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Dalle bombe alle balle (del Corriere e di Liberazione)

di Germano Monti* - 23/01/2009




Sembra proprio che ai Palestinesi della Striscia di Gaza, dopo essere stati seppelliti dalle macerie delle loro case, delle loro scuole e dei loro ospedali bombardati dall’aviazione e dall’artiglieria di Israele, tocchi ora essere seppelliti anche dalla valanga di disinformazione condotta, in perfetto stile bipartisan, dal quotidiano più filo sionista (il Corriere della Sera) e dal “giornale comunista” Liberazione, il cui cambio di direzione si conferma ogni giorno che passa come un semplice passaggio del fucile da una spalla all’altra, per usare la celebre metafora di Gianni Agnelli.
Dal Corrierone on line del 22 gennaio apprendiamo che le vittime dei bombardamenti israeliani potrebbero essere molte meno di quanto pensavamo, essendo stati tutti noi indotti in errore dalla propaganda terroristica di Hamas, rilanciata – ingenuamente o colpevolmente – dalle agenzie dell’O.N.U. e della Croce Rossa.

Stando a quel che scrive Lorenzo Cremonesi, citando un anonimo medico dell’ospedale Al Shifa, «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», quindi meno della metà degli oltre 1.300 dati per certi da tutte le agenzie (a cui si aggiungono gli oltre 5.000 feriti e quelli che ancora giacciono sotto le macerie). A riscontro delle sue fonti mediche anonime, Cremonesi porta la descrizione degli ospedali di Gaza, che sarebbero non solo lontanissimi dal collasso, ma addirittura semivuoti! Leggere per credere: “Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre”. A leggere questi dati, e pensando alla situazione degli ospedali italiani, viene voglia di chiedere di essere ricoverati in un ospedale di Gaza, dove si starebbe meglio che in una clinica svizzera, nonostante la propaganda terroristica condotta da noti militanti di Hamas quali, fra gli altri, Vittorio Arrigoni (free lance e pacifista italiano), John Ging (direttore dell’agenzia O.N.U. per i rifugiati) e Mads Gilbert, anestesista norvegese. Quest’ultimo, in particolare, ha spinto il suo zelo propagandistico anti israeliano fino a farsi intervistare diverse volte, fra un’operazione e l’altra, da Al Jazeera, emittente araba e dunque automaticamente filo Hamas, ma anche da quotidiani europei, quali i tedeschi Sueddeutsche Zeitung e Tagesspiegel, ai quali il perfido anestesista, lo scorso 6 gennaio, faceva credere che “La situazione nell'ospedale Schifa di Gaza, il piu' grande della Striscia con 590 letti, e' catastrofica, con i chirurghi che operano a ritmo continuo. (…) I corridoi sono pieni di persone mutilate, ho perso il conto delle amputazioni. Oggi (ieri per chi legge, ndr) sono state colpite due ambulanze e due sanitari sono rimasti uccisi, colpiti intenzionalmente. (…) C'e' stato un attacco a un mercato ortofrutticolo di Gaza con molti morti e feriti, dei 210 feriti arrivati in ospedale, 35 sono morti al pronto soccorso. Tra i morti ci sono 18 bambini con meno di nove anni. Ho amputato la mano di un bambino che ha perso 11 familiari". Non contento, il fondamentalista islamico norvegese, assistito da un connazionale complice, il sedicente chirurgo Erik Fosse, nella stessa intervista sosteneva che "il 30 per cento dei morti e il 45 per cento dei feriti sono donne e bambini. I bambini morti sono 117 e quelli feriti 744. Tutti i vetri dell'ospedale sono in frantumi e abbiamo una temperatura di 7 gradi, con i pazienti che tremano di freddo, cosi' come i medici e gli infermieri".

Nel suo articolo, Cremonesi cita anche l’ospedale Shifa, per dire che “resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito” e che, anzi, ha sempre avuto tanto spazio a disposizione che «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», come gli avrebbero detto i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. Stranamente, però, sul sito di quell’organizzazione (i cui militanti hanno combattuto a Gaza a fianco di quelli di Hamas e delle altre fazioni palestinesi contro i militari israeliani), non c’è la minima traccia di quanto asserito nell’articolo del Corriere della Sera e, cosa ancora più interessante, lo stesso sito, in un reportage del 17 gennaio, afferma testualmente: “I morti a Gaza sono ora 1.205. Fra loro, 410 bambini, 108 donne, 113 anziani e cinque di nazionalità estera”, aggiungendo che gli attacchi israeliani hanno distrutto 15 cliniche e danneggiato diverse ambulanze. Negli articoli dei giorni successivi, il sito ufficiale del FDLP aggiorna il triste bilancio dell’aggressione israeliana, in linea con le informazioni fornite da tutti i media del mondo (salvo il Corriere della Sera, naturalmente).

Più sofisticata la disinformazione operata dalle colonne di “Liberazione”, che a pagina 9 dell’edizione del 22 gennaio pubblica – senza alcun commento – un articolo dal quotidiano libanese al Mustaqbal, a firma di Youssef Bazzi, nel quale, fra le altre cose, si può leggere che “il presidente del Sudan parla in uniforme ai suoi generali per dire che la morte di centiniaia di palestinesi costituisce «un genocidio». io invece mi ricordo di un genocidio che avviene in Darfur”, nel quadro di una vera e propria invettiva (in gran parte più che condivisibile, sia chiaro) nei confronti dei regimi arabi, che finisce col mettere sullo stesso piano Israele e la resistenza palestinese, in particolare Hamas, salvo poi ironizzare macabramente sulla disparità delle forze in campo e sul disprezzo di Hamas per le vittime civili del suo stesso popolo. Intendiamoci, Liberazione può pubblicare quello che vuole, come può legittimamente sostenere che le manifestazioni di Roma e di Assisi si misuravano più o meno sulla stessa piattaforma ed hanno registrato entrambe la presenza di “migliaia” di partecipanti, sorvolando sul particolare che le migliaia di Roma erano più di duecento e quelle di Assisi, secondo le stime più benevole, cinque.

Per quanto mi riguarda, Liberazione può legittimamente pubblicare articoli che argomentino come gli asini volino e come Cristo sia morto di freddo. Quello che Liberazione non dovrebbe fare, a mio modestissimo avviso, è non dire ai suoi lettori che al Mustaqbal non è un giornale indipendente, ma l’organo ufficiale di un partito politico libanese, che si chiama come il giornale stesso e che è il partito-milizia della potentissima famiglia Hariri, quella che ha gestito in maniera, diciamo così, piuttosto disinvolta i miliardi di dollari della ricostruzione piovuti in Libano dopo le guerre civili. Ora, dopo il misterioso assassinio del suo capostipite, l’ex premier Rafik, la famiglia Hariri e il suo partito costituiscono l’architrave della variegata alleanza detta del “14 marzo”, formata da al Mustaqbal, dai fascisti cristiani e filoisraeliani delle Forze Libanesi (quelli del massacro di Sabra e Chatila, per capirsi), dai seguaci del principe druso Walid Jumblatt (un tempo antimperialista, ora sfacciatamente amerikano) e da un’oscura miriade di gruppi estremisti sunniti, alcuni dei quali non estranei alla galassia di Al Qaeda. Si tratta, insomma, della coalizione che si oppone strenuamente al rinnovamento ed alla stessa indipendenza del Libano, e le cui malcelate velleità golpiste, sollecitate e sostenute in primo luogo da Stati Uniti e Israele, sono tenute a freno solo dalla forza, sia politica che militare, di Hezbollah, dei cristiani patriottici del generale Aoun, dei sunniti progressisti e – possiamo dirlo con una certa soddisfazione – del Partito Comunista Libanese.

Ho preso in esame due articoli e due giornali tanto diversi fra loro perché mi sembra evidente come lo schieramento sionista bipartisan, nelle sue diverse articolazioni, si stia adoperando per attenuare la percezione collettiva di quello che è successo nelle scorse settimane, sfumando le immagini delle distruzioni e del genocidio in una nebbia lattiginosa di dubbi, omissioni, silenzi e menzogne. Probabilmente, l’ondata di indignazione che attraversa l’opinione pubblica italiana, e di cui le manifestazioni sono solo la punta dell’iceberg, desta parecchie preoccupazioni, e richiede interventi sul terreno della disinformazione e su quello della democrazia reale, come dimostra il tentativo di imbavagliare le manifestazioni con divieti e fideiussioni. Direi che in ballo, ormai, non c’è solo la solidarietà con la resistenza palestinese, e nemmeno la nuova dimensione del rapporto fra sinistra sociale e masse di lavoratori immigrati: ci stiamo avviando a grandi passi verso una vera e propria emergenza democratica, e sarà bene esserne tutti consapevoli.

*ForumPalestina