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Nascere in casa

di Giovanna Lupo - 20/02/2006

Fonte: nascereincasa.it

 


È stato normale nel nostro passato. Oggi viviamo in un’epoca di estrema medicalizzazione, dove la nascita è vista come una malattia


Nascere in casa è stato normale nel nostro passato, era normale che la partoriente fosse assistita dalle levatrici, le odierne ostetriche, che si limitavano, appunto, a “levare” il neonato dalla madre. Oggi viviamo in un’epoca di estrema medicalizzazione, dove anche la nascita, il più normale degli avvenimenti della vita, come il morire, è vista come una malattia e dove la maggior parte delle donne non crede nella sua capacità di partorire, ma pensa di avere un assoluto bisogno di assistenza medica.
Questa è la storia della nascita di una bambina, la cui madre ha creduto fortemente nelle capacità del suo corpo di concepire un figlio, farlo crescere dentro di sé e darlo alla luce.
E dopo aver fatto tutto questo … perché no, allattare.

“OK, ci siamo.
Manca ancora una settimana alla data prevista per il parto, ma questo dolorino lo conosco già ... l'ho già provato per Francesco.
So che tra un po' sarà più intenso, avrò meno tempo per riprendermi tra una contrazione e l'altra, ma non ho paura, sono rilassata.
Sono due settimane che ho una tosse molto fastidiosa: per poter dormire, Luca, mio marito, è andato in sala, sul divano, e Francesco, il mio primo figlio, che ora ha 23 mesi, in vista del parto è dai nonni, è già da qualche notte che dorme da loro. Così io sono da sola in camera da letto. La tosse non mi ha lasciato in pace fino a mezzanotte, poi devo aver dormito un poco. Verso le tre mi sveglio per le prime contrazioni. Guardo le pareti della mia camera da letto e benevolmente il mio sguardo è contraccambiato da un Crocifisso, quello colorato di Assisi, una copia di quello che parlò a San Francesco; da due quadri di Krishna e Radha comprati in India durante il nostro viaggio "fai da te" e da un quadro raffigurante "la Madre Terra".
Respiro.
Mmmm le contrazioni iniziano ad essere più forti ... ma io sono più forte di loro. Si sono fatte le sei. Tra un po' chiamo le ostetriche, ma prima mi voglio lavare e sistemare un po'.
Anche Luca viene in bagno, e quando mi trova lì, che mi lavo alle sei di mattina quando, essendo a casa in maternità, potrei dormire a oltranza (e io sono una dormigliona) ... non capisce cosa ci faccio. Non capisce neanche quando gli dico "mi sa che ci siamo" ... stava dormendo così bene! Gli ho risparmiato tre ore di travaglio e ora si trova catapultato in bagno con 'sta moglie con la faccia stravolta che inspiegabilmente si lava ad un’ora così strana per lei ... devo essere più esplicita: "Luca, sta per nascere Federica!".
Il panico gli ha modificato il viso.
Poi si è calmato, lui è uno molto calmo, siamo andati sul lettone, io mi sono messa seduta a gambe incrociate e lui mi ha abbracciata da dietro, seduto dietro di me mi abbracciava le gambe con le sue, le sue mani erano sul mio pancione, e abbiamo iniziato a respirare insieme. Poi i respiri sono diventati degli OM e, nonostante il dolore, lo ricordo come un momento bellissimo.
Verso le sette ho telefonato a Liberata, una delle ostetriche che mi ha seguita per tutta la gravidanza, sperando che ci fosse anche lei quel giorno: l'avevo sentita molto vicina e partecipe in questi nove mesi ... OK, risponde al telefono, stava dormendo anche lei. La avviso, ma le dico anche di prendersela comoda, le contrazioni sono forti e vicine, ma non ancora regolari.
Luca e io torniamo ad abbracciarci sul lettone e a fare gli OM.
Cavolo, sono le nove, qui la faccenda sta diventando seria, fa male ... vorrei l'acqua ... non l'acqua da bere, ma l'acqua che toglie il dolore. Vorrei fare la doccia, ma non oso senza di loro (le ostetriche). Durante il travaglio di parto di Francesco avevo fatto il bagno: mi aveva dato sollievo dalle contrazioni, ma le aveva anche fermate. Nel corso pre-parto fatto per la nascita di Fede ci hanno spiegato che può succedere, che il bagno faccia fermare tutto, mentre la doccia toglie il dolore ma accelera la nascita. Volevo fare la doccia.
Bene, sono arrivate; giusto il tempo di visitarmi e vedere quanto c'è di dilatazione (ero già a sei centimetri, avevamo fatto un bel lavoro) e mi fiondo nella doccia.
Bello ... sto meglio.
Avevo comprato una poltrona di plastica per l'evento, sapevo che sarebbe andata così, erano mesi che immaginavo il mio travaglio sotto la doccia.
Tenevo il getto dell'acqua calda sulla gola, per tenere caldo tutto il corpo (era Aprile); quando arrivava la contrazione spostavo il getto sulla pancia; sentivo che la contrazione c'era ancora, ma il dolore era molto più sopportabile. Non mi sentivano più lamentare. Non mi sentivano più. Io, nel mio nuovo nido di acqua e cristallo parlavo sottovoce con la creatura che stava ancora nel mio ventre e voleva vedere la luce. La sentivo che si muoveva, piano piano si stava facendo il suo spazio e si dirigeva verso l'uscita. Io la assecondavo con piccoli movimenti del bacino, la poltrona aveva i braccioli e, seppur comoda, non mi dava molto spazio per i movimenti.
A un certo punto sento voglia di spingere.
Ci siamo! Paura e eccitazione per quanto sta per accadere fanno a gara nel mio cuore, nella mia testa, in tutto il mio corpo.
Esco dalla doccia, mi asciugo e ... oh oh, ho bisogno di andare in bagno ... mi lasciate da sola un attimo?
Faccio per sedermi, spingo pochissimo ... ma si rompono le membrane ... la testa della bambina scende di colpo ... aiuto! Nasce nel water! Liberata, Luca, Isabella, aiuto, correte! Ho paura, piango ... e se batte la testa? e i microbi?
La serafica Libe mi tranquillizza ... "Sta’ tranquilla Gio, purtroppo non nascono così facilmente i bambini!".
Sono ancora riuscita a darmi una pulita nella "zona critica" e poi mi hanno aiutato a raggiungere la sala. Era irriconoscibile. Un telo di plastica da imbianchino era stato steso sul pavimento e sul divano, lenzuola candide ricoprivano tutto, un cuscino e altre lenzuola ripiegate sono stati messi nel luogo del possibile "atterraggio" della bambina. Luca si è seduto sul divano. Io mi sono inginocchiata davanti a lui e gli ho messo la testa sulle gambe, con le mani mi tenevo ai suoi fianchi. Lui mi accarezzava i capelli.

Le spinte.
Ho voglia di spingere, ho paura.
Ora interviene Isabella, l'altra ostetrica. "Non spingere Gio, soffia. Soffia con la bocca", questo me l'aveva detto anche durante la nascita di Franci, ma non l'ascoltai quella volta e la lacerazione fu brutta. Questa volta ce la posso fare. Sono a casa mia, rieso a concentrarmi meglio, non c’è il viavai di persone che ho sentito in sala parto quando è nato Francesco, non c’è fretta e, soprattutto, non c’è una flebo di ossitocina nel mio sangue. Mi devo concentrare, devo fare forza su di me per non spingere e … ce la faccio.
Soffio e una contrazione fa uscire la testa! Che sorpresa ... la vedo oltre le mie spalle, sembra avere i capelli neri e ricciolini come Franci!
Ne arriva un'altra ... soffio ... blop, escono le spalle e il pancino. E' nata!
"E' nata?" chiedo. "Ancora no ... ora spingi delicatamente" e pluf, escono il culetto e i piedini.
Io sono ancora a quattro zampe, la vedo dietro di me e mi viene da piangere ... una tenerezza infinita ... ha una pelle perlacea questa bimba, non è olivastra come suo fratello ... i paragoni sono inevitabili ... sembra scesa direttamente dalla luna ... la pelle è iridescente ... il viso è un po' stropicciato, ma nel complesso è bellissima, irradia una luce bianca e rosa ...
Ora mi fanno scavalcare il cordone ombelicale, che cosa strana (se me lo avessero detto prima che avrei partorito in quella posizione avrei risposto che non ci pensavo minimamente), così non lo tagliano subito e la piccola si adatta gentilmente al nuovo ambiente, ricevendo ancora ossigeno e nutrimento dal mio corpo, senza essere obbligata a spalancare i polmoni per respirare (è questo che accade se si taglia subito il funicolo ombelicale ed è per questo che spesso i bambini piangono alla nascita). E con questa piccola delicatezza che le è stata riservata non ha pianto, ha fatto il verso di un gattino appena uscita, poi ha spalancato i suoi occhi blu e ha iniziato a scrutare il mondo intorno a sé.
Mi hanno fatto sedere sul divano e, aspettando l'espulsione della placenta, mi hanno dato la mia piccola Federica in braccio. Io, succursale della Centrale del Latte e ormai con una buona esperienza di allattamento... l'ho attaccata subito al seno, mi è sembrato il gesto più naturale del mondo. E anche per lei è stato così, o almeno, ho avuto quella sensazione. Sembrava che si fosse allenata a ciucciare per nove mesi. Siamo state ferme così forse mezz'ora, intanto il cordone aveva smesso di pulsare e il nostro papà l'ha tagliato: è stato bello che fosse proprio lui a separarci. La placenta è uscita. Io e Fede siamo abbracciate e con gli occhi negli occhi, sembriamo di nuovo una cosa sola, come quando era dentro di me. Ma la sua presenza fisica, costante e invadentemente scatenata dentro il mio corpo mi manca già.

Foto di rito e di gruppo: mamma e bimba, mamma, bimba e ostetriche.

Il tempo passa e le ostetriche, seppure gentilissime e dolcissime, vogliono finire il loro lavoro. Mi tolgono la piccola (sigh!) per pulirla e vestirla e mi mandano a letto. Ma io ho l'adrenalina a mille ... non ce la faccio a stare a letto ... voglio pulirla io, voglio vestirla io.
Sono irremovibili ... "Gio, riposati un po', c'è qui il suo papà con noi".
Uffa ...

Me la portano nel lettone, stappiamo una bottiglia per festeggiare l'avvenimento (una goccia anche dietro le orecchie di Fede), poi i nostri due angeli custodi mettono in ordine e ci lasciano da soli: "ci vediamo domani", ci dicono, "vi lasciamo un po' alla vostra intimità".

Che bello, tutti e tre nel lettone insieme ... se solo ci fosse anche Francesco ...

Dai, avvisiamo tutti! Le nonne, i parenti, gli amici!
Quante telefonate!

Ho tanta fame, Luca mi cucina due spaghetti e io gli faccio la prima foto con Fede in braccio.

Nel pomeriggio arrivano i nonni con Franci, io mi faccio trovare con le braccia libere per accoglierlo. Poi gli presento la sua sorellina, prendendola in braccio e sedendomi di nuovo su quel divano che poche ore prima mi aveva accolto sudata ed emozionata ... per vivere quest’altra emozione: Francesco che si avvicina con i suoi grandi occhi scuri ancora più spalancati del solito, la guarda, si avvicina di più, le annusa il viso centimetro per centimetro, poi le dà un bacino e, senza dire niente, va a giocare da solo in cameretta.

L'emozione di tutti i presenti è una cosa tangibile.

Sembra una festa ... siamo tutti insieme, io, Lù, i bambini, tutti e quattro i nonni e i due zii ... viene anche il neonatologo a controllare la piccola (avevamo preso accordi già durante la gravidanza) e a confermarci l'evidenza: è sana come un pesce.

Ceniamo tutti insieme, io mangio come un lupo, altro che le minestrine dell'ospedale. Mi farà mica male? Macchè ...
Poi, finalmente, i nonni, gli zii e il medico se ne vanno e restiamo soli noi quattro. Tutti insieme nel lettone stasera. Che bella sensazione!”