Il 17 gennaio, il Primo Ministro israeliano Ehud Olmert ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale, dove Israele arresterà i suoi attacchi, ma continuerà la sua presenza militare. "Abbiamo incontrato e perfino abbiamo superato i nostri obiettivi", ha dichiarato Olmert, ringraziando il pubblico israeliano per il supporto continuo nei 22 giorni d'assalto violento a Gaza. A quelli che prestano la minima attenzione agli sviluppi di tale guerra, questa è una dichiarazione imbarazzante. È evidente che Israele ha dichiarato che gli obiettivi di questa guerra devono ancora essere realizzati. I razzi vengono ancora lanciati da Gaza e l'obiettivo di "quiete durevole e continuo nel sud" non è stato raggiunto. Hamas rimane attiva nella striscia e, così com'è, non sembra perdere il significativo sostegno nel suo collegio elettorale palestinese. Inoltre, mentre Hamas ha cambiato il suo atteggiamento politico verso Israele durante i 3 anni scorsi, non ha alterato significativamente la propria piattaforma durante la guerra di tre settimane a Gaza. Certo, Israele è riuscito a distruggere un certo numero di tunnel sotterranei a nord e a sud di Gaza - e con essi gli innumerevoli quartieri vicini densamente popolate dai civili - ma per quanto ci sia l’assedio della striscia, non v’è l’assicurazione che non riapriranno più. Peggio ancora, la reputazione internazionale di Israele ha sofferto, dove milioni di persone oltraggiate, nelle comunità di tutto il mondo, hanno manifestato per le strade la loro repulsione per l'assalto brutale, richiedendo che i rapporti diplomatici dei loro governi fossero tagliati e facessero pressioni politiche sull'istituzione sionista. Ed alcuni governi l’hanno fatto.
Il Venezuela ha espulso l'ambasciatore di Israele il 6 gennaio per protestare contro l'offensiva a Gaza, alcune ore dopo che il presidente Hugo Chavez descrivesse gli attacchi a Gaza come un "olocausto".
La Bolivia ha seguito l’esempio, tagliando i rapporti diplomatici con Israele il 14 gennaio, con il presidente Evo Morales che dichiarava la sua intenzione a " fare scontare il genocidio agli alti ufficiali israeliani, presso il Tribunale Penale internazionale”.
Il presidente siriano Bashar Al-Assad ha ritenuto non valide le iniziative arabe del 2002 per consolidare la pace, appoggiate da tutti i 22 membri della Lega Araba ed ha annunciato la cessazione dei propri colloqui diplomatici con Israele. La richiesta di Assad per un boicottaggio arabo completo d'Israele è stata seguita dalla Mauritania e dal Qatar il 16 gennaio, che hanno dichiarato la sospensione dei loro legami economici/politici con Israele per protesta contro l'attacco militare a Gaza.
Anche la Turchia, il più grande alleato di Israele nella regione e mediatore nei relativi colloqui di pace con la Siria, denominava le azioni di Israele un "crimine contro l’umanità" Il Primo Ministro Erdogan è giunto a dichiarare che "Israele dovrebbe essere escluso dalle Nazioni Unite, poiché ignora le richieste internazionali per la sospensione degli attacchi" e l'unione degli operatori turchi, affiliata al ministero dell’agricoltura turco, ha annunciato un embargo finanziario contro Israele.
Sembra che Israele abbia perso. Non è riuscito a raggiungere la maggior parte degli obiettivi dichiarati. Ma l’attacco militare d’Israele non interessa solo il "Problema" palestinese, ma ha ampie implicazioni regionali per ogni possibile futuro ingaggio politico o militare con l'Iran. "Dovremmo lavorare per punire tutti membri "dell'asse del male…”, ha detto Olmert, quando ha annunciato il cessate il fuoco, "Hamas è stato sostenuto dall'Iran, che oltre a provare a realizzare l'egemonia regionale sta provando a consolidare il suo potere a Gaza."
Se l'assalto violento di Gaza viene osservato nel contesto del rapporto rischioso di Israele con l'Iran, emerge un messaggio completo alla Repubblica islamica, rappresentando la contraddizione apparente fra gli obiettivi dichiarati d’Israele e le sue realizzazioni. Un'occhiata rapida agli incidenti umani, politici e diplomatici, della guerra con Gaza, descrive il messaggio d’Israele alla Repubblica islamica ed ai suoi alleati:
Israele ha il controllo della leadership nazionale palestinese Israele crede che abbia indebolito il governo e l'espansione di Hamas, e la presenza dell’Iran a Gaza. In cambio, ha consolidato il suo sostegno al Premier palestinese, Mahmoud Abbas, la cui cooperazione con l'infrastruttura politica e militare israeliana ha persino sorpreso i membri maggiori di Fatah, della propria amministrazione. Allo stesso tempo, l'Israele ha delegittimato con successo il partito del premier Abbas, Fatah, per le strade palestinesi. Essendo in prima fila nell’incolpare Hamas per il massacro a Gaza, Abbas è descritto continuamente come un cadavere politico. Usando le forze dell’autorità palestinese per rompere violentemente le proteste contro l'offensiva israeliana nella West Bank, a causa della presenza di alcuni sostenitori di Hamas, disponendo la polizia e le forze speciali nei luoghi pubblici, o non riuscendo ad assistere al summit di Doha, patrocinata dal Qatar, a causa della pressione d'Israele e degli USA, Abbas ha intensificato la crisi di fiducia fra i palestinesi e la loro direzione.
L'assalto violento di Gaza ha diviso il destino di Abbas da quello di Hamas. Non è più il caso che la sconfitta di Hamas sarà la vittoria di Abbas. Mentre le possibilità di Hamas sono limitate ed il suo regime parzialmente operativo, l'ala militare del gruppo ha ancora abbastanza mezzi per impedire Fatah dal tentare un colpo. Inoltre, con il supporto iraniano e la protezione politica del pubblico palestinese, Hamas potrà riprendersi; così com'è il progetto nazionale palestinese è bloccato. Israele ha generato con successo un vuoto di potere, dove ogni figura nazionale palestinese potenzialmente emergente manca di peso politico sia nella nazione palestinese che nella comunità internazionale. E senza direzione palestinese, vi è poca speranza di far terminare l'occupazione.
Israele ha forti alleati nel mondo arabo
Il massacro a Gaza ha dimostrato il miraggio dell’unità araba. Recentemente, la battaglia dei summit fra gli schieramenti Qataro-Siriani e Saudo-Egiziani ha rivelato spaccature politiche ed ideologiche profonde - indicate spesso come "Guerra Fredda Araba." Volendo tagliare i rapporti diplomatici ed economici, il primo adotta una posizione ideologica più forte contro l'occupazione israeliana, riconoscendo la necessità di affrontare le questioni con un indirizzo finale e includendo Hamas nel processo politico. Invece, col tentativo d'assicurare la loro leadership sul mondo arabo il campo Saudo-Egiziano ridimensiona l'occupazione, concentrandosi sulla ricostruzione di Gaza nell'ambito dei termini israeliani, invece di trattare le più vaste questioni politiche. La loro riluttanza ad includere Hamas nel processo politico è, inoltre, un'indicazione della paventata minaccia da parte dell'alleanza Saudi-Egiziana della presenza iraniana nella regione. Le critiche dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, dirette contro la passività araba di fronte ad "genocidio" unico, sono echeggiate per le strade arabe, come le domande per una pressione economica e diplomatica su Israele, come minimo. In risposta, questa alleanza dei cosiddetti "moderati" - L'Egitto, l'Arabia Saudita, la Giordania ed la PA - stanno conducendo una linea strategica contro Hamas, come componente di quella più vasta della lotta Israele-Stati Uniti contro l'Iran. Quindi, la piattaforma Saudo-Egiziana s’è adattata soprattutto sugli interessi americani ed israeliani, composta da una risoluzione moderata di cessate il fuoco dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e da un interesse nell'assicurarsi che Hamas dipenda dalla benevolenza dell’Egitto. Come dichiarato dal presidente egiziano Hosni Mubarak, "chiunque vuole contribuire ed inoltre vedere fruttare il proprio contributo dovrà passare attraverso il Cairo o l'autorità palestinese di Ramallah." È certo che Washington e Tel Aviv dovranno essere inclusi in questa lista.
Il sostegno americano ad Israele è incrollabile, come al solito
Il sostegno inesorabile americano ad Israele non è nulla di nuovo. Al culmine del genocidio organizzato da Israele di Gaza, il ministro degli Stati Uniti, Condoleezza Rice, ha firmato un accordo militare con il ministro degli affari esteri israeliano Tzipi Livni, che fornisce una serie di punti con cui i due alleati limiteranno il flusso di armi ed esplosivi a Gaza.
L'Iran è all'ordine del giorno. Progettato per "accertarsi che Hamas non possa essere rifornito via mare, terra o aria", il patto richiede l'uso di varie risorse internazionali e politiche degli Stati Uniti e d'Israele, per limitare l'accesso alla striscia. In questo memorandum d'intesa, gli Stati Uniti s’impegnano a "un lavoro in cooperazione con i vicini ed in parallelo con altri, nel lavoro della comunità internazionale… a un lavoro della NATO e degli alleati regionali… con i governi regionali per aumentare la sicurezza degli Stati Uniti e la cooperazione d’intelligence… assicurare l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sull’antiterrorismo, fondendo le forze navali della coalizione ed internazionali e di altre entità appropriate nell’indirizzate le armi a Gaza."
Oltre che il supporto assoluto dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, dalla NATO e dai governi regionali, il memorandum minaccia gli iraniani con un intensificato regime di sanzioni: "Aumento delle sanzioni internazionali e degli attuali meccanismi di esecuzione contro la fornitura di materiale di supporto a Hamas ed altre organizzazioni del terrorista, includente con una risposta internazionale a quegli stati, come l'Iran, che sono determinati a essere le fonti di rifornimento di esplosivi ed armi di Gaza."
La compilazione degli strumenti diplomatici, politici e militari elencati nel patto è un'indicazione delle sensibilità israeliane sull’insicurezza nel confrontarsi con la Repubblica islamica e di ansia per una relativa normalizzazione dei rapporti iraniani con gli Stati Uniti, nell'ambito dell’amministrazione di Obama. Livni, a lungo ha messo in guardia contro un dialogo aperto con l'Iran, sostenendo la linea dura sul problema nucleare iraniano. Ma con la dipartita dell’imperialista Bush e l'arrivo di Obama, l'America sta sforzandosi per un maggior aggancio diplomatico con la Siria e l'Iran. La normalizzazione con l'Iran opera direttamente contro gli interessi israeliani, peggio ancora, aggravata dalle potenziali perdite finanziarie dovute all'ingresso di un altro alleato degli USA nella regione; e lo sguardo occidentale potrebbe volgersi dal trentennale regime iraniano al sistema di segregazione d’Israele, vecchio di 60 anni.
Israele ha forti alleati europei Olmert il 17 gennaio ha chiarito nel suo discorso: senza l'assalto violento a Gaza, Israele non avrebbe ricevuto molti appoggi diplomatici. Subito dopo che un cessate il fuoco unilaterale è stato annunciato da Israele, e prima che persino fosse instaurato, un’incredibile assemblea di capi dell’UE, assieme a Olmert, Abbas e al segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è riunita in Egitto, elogiando Israele per la sua decisione. Giurando "d'impegnarsi a non nuocere mai la sicurezza d’Israele", l'iniziativa europea del premier Sarkozy, inoltre, ha espresso la sua volontà a "fornire gli osservatori per impedire il contrabbando di armi a Gaza e per assicurare di fornire la tecnologia per individuare i tunnel del contrabbando"; e malgrado il numero terribile di danni, l'UE ha detto: "nessuna ricostruzione sotto Hamas."
La continua riluttanza dell'UE a rivolgersi direttamente ad Hamas, porta il movimento nazionale palestinese di nuovo alla casella iniziale. Inoltre, la difficile gestione dell’EU di questa guerra, va di parallelo alla sua omissione nel condannare la discriminazione legale d’Israele contro i suoi cittadini arabi e la brutale repressione delle proteste e del dissenso dei Palestinesi della West Bank – che si sono intensificate durante le operazioni di Gaza. Questa guerra ha indicato la diffusione di una forte epidemia pro-Israele in Europa, con gli stati che osservano lo svilupparsi di un rapporto con lo "Stato" ebraico, simile a quello degli Stati Uniti.
Per concludere, Israele ha affossato le Nazioni Unite ed il diritto internazionale Ciò che è rimasto dell’integrità delle Nazioni Unite e delle sue istituzioni, dopo che le guerre degli USA contro l’Afghanistan e l’Irak, s’è dissolto con il blitzkrieg di Gaza. Israele ha attaccato Gaza senza il permesso del Consiglio di sicurezza dell’ONU; ha impiegato una forza sproporzionata durante i 22 giorni di assalto violento, utilizzando armi sperimentali e bombardando quartieri civili densamente popolati, edifici, centri dei media, moschee, scuole e convogli di aiuti dell’ONU, con conseguente drammatico numero di perdite.
Certo, Israele ha ricevuto una forte condanna da determinate prominenti figure politiche delle Nazioni Unite. Con gli attacchi israeliani ripetuti ai siti dell’ONU John Ging, il direttore degli aiuti dell’ONU e funzionario dell'agenzia nella striscia di Gaza, ha detto: "Non ho fiducia alcuna in essi [le assicurazioni dell'esercito israeliano] sulla sicurezza dei civili, in base al loro operato passato."
La repulsione per il record delle violazioni d’Israele, inoltre, è echeggiata dal presidente dell'assemblea generale delle Nazioni Unite, Miguel d'Escoto Brockmann, che ha notato: "Mi sembra ironico che Israele, uno stato che, più di qualsiasi altro, deve la sua esistenza stessa ad una risoluzione dell'assemblea generale, sia così sdegnato dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. La dichiarazione recente del Primo Ministro Olmert disconosce l'autorità della risoluzione 1860 del Consiglio di Sicurezza e indica chiaramente Israele come uno stato che disprezza il diritto internazionale e "le Nazioni Unite”. Brockmann, inoltre, ha condannato la complicità internazionale nel trattare la questione palestinese, precisando il malfunzionamento delle Nazioni Unite: "Ma v’è ancora un'altra violazione - una in cui, come Nazioni Unite, siamo direttamente complici. Il blocco di Gaza, che ora sta giungendo ai 19 mesi, è stato direttamente responsabile della diffusa crisi umanitaria a Gaza, anche prima che l'assalto israeliano attuale cominciasse… Tuttavia il blocco è stato firmato almeno tacitamente, dai potenti raggruppati nel quartetto, mettendo questa organizzazione in un ruolo dubbio ed in violazione dei nostri obblighi verso la Carta e la legge internazionale." Tuttavia, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che richiede un "immediato e durevole cessate-il-fuoco da rispettare completamente”, è stata ignorata platealmente nella guerra d’Israele con Gaza, che è cominciata come si è conclusa: unilateralmente.
Mentre le critiche di Brockmann del sistema internazionale sono state riflesse dal disprezzo d’Israele per le risoluzioni dell’NU, è improbabile che le potenze occidentali adottino il suo rimedio per una "diplomazia seria e rapida anziché le false promesse.” Invece, un Goliath gigante ha lanciato la sua macchina da guerra contro un piccolissimo, affamato ed oppresso David ed il mondo non ha reagito. E ancora non lo fa. Ciò è il precedente a cui i politici israeliani si riferiranno negli impegni militari futuri.
Naturalmente, chi conosce la storia dello stato ebraico sa che questo è stato l'argomento per oltre 60 anni, anche prima dell'alba della Repubblica islamica. Ma finché la montante rabbia di coloro che sono testimoni di questo, ed altri, lenti genocidi, non provocherà una rapida reazione collettiva per le piazze, a cui i politici ed i capi soccombano, i popoli della regione continueranno a soffrire.
*Shourideh C. Molavi scrive su e dalla Palestina, e vive a Toronto. Fonte: Global Research, 21 Gennaio 2009 Socialist Project e-bulletin, No. 182
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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