affari ). E come mostra ancora una volta – la notizia è di oggi – il suo passo indietro sulla scuola (http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scuola_e_universita/servizi/slitta-la-riforma/slitta-la-riforma/slitta-la-riforma.html ). Ma anche il precedente governo Prodi, non è stato da meno... Ma sulla base del compromesso, spesso sistematico, si potrebbe scrivere una storia della Repubblica italiana. E magari andare storicamente anche più indietro.
Il compromesso che è uno strumento di salvaguardia della democrazia, perché se ben congegnato può evitare sbocchi antidemocratici e valorizzare il ruolo delle forze contrarie al governo in carica, può essere ex ante o ex post. Nel senso che può riguardare accordi informali tra maggioranza e opposizione (ex ante), oppure ripensamenti della maggioranza, dopo pressioni parlamentari e/o extraparlamentari (ex post). Il compromesso ex ante, può essere anche di tipo istituzionale e perciò legato a variabili ideologiche (si pensi all’espressione “costituzione repubblicana e antifascista, e alla pratica istituzionale e politica connessa). Insomma, riguardare le regole del gioco in termini di conventio ad excludendum.
Questa forma di gestione politica delle democrazia rappresentativa è stata massimamente valorizzata in Europa, soprattutto continentale, dopo il 1945, alla luce di due pericoli: a) il comunismo; b) il ritorno del fascismo, sotto varie forme, inclusa quella dell’involuzione autoritaria. Ovviamente attagliandola alle diverse realtà politiche, elettorali, sociali ed economiche.
Semplificando, il compromesso di fatto (e dunque ex ante) tra democristiani e socialdemocratici, in Germania Federale fece partire l' economia sociale di mercato e lo sviluppo. In Italia, negli anni Sessanta, uno stesso tipo di compromesso, favorì la nascita dei governi riformisti di centrosinistra, tutto sommato riformatori, rispetto alla media italiana. In genere il compromesso serve a cooptare, “svilirizzandole” le opposizioni, soprattutto se antisistemiche, ma in modo sempre più debole (sul versante sinistro, la vicenda del Pci-Pd è esemplare, come quella del Msi-PdL sul versante opposto). Un Pareto redivivo, parlerebbe di governo delle volpi...
Che giudizio politologico dare. Il compromesso funziona in condizioni di “assedio sistemico”, quando sussiste una forte minaccia esterna (si pensi al governi di salvezza nazionale a fronte di una crisi militare, economica e sociale), e dunque se a termine e pubblico. Funziona meno per lunghi periodi e in condizioni di “normalità sistemica”, perché - soprattutto se non formalizzato - finisce per impedire o condizionare il ricambio politico, istituzionale e le riforme più profonde.
Per tornare a Berlusconi, si può definire il Cavaliere una specie di astuta contraddizione vivente: ufficialmente dichiara di essere contrario a ogni compromesso, ufficiosamente, come nel caso del scuola, mostra di essere capace dell' esatto contrario. Certo, si tratta in genere di compromessi ex post, più difficili da interpretare, perché non subito evidenti.
Ma stupisce che gli osservatori non abbiano ancora capito il suo gioco. Probabilmente perché, anche a sinistra, prevale la stessa logica del compromesso ex post : prima urlare e poi mettersi d’accordo, magari, se ci si passa l’espressione, per un piatto di lenticchie.
Povera Onda.
Semplificando, il compromesso di fatto (e dunque ex ante) tra democristiani e socialdemocratici, in Germania Federale fece partire l' economia sociale di mercato e lo sviluppo. In Italia, negli anni Sessanta, uno stesso tipo di compromesso, favorì la nascita dei governi riformisti di centrosinistra, tutto sommato riformatori, rispetto alla media italiana. In genere il compromesso serve a cooptare, “svilirizzandole” le opposizioni, soprattutto se antisistemiche, ma in modo sempre più debole (sul versante sinistro, la vicenda del Pci-Pd è esemplare, come quella del Msi-PdL sul versante opposto). Un Pareto redivivo, parlerebbe di governo delle volpi...
Che giudizio politologico dare. Il compromesso funziona in condizioni di “assedio sistemico”, quando sussiste una forte minaccia esterna (si pensi al governi di salvezza nazionale a fronte di una crisi militare, economica e sociale), e dunque se a termine e pubblico. Funziona meno per lunghi periodi e in condizioni di “normalità sistemica”, perché - soprattutto se non formalizzato - finisce per impedire o condizionare il ricambio politico, istituzionale e le riforme più profonde.
Per tornare a Berlusconi, si può definire il Cavaliere una specie di astuta contraddizione vivente: ufficialmente dichiara di essere contrario a ogni compromesso, ufficiosamente, come nel caso del scuola, mostra di essere capace dell' esatto contrario. Certo, si tratta in genere di compromessi ex post, più difficili da interpretare, perché non subito evidenti.
Ma stupisce che gli osservatori non abbiano ancora capito il suo gioco. Probabilmente perché, anche a sinistra, prevale la stessa logica del compromesso ex post : prima urlare e poi mettersi d’accordo, magari, se ci si passa l’espressione, per un piatto di lenticchie.
Povera Onda.