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Le Nazioni Unite sono complici del massacro di Gaza?

di Omar Barghouti - 03/01/2009




Una persona amica mi ha inoltrato gli auguri di buon anno più originali: “Che il 2009 sia un anno orribile per tutti i criminali di guerra e i loro complici”. Non ho potuto fare a meno di chiedermi se alcuni alti funzionari delle Nazioni Unite possano essere messi tra questi “complici”.

Negli ultimi due giorni vari rappresentanti delle Nazioni Unite hanno dichiarato che la percentuale di civili palestinesi uccisi nell'attuale guerra di aggressione di Israele contro Gaza è di circa il “25%” e “probabilmente destinata ad aumentare”. Anche ipotizzando le migliori intenzioni, la dichiarazione di una cifra così dolorosamente bassa riflette o uno scarso lavoro di ricerca o una scandalosa incompetenza. Nel peggiore dei casi, rivela un tentativo di disinformazione e di inganno che può solo avvantaggiare la già enorme e ben oliata macchina propagandistica israeliana.

La complicità delle Nazioni Unite nella guerra di propaganda di Israele è l'ultima, benché spesso tralasciata, dimensione della profonda incapacità dell'organizzazione internazionale di difendere i propri principi, tra i quali spiccano la prevenzione della guerra e la promozione della pace, quando questo compito rischia di suscitare le ire del padrone americano e dell'influentissima lobby israeliana. Non solo il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha tradito la Carta dell'Organizzazione e tutti i principi fondamentali del diritto internazionale mancando perfino di condannare il massacro di civili e l'attacco a istituzioni civili e quartieri residenziali compiuti da Israele; l'intero sistema delle Nazioni Unite ha gestito l'aggressione come una “guerra” tra due antagonisti relativamente simmetrici, in cui il più forte ha sufficienti giustificazioni per “difendersi” ma dovrebbe farlo in modo più proporzionato, mentre il più debole è principalmente responsabile di aver innescato il “conflitto armato”.

Adesso gli alti rappresentanti dell'ONU – con l'eccezione del Relatore Speciale per i diritti umani nei Territori Occupati, Richard Falk, che è una persona coraggiosa e dai saldi principi, e pochi altri – si stanno concentrando solo sulle “donne e bambini” vittime del massacro, insinuando anche se involontariamente che tutti gli uomini palestinesi di Gaza sono un bersaglio lecito per la macchina omicida di Israele. Le decine di poliziotti palestinesi fatti a pezzi nelle prime ore del massiccio attacco dell'aviazione israeliana sono stati dunque più o meno liquidati dall'irresponsabile contabilità delle Nazioni Unite come “combattenti” dell'Hamas che potevano essere colpiti impunemente. E questo per non parlare dei tanti insegnanti, medici, operai, contadini e disoccupati uccisi dal bombardamento indiscriminato dei loro posti di lavoro, uffici pubblici, case e strade e che non sono stati inseriti nel numero delle vittime civili della baldoria omicida di Israele.

Ma soprattutto le dichiarazioni dell'ONU non solo riducono quasi mezzo milione di uomini palestinesi di quella costa misera, tormentata e occupata al rango di “militanti”, “combattenti” estremisti, o come i media occidentali incredibilmente ma tipicamente poco obiettivi preferiscono oggi chiamarli quando parlano dei crimini di guerra e contro l'umanità perpetrati a Gaza da Israele, secondo il giudizio di alcuni esperti di diritto internazionale; li trattano anche come criminali già processati e condannati che meritano la pena capitale che Israele ha loro riservato. Non sono un esperto di storia della Nazioni Unite ma credo che tutto ciò segni un nuovo minimo storico e stabilisca un precedente disumanizzando un'intera popolazione maschile adulta in una regione di “conflitto” e giustificando dunque il suo massacro o almeno tacitamente perdonandolo. Ciò non dovrebbe sorprendere nessuno, poiché questi stessi rappresentanti delle Nazioni Unite hanno sinistramente osservato in silenzio o perfino indirettamente giustificato, in un modo o nell'altro, l'assedio israeliano di Gaza che Falk ha descritto come un “preludio al genocidio” paragonandolo ai crimini nazisti.

Volendo essere magnanimi e concedere a quegli alti funzionari dell'ONU il beneficio del dubbio – e io non lo raccomando, date le proporzioni del massacro e la loro dimostrabile complicità – si potrebbe ipotizzare che non sappiano come classificare le migliaia di vittime palestinesi ferite o uccise nella guerra di Israele contro Gaza. Una rapida lettura dei comunicati stampa dell'esercito israeliano e dei rapporti delle organizzazioni dei diritti umani, tuttavia, escludono immediatamente la possibilità che la percentuale del 25% citata dalle Nazioni Unite sia la conseguenza dell'incompetenza patologica o dell'inettitudine tecnica che vengono normalmente riconosciute come marchi di fabbrica dell'organizzazione.

Un recente articolo pubblicato sul Washington Post, per esempio, citava le parole di un alto ufficiale dell'esercito israeliano: “L'Hamas ha molti aspetti e noi stiamo cercando di colpirne l'intero spettro, perché tutto è collegato e tutto sostiene il terrorismo contro Israele”. Un portavoce dell'esercito israeliano è andato oltre, dichiarando: “Tutto ciò che è affiliato all'Hamas è un bersaglio legittimo”. Dato che nel ghetto di Gaza l'Hamas è il partito di governo – dopo tutto è stato democraticamente eletto – e la sua rete di organizzazioni sociali e filantropiche è la principale fonte di servizi sociali per la popolazione assediata e impoverita, questo significa che tutte le infrastrutture civili di Gaza possono essere considerate “affiliate” all'Hamas: scuole pubbliche, ospedali, università, organi giudiziari, polizia, vigili, impianti di trattamento dei liquami e di depurazione dell'acqua, ministeri che forniscono servizi vitali alla popolazione, moschee, teatri e molte istituzioni non-governative.

Se al lettore questa può sembrare un'esagerazione, gli ricordo che nelle prime ore del primo giorno del nuovo anno l'aviazione israeliana ha già bombardato a Gaza i seguenti “bersagli”: il Consiglio Legislativo Palestinese, il Ministero dell'Istruzione e il Ministero della Giustizia. In precedenza erano state polverizzate varie moschee. Lo stesso può dirsi degli edifici principali dell'Università Islamica di Gaza, frequentata da 20.000 studenti. Non sono state risparmiate neanche le ambulanze e le abitazioni private.

Perfino B'Tselem, l'importante organizzazione dei diritti umani di Israele che spesso diffonde rapporti epurati, “equilibrati” o selettivi concentrandosi sulla condotta meno criminale di Israele nei Territori Occupati, è stata costretta a concludere che l'esercito israeliano stava mirando intenzionalmente a “ciò che appaiono chiaramente come bersagli civili” “non impegnati in un'azione militare contro Israele”, senza fare distinzione tra civili di sesso maschile e femminile. In un rapporto dell'organizzazione diffuso il 31 dicembre stava scritto:

Per esempio l'esercito ha bombardato l'edificio della polizia a Gaza uccidendo, a quanto risulta, 42 palestinesi che frequentavano un corso di addestramento e si trovavano in formazione al momento del bombardamento. I partecipanti al corso studiano primo soccorso, gestione dei disordini, diritti umani, protezione civile e via dicendo. Dopo il corso gli agenti vengono assegnati ai vari corpi di polizia di Gaza responsabili del mantenimento dell'ordine pubblico.

Un altro esempio è il bombardamento di ieri delle sedi del governo. Tra queste il Ministero degli Esteri e il Ministero del Lavoro, dell'Edilizia e delle Abitazioni. Un annuncio fatto dall'Ufficio del portavoce [dell'esercito israeliano] a proposito di questo attacco dichiarava che “L'attacco era una risposta al lancio di razzi e di proiettili di mortaio effettuato dall'Hamas sul territorio israeliano, e rientrava nell'ambito di operazioni [dell'esercito israeliano] per colpire le infrastrutture governative dell'Hamas e membri attivi nell'organizzazione”.

Per convincere il lettore medio occidentale che potrebbe aver interiorizzato in tutti questi anni la percezione degli israeliani – erroneamente e deliberatamente descritti dalla propaganda occidentale ed israeliana come parte dell'“Occidente” – come esseri umani a tutti gli effetti e dei palestinesi come solo relativamente umani (come quasi tutte le popolazioni del sud del mondo) forse è necessario rovesciare la situazione.

Pensate se la resistenza palestinese, nell'esercitare il suo diritto peraltro perfettamente legittimato e sancito dalle Nazioni Unite di combattere l'occupazione e l'apartheid israeliani, dovesse considerare tutte le istituzioni “affiliate” al governo israeliano come bersagli legittimi, giustificando il bombardamento di università, ospedali, ministeri, sinagoghe, aree in cui vivono membri dell'esercito o del governo e altri “bersagli” civili, uccidendo in soli cinque giorni 1600 israeliani e ferendone 8000 (quattro volte l'attuale bilancio delle vittime a Gaza, visto che la popolazione di Israele è quattro volte più grande). Cosa farebbero le Nazioni Unite? Conterebbero solo le donne e i bambini? Solleciterebbero entrambe le parti a “esercitare moderazione” o a “porre fine alla violenza”?
E si pensi che moralmente, e anche legalmente, i ruoli non sono perfettamente invertiti, perché Israele resta comunque l'occupante e oppressore coloniale, mentre i palestinesi autoctoni restano i colonizzati e oppressi.

La verità è che la dirigenza delle Nazioni Unite, nel mondo unipolare in cui ancora viviamo e che forse si sta trasformando in uno spazio multipolare, si limita ad avallare i precetti statunitensi. Ban Ki-moon verrà ricordato come il Segretario Generale più remissivo e meno moralmente qualificato che abbia mai guidato l'organizzazione internazionale. Resta solo da vedere se un giorno lui e i suoi colleghi verranno incriminati per complicità nei crimini di guerra di Israele insieme ai leader degli Stati Uniti, dell'Unione Europea e di molti regimi arabi. In un mondo più giusto, governato dallo stato di diritto e non dalla legge della giungla imposta dagli Stati Uniti, dovrebbe essere così.

Originale da:
Is the UN complicit in Israel's massacre in Gaza?

Articolo originale pubblicato il 1° gennaio 2009

Manuela Vittorelli è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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