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Il silenzio sull’uranio impoverito

di Mauro Franciolini - 19/02/2006

Fonte: Rinascita



Lo scorso novembre un altro militare italiano, che era stato in missione nei Balcani, è morto per il linfoma di Hodgkin, tumore maligno del sistema linfatico. Sale così a 40 il numero dei militari, operai e manovali italiani morti di malattia dopo essere stati in missione nei Balcani, dove erano stati utilizzati proiettili ad uranio impoverito. Tra il 1994 ed il 1995, furono esplosi quasi undicimila colpi radioattivi. In Kosovo, nel 1999, gli aerei A10 ne spararono 31.500, pari a 234 chili di uranio al minuto; oltre 14.000 proiettili rimasero sul terreno di Pec, dove furono dislocati i soldati italiani. Sul territorio della ex Yugoslavia, le incursioni “umanitarie” dei bombardieri della N.A.T.O. hanno provocato una delle più grandi catastrofi ecologiche della storia: anche a guerra conclusa le leucemie, causate dalle polveri dell’uranio impoverito, continuano a mietere vittime, soprattutto tra i bambini. Nel 1999 la prima vittima per tumore. Ad oggi, secondo i dati diffusi dell’Osservatorio Militare, i malati sono 300. L’uranio impoverito (Depleted Uranium - DU) è il prodotto di scarto, altamente tossico e radioattivo, del processo di arricchimento dell’uranio. E’ chiamato “impoverito” perché il suo contenuto di “uranio 234” fissionabile è ridotto dallo 0,7% allo 0,2% in seguito al processo di arricchimento. L’uranio impoverito ha circa il 60% della radioattività rispetto all’uranio naturale e un tempo di decadimento pari alla metà, cioè 4,5 miliardi di anni. Dopo cinquant’anni di uranio arricchito per le armi e i reattori nucleari, gli Stati Uniti d’America hanno un eccesso di 500.000 tonnellate di uranio impoverito da smaltire.
All’inizio degli anni Settanta, il governo americano cominciò a studiare delle soluzioni per smaltire il DU senza doverlo immagazzinare in reparti per scorie a bassa radioattività. Negli anni Settanta/Ottanta i test condotti, in oltre una dozzina di località americane, dimostrarono che i proiettili di calibro grande e piccolo fatti di DU, grazie al loro altissimo peso specifico, erano quanto mai efficaci nel perforare le corazze e gli edifici blindati; fu pure scoperto che incorporando il DU nelle corazze dei carri armati le si rendeva meno vulnerabili alla penetrazione dei proiettili convenzionali. Oggi esistono proiettili di piccolo calibro, tra cui quelli da 30 mm. che possono essere utilizzati dagli aerei A10 e dagli elicotteri AH-Apache, nonché munizioni per carri armati da 105 e 120 mm. che possono essere usate dagli M1 americani, dai Leopard tedeschi e dai Challenger inglesi. Il contenuto di uranio impoverito cambia con il calibro da 300 grammi fino a cinque chili. I proiettili a DU, realizzati per distruggere carri armati (la cui corazza viene bucata come fosse cartone), possiedono un’energia cinetica che, scaricata sul veicolo, provoca la morte istantanea dell’equipaggio a causa del terrificante effetto piroforico e la conseguente temperatura elevatissima. I proiettili anticarro sono costituiti da un sottile cilindro di DU in lega con lo 0,75% di titanio contenuto in un involucro di materiale più leggero. Quando il proiettile colpisce il bersaglio si frammenta per una porzione compresa tra il 10 ed 35 per cento in un aerosol di ossidi di uranio che si disperde in un’area di circa cento metri intorno al punto d’impatto. La dispersione in atmosfera dell’uranio impoverito determina, in un primo tempo, una contaminazione superficiale del suolo che, in una seconda fase, si diffonde nell’ambiente e negli alimenti. La sospensione delle polveri si posa sul terreno e con il passare del tempo (e delle condizioni ambientali) penetra fino ad intaccare in maniera irreversibile la falda acquifera oltre che il suolo. Gli animali da pascolo, poi, rischiano di mangiare erba contaminata da polveri introducendo elementi tossici nella catena alimentare. Toccare o respirare polvere dell’uranio può determinare l’insorgenza di gravi malattie: deficit del sistema immunitario; cancro a carico di tiroide, polmone o reni; leucemie; distruzione del tessuto cerebrale.