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A cosa serve l’Onu?

di Paolo Emiliani - 21/02/2006

Fonte: Rinascita

 


A cosa serve l’Onu?
Questa domanda è più che legittima, soprattutto dopo le reazioni americane alle dichiarazioni del segretario generale Kofi Annan, che senza mezzi termini aveva chiesto a Washington la chiusura del lager di Guantanamo.
Il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, è stato chiarissimo: “l’indicazione di Annan non potrà essere di certo accolta”, perché, secondo gli americani “i prigionieri sono terroristi”.
Il portavoce yankee ha poi rincarato la dose affermando che “l’indagine appena conclusa discredita le Nazioni Unite, che dovrebbero lavorare seriamente”.
Due, sostanzialmente, le critiche di metodo avanzate da McClelland. Innanzitutto, il rifiuto dell’Onu all’invito di visitare Guantanamo. “Gli abbiamo offerto gli stessi accessi che diamo ai leader del Congresso, ma hanno rifiutato – ha detto McClellan - il risultato è che hanno ripreso vecchie accuse fatte dagli avvocati che rappresentano alcuni detenuti”.
Come se fosse necessario visitare Guantanamo per riconoscere subito il carattere disumano di quelle detenzioni. Le gabbie sono poi una realtà non confutata nemmeno dagli stessi americani e questo, da solo, sarebbe sufficiente per la chiusura del lager.
I cinque esperti del Palazzo di Vetro hanno comunque fatto sapere di non aver visitato Guantanamo perché “era stato impedito loro di parlare con i detenuti” .
La seconda motivazione di McClellan, se possibile, è ancor più ridicola della prima e riguarda la presunta pericolosità dei detenuti che non sarebbe stata considerata dal documento dell’Onu.
“Ci sono pericolosi terroristi a Guantanamo, gente pronta a uccidere civili innocenti e innocenti americani”, ha sottolineato McClelland.
Anche ammesso che sia così, la colpevolezza dovrebbe essere dimostrata in un regolare processo, ma nessuno di quei detenuti è stato mai processato e la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva dovrebbe essere uno dei caposaldi di quella civiltà che gli americani vorrebbero esportare in tutto il mondo con le bombe.
Fatto sta che ora si apre uno scenario assai scomodo per l’Onu.
Se gli americani, come ormai appare del tutto evidente, non accetteranno di smantellare la prigione di Guantanamo l’organizzazione dovrebbe procedere con una risoluzione di condanna, che sicuramente sarebbe neutralizzata dal diritto di veto americano in Consiglio di Sicurezza. In ogni caso l’assemblea generale potrebbe richiedere sanzioni contro gli Stati Uniti, eventualità poco probabile, viste le condizioni di sudditanza di gran parte degli Stati membri.
Poi, anche ammesso che si giungesse ad un qualche provvedimento, questo verrebbe disatteso da Washington, come è stato, per esempio, per le numerose risoluzioni di condanna nei confronti dell’entità sionista, alle quali non sono mai seguiti fatti concreti da parte della comunità internazionale.
Kofi Annan, per non cadere nel ridicolo, potrebbe infine fare una indecorosa marcia indietro, magari accettando irrisorie e fittizie concessioni americane, ma questo non farebbe altro che mostrare ulteriormente la totale mancanza di indipendenza del Palazzo di Vetro.
Tutto questo dovrebbe imporre una completa rivisitazione dell’Onu, non soltanto modifiche parziali, come il ventilato allargamento dei membri permanenti al Consiglio di Sicurezza con l’ingresso della Germania.
Se vediamo la stessa storia dell’Onu troviamo già in essa il vizio di fondo.
L’organizzazione delle nazioni unite, nata dalle ceneri di quella Società delle Nazioni creata alla fine della prima guerra mondiale, fu fondata a San Francisco nel giugno del 1945 ovvero mentre era ancora in corso la seconda guerra mondiale, seppur al suo termine.
L’infame massacro nucleare di Hiroshima e Nagasaki doveva ancora essere compiuto, ma i vincitori della guerra erano già pronti a creare lo strumento che sarebbe dovuto servire per garantire il loro dominio sulla realtà post bellica.
Non a caso i membri permanenti del consiglio di sicurezza con diritto di veto (la norma prevede che in consiglio di sicurezza ci sia bisogno di una maggioranza qualificata comunque composta da tutti e cinque i membri permanenti) sono le potenze vincitrici della guerra: Usa, Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica (ora Russia) e Cina.
Passati oltre sessanta anni dalla fine del conflitto, con una realtà geopolitica assai mutata rispetto ad allora (per esempio la completa fine dei domini coloniali e la nascita di tante nuove nazioni, soprattutto in Africa) sarebbe utile creare una nuova organizzazione tra le nazioni che non sia più fondata sulle vecchie predominanze, ma che metta al centro di tutto il diritto di ogni popolo alla sua sovranità nazionale.
Il fatto è che se fosse già esistente una nuova Onu così concepita non si sarebbero mai potute promuovere le recenti guerre atlantiche.
La prima aggressione all’Iraq fu benedetta dall’Onu, mentre la guerra atlantica contro la Jugoslavia, consumata sotto l’ombrello della Nato, fu comunque tollerata dal Palazzo di Vetro, che non assunse alcuna forma di condanna verso gli assalitori.
Una vera Onu non sarebbe poi stata inerme davanti alla costruzione dell’infame muro sionista, che sta trasformando la Palestina in un immenso lager a cielo aperto e certo non avrebbe tollerato le torture di Abu Grahib, le mostruosità di Guantanamo o i voli della Cia con veri e propri rapimenti di oppositori politici, crimini già oggi sanzionabili dal diritto internazionale e da quello dei singoli stati sui quali gli aerei della morte hanno fatto scalo.
Non esiste però attualmente nessuna possibilità per creare una nuova Onu: le nazioni economicamente più forti, quelle che hanno tradizione di civiltà e storia sono oggi quasi tutte governate da fiduciari atlantici.
L’Italia, governata da Berlusconi o da Prodi poco cambierebbe, non entrerebbe mai nello schieramento dei “non allineati” a Washington.
Solo la Russia e la Cina tra le grandi potenze sono oggi svincolate dal potere atlantico.
Ed i governi coraggiosi che attualmente nel mondo oggi difendono la loro sovranità, Iran, Cuba o Venezuela per esempio, oggi sono impegnati a difendere la loro stessa sopravvivenza per farsi promotori di iniziative di questo genere.
Anche se va detto che proprio il Venezuela di Chavez si sta impegnando per realizzare una grande alleanza tra le nazioni dell’America Latina, quella parte del mondo che da sempre Washington considera come “il cortile di casa”.
In pratica attualmente l’Onu è un inutile istituto e le sue attività non possono produrre alcun effetto benefico, soltanto approvare le malefatte degli arroganti sceriffi del pianeta.
Solo un evento eccezionale potrebbe essere stimolo per un grande cambiamento.
Ma questo può essere previsto in un futuro relativamente prossimo. Il sistema capitalistico sta infatti navigando verso la sua implosione: la sua stessa sopravvivenza oggi avviene soltanto al prezzo di sempre nuovi e più selvaggi sfruttamenti di intere regioni sottratte alla sovranità di governi espressione dei popoli.
L’Occidente può mantenere la sua ricchezza fasulla, fondata sul dollaro e sull’euro, monete virtuali che hanno un valore soltanto convenzionale, solamente predando le risorse del resto del mondo ed a fronte di un limitatissimo numero di ricchi cresce ogni giorno a dismisura l’esercito dei disperati. Nelle stesse nazioni occidentali cresce la miseria. Negli Usa il 20% della popolazione è povera ed il 5% è indigente.
Quando il sistema crollerà e terminerà lo strapotere militare americano si potranno azzerare le carte e solo allora costruire la nuova Onu, dove i popoli avranno voce con pari dignità.
Fino a quel momento non resta che solidarizzare con quei coraggiosi che in varie parti del mondo combattono per la libertà di tutti noi.