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Nessun accordo all'ONU, ma si allarga l'attacco a Gaza

di Stefania Pavone - 08/01/2009

 
 

Le più grandi speranze diplomatiche si sono arrestate di colpo quando il Presidente francese di turno all’ONU, Kouchner, nonostante grandi sforzi in tutte le direzioni, non è riuscito a trovare un accordo di nessun tipo in seno al Consiglio di sicurezza. La crisi di Gaza rimane una crisi netta e vede annunciarsi, nei suoi fallimenti politici, sempre più lo stallo pauroso della diplomazia mondiale. Tutto mentre le esili speranze della popolazione palestinese si attaccano al filo di tre ore di una tregua concessa da Israele per prendere aiuti alimentari e cercare parenti. I documenti sul tavolo dell’Onu sono due: una bozza della Libia e quella della cosiddetta “dichiarazione presidenziale”, presentato dalla Francia e che deve essere approvato all’unanimità. Kouchner, assieme alla Rice al segretario del Foreign Office David Millibrand e ai suoi colleghi americano e britannico, ha incontrato i capi diplomatici dei paesi arabi per gettare le basi di un cessate il fuoco duraturo e permanente, come va di moda dire da qualche giorno, tra Israele e Hamas.

Il processo di pace, a questo punto, potrà essere rilanciato? Il testo francese fa leva sulla questione umanitaria, sull’appoggio all’iniziativa diplomatica avviata da Hosni Mubarak e da Sarkozy e sulla volontà di offrire delle contropartite reali ai ministri arabi a New York. Secondo fonti diplomatiche europee, gli Stati Uniti temono un cessate il fuoco troppo fragile senza forti garanzie sulla fine del lancio dei missili da parte di Hamas a la suo riarmo. L’attivismo di Sarkozy ha messo questa volta in secondo piano gli americani. Che chiedono, per bocca del loro ambasciatore, Zalmay Khalizad, “una pausa di riflessione” su una bozza che non trova d’accordo qualche paese.

L’entourage del Segretario di Stato, Rice, ha fatto pressioni su Tzipi Livni e Olmert per un accordo di massima sul testo. Accordo che ci sarebbe. Mentre la bozza libica, appoggiata dai paesi arabi, appare troppo antisraeliana, giacché presuppone il ritiro senza condizioni delle forze israeliane da Gaza. “Non siamo alla ricerca di un cessate il fuoco, ma di una cessazione del terrore” ha dichiarato, intanto, il presidente israeliano, Shimon Peres. "Israele - diffonde una nota - è favorevole alla proposta di tregua franco- egiziana per giungere ad una soluzione diplomatica del conflitto". L’Ufficio del premier Olmert, infatti, ha ammesso di vedere con favore il dialogo con l’Egitto, per porre fine “al terrorismo e al contrabbando di armi nella Striscia di Gaza.” Già da oggi, al Cairo potrebbero recarsi due inviati israeliani.

Ma tre ore sono poche, il pomeriggio a Gaza City gronda sangue. Sarebbero ripresi gli scontri, come nulla fosse, tra israeliani e milizie di Hamas. Ancora una volta -come è chiaro fin dagli esordi - in questa sporca guerra le vittime sono civili: tre i bambini morti. Lo riferiscono testimoni palestinesi nel campo profughi di Jabaliya. La decisione della tregua di tre ore si aggiunge a quanto è accaduto ieri dal gabinetto di sicurezza israeliano. Si è discusso a lungo circa estensione dell’offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza. In ballo, la terza fase della guerra. Pare che l’operazione “piombo fuso” allungherà la propria macabra ombra sulla gente palestinese in operazioni terrestri “che allargheranno l’offensiva penetrando avanti in zone popolate”, dicono gli israeliani.

E mentre questa e altre atrocità costellano i balletti politici e militari di questa guerra, pian piano la ragnatela delle menzogne di guerra inaugurate dalla propaganda israeliana si smaglia in più punti. Infatti l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi, ha smentito che ci fossero miliziani palestinesi nella scuola di al Fouknal di Jabalya, dove oltre 40 persone sono rimaste uccise dal fuoco di mortai israeliani. E l’ospedale Shifa smentisce che alcuni dirigenti di Hamas avrebbero trovato rifugio nei suoi sotterranei. Ma è difficile appurare la verità sui fatti: Israele ha bandito tutti i giornalisti dai teatri di guerra.

Cinquecento cronisti sono asserragliati ora sulle colline di Sredot e vedono solo colonne di fumo. Ma la forza delle cose aggira anche la dura censura israeliana. Ad oggi il numero dei morti è una triste progressione di numeri. Sono 680 i deceduti palestinesi e altri tremila i feriti. Una carneficina che allarma anche il Vaticano: il Cardinale Martino dichiara che Gaza assomiglia sempre di più ad un lager. Intanto Obama riemerge da un lungo silenzio e annuncia di voler prendere decisioni solo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. Gaza preoccupa necessariamente anche lui.