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La Gaza degli italiani non-allineati

di Michaela De Marco* - 25/01/2009

Fonte: terrasantalibera

 

A parlare, alcuni esponenti del mondo culturale italiano, quello non allineato alla “dottrina prevalente” espressa dal governo. 

Nei giorni di fuoco, il governo italiano s’è dichiarato “fortemente preoccupato” per la sorte dei civili a Gaza, ma solo dopo aver ribadito il diritto di Israele a difendersi dal “terrorismo” dell’organizzazione Hamas, che viene infine ritenuta la principale responsabile delle bombe israeliane e della morte dei civili palestinesi.

Durante i bombardamenti sistematici di Israele sulla Striscia, Frattini ha accusato Hamas di aver violato la tregua e, dunque, uno dei “pilastri del processo di pace”.

Negli stessi giorni, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha “auspicato” la cessazione delle ostilità, definendo Hamas responsabile della “spaccatura del mondo palestinese”.

 “Siamo qui per portare l’appoggio italiano ad Israele in questo momento difficile, con il contributo europeo”, ha sottolineato il premier Silvio Berlusconi, dopo aver incontrato il primo ministro israeliano Ehud Olmert insieme ai leader dei paesi europei il 18 gennaio, e ricorda che proprio l’Italia ha proposto ed ottenuto che Hamas venisse inserita nelle “Liste del Terrorismo Internazionale”. 

Da queste affermazioni si evince l’approccio del governo, criticato dal solo ex ministro degli esteri Massimo D’Alema e pochi altri, assolutamente non disponibile ad un dialogo con Hamas, che “deve”, anzi, essere necessariamente disarmata e messa a tacere.

L’azione israeliana va dunque accettata nel quadro della guerra al terrorismo, e l’Italia s’è dichiarata sin da subito pronta ad adoperarsi in sede G8 per avviare un’iniziativa per il Medioriente, nonché disponibile ad offrire una sede di dialogo “per isolare il terrorismo”. 

Mentre erano ancora in corso i bombardamenti, Franco Frattini, ministro degli esteri italiano, ha affermato: “Una sfida importante per Israele è limitare il coinvolgimento delle vittime”, e ha “consigliato” al governo israeliano di: “Adottare forme dirette di avviso preventivo ai civili che abitano in luoghi dove Hamas ha occultato armi e missili”.

 

Molti intellettuali italiani si pongono profondamente critici nei confronti dell’asse israelo-statunitense, ma anche profondamente critici nei confronti della frammentata dirigenza palestinese, giudicata cinica, non indipendente e non realmente interessata a risollevare le sorti della popolazione civile: “Il comportamento di Fatah e in generale dei vertici dell'ANP e del presidente palestinese Mahmud Abbas possono soltanto esser definiti colpevoli, complici del disegno israeliano. Fatah, grazie a Israele, mira a tornare padrona della Striscia, per questo ha di fatto avallato la campagna aerea di Tel Aviv, che ha avuto come obiettivo quello di distruggere le infrastrutture di sicurezza di Hamas”, dichiara Lorenzo Trombetta, giornalista, corrispondente dell’ANSA a Beirut e studioso del sistema politico siriano.

Massimo Campanini, professore di Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa, presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, conferma questa visione: “Il fatto è che alla maggior parte dei paesi arabi conviene il ridimensionamento di Hamas”, spiegando così il mancato intervento dei paesi arabi e la mancata sollevazione dell’ANP in Cisgiordania.

Ma non solo l’ANP, anche Hamas è giudicata negativamente da una parte dell’opinione pubblica “antisionista”. Giuseppe Cataldi, professore di Diritto Internazionale presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, attacca Hamas e la definisce: “Un’organizzazione estremista che annovera nel suo statuto e programma l’eliminazione dello Stato di Israele. Il suo obiettivo politico è radicale, chiuso ad ogni possibilità di mediazione e compromesso. Il lancio di razzi dalla striscia, verosimilmente deciso da una manciata di dirigenti, ha reso ostaggio 400mila civili, causando la morte di oltre mille civili, un terzo dei quali bambini”, e spiega: “Hamas rappresenta solamente la rabbia del popolo palestinese per la sua condizione di permanente indigenza e segregazione, certo non il suo interesse all’autodeterminazione. Hamas tiene semplicemente in ostaggio il popolo palestinese, strumentalizzando una strisciante situazione di povertà e marginalità che ha cause strutturali, per lo più riconducibili alla storica incapacità dell’OLP di Arafat, di investire coscienziosamente la valanga di denaro messa a disposizione dalla comunità internazionale negli ultimi due/tre decenni”.  Trombetta giudica negativamente l’ “Opzione armata” del movimento, “Seppur limitata”, Ma attacca ancor più il suo linguaggio “Massimalista (No allo Stato d'Israele, martirio per la liberazione)” e la sua assenza di pragmatismo: atteggiamenti che in tal contesto, “Con un nemico dieci volte più forte”, condanneranno il popolo palestinese a pagare il prezzo più alto. Trombetta sostiene che Hamas, come Israele, deve cambiare strategia: “In caso contrario, continueremo a vedere presto nuove mattanze a danno dei palestinesi”.

Tuttavia c’è chi sostiene che Hamas, al momento, rappresenta l’unica autentica possibilità di riscatto per il popolo palestinese.

Antonio Caracciolo, docente e ricercatore di filosofia del diritto nell’Università la Sapienza di Roma, spiega: “Se lo scopo di Israele, era di soppiantare Hamas, mai più di adesso i palestinesi hanno bisogno di Hamas. Se Israele pretende di imporre Abu Mazen e Fatah, significa che considera questi soggetti suoi strumenti”.  

 

L’Italia pretende di assurgere a promotore di un dialogo “difficile ma necessario”. In realtà, un dialogo reale risulta ostacolato dall’atteggiamento della comunità internazionale, che di fatto agisce nella logica dei “due p(a)esi-due misure”. Dalle dichiarazioni del governo Italiano emerge chiaramente la sua propensione inequivocabile verso una sola parte: quella israeliana.

 

Sergio Baldi, professore di lingua e letteratura hausa presso l’Istituto Universitario l’ “Orientale” di Napoli, conferma: “Il governo attuale ha rotto quell'equilibrio esistente e propende per Israele, ovviamente per interessi esterni (forte legame con la politica di Bush) e ed interni (la svolta impressa da Alleanza Nazionale, al governo, che cerca di rifarsi una verginità politica)”.

“A far da capolista, il comunista, o ex tale, Presidente della Repubblica Napolitano, che è giunto a definire l’antisionismo come forma di antisemitismo, dimostrando oltre ad una totale ignoranza  dei termini, anche un disprezzo antidemocratico nei confronti della libertà di pensiero, di espressione, sancite inequivocabilmente dalla Costituzione italiana”, aggiunge Filippo Fortunato Pilato, direttore di Terra Santa Libera, agenzia cattolica di notizie dalla Terra Santa, “Ma il più spericolato acrobata dell’attuale politica di governo italiana filo-israeliana”, continua Pilato, “È sicuramente Gianfranco Fini, delfino di Berlusconi e Presidente della Camera dei Deputati, Segretario di Alleanza Nazionale, formazione derivante parzialmente dal vecchio Movimento Sociale Italiano, partito storico della destra italiana post-fascista, completamente allineato nei ranghi di formazione conservatrice americanista e filo sionista. Il partito è stato recentemente sdoganato e salito agli onori degli altari politici dopo la famosa visita di Gianfranco Fini in Israele, dove, kippa in testa, al museo dell’olocausto, ha dichiarato pubblicamente come il periodo fascista italiano fosse da considerarsi ‘il male assoluto’. Da qui iniziarono una serie di purghe interne e abbandoni, di coloro i quali considerarono tali dichiarazioni eccessive”. Pilato fornisce una lista di nomi noti,  convinti rappresentanti dell’ala pro-Israele presente all’interno del Parlamento italiano, e sottolinea che: “Costoro, si ritrovano in compagnia della crema del giornalismo italiano (…) guidati dal loro guru Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità ebraica, nonché per anni attivista e organizzatore di squadre ebraiche di picchiatori di dissidenti e ricercatori storici revisionisti. Pochi mesi fa, il Professore Faurisson, 85 anni, è stato malmenato, talmente da essere ricoverato in ospedale, mentre teneva una conferenza-dibattito presso l’Università di Teramo”. Gli stessi, riporta Pilato: “Hanno inscenato una piazzata fuori dall’aula parlamentare, quando i bombardamenti a tappeto di Gaza erano ancora in corso”, e continua: “A tale piazzata macabra si è unito anche il Presidente della camera dei deputati, Gianfranco Fini, che, avvolto di bandiere israeliane, ha dimostrato ancora una volta e pubblicamente la propria sudditanza ad una nazione straniera, con l’aggravante di farlo proprio nel momento in cui tale nazione stava compiendo eccidi orrendi, e dalla Presidenza e Segreteria delle Nazioni Unite arrivavano le Risoluzioni che chiedevano a gran forza la sospensione dei bombardamenti su Gaza”. E gli italiani “onesti ed informati” come reagiscono? : “Profonda indignazione”.

Francesca Maria Corrao, professoressa di Lingua e Letteratura araba presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, autrice di diverse pubblicazioni, nonché nota traduttrice, condanna fermamente “l’eccidio di Gaza” e dichiara a tal proposito: “Noi italiani siamo rappresentati da persone elette dalla maggioranza del popolo italiano, quindi chi non li ha votati è costretto a subire scelte che non condivide”.

 

Questo schieramento così netto al fianco di Israele, deriva, in tutta evidenza, dal suo allineamento acritico alla politica statunitense. La politica estera italiana: “È sempre stata debole dal secondo dopoguerra in qua, con qualche nobile ma rara eccezione. L'attuale esecutivo è sempre stato appiattito sulle posizioni di Bush. Ora che si sta per passare all'amministrazione di Obama, è ancor più difficile che si prenda qualche iniziativa originale. Prevale l'attendismo, inoltre, le posizioni espresse sulla crisi obbediscono tutte a logiche di rivalità tra opposti schieramenti ideologici interni”, afferma Paolo Branca, professore di arabo e studi islamici all'Università Cattolica di Milano, nonché autore di numerosi saggi e traduttore di autori arabi.  

“Del resto, salvo lodevoli eccezioni, tra le quali si annoverano Mussolini, Andreotti, Mattei, Craxi e pochi altri, gli italiani hanno sempre fatto così: saltano sul ‘carro del vincitore’ mentre ancora elevano lodi al ‘potente’ di turno”, ha commentato Enrico Galoppini, redattore di “Eurasia - Rivista di studi geopolitici”.

L’Italia viene definita “Colonia americana”, da Pilato: “Con tanto di basi militari, logge massoniche atlantiche, ed un’ economia e finanza direttamente dipendenti dai centri di potere angloamericani. Il potere angloamericano sin dalla guerra fredda era dovuto alla potente influenza e direzione delle lobby ebraiche, che ne gestivano i flussi finanziari e commerciali”.

Il riferimento al peso (significativo) delle lobbies israeliane, sia sul piano politico che mediatico in Italia, è piuttosto ricorrente. Caracciolo spiega: “Anche in Italia esiste una Israel Lobby, che determina la politica estera italiana. Basta considerare la presenza di una "colonia" israeliana nel parlamento italiano, addirittura nella commissione esteri. Credo che la Lobby agisca direttamente sul governo e la politica italiana, ma anche indirettamente attraverso la più potente Lobby americana”.

 

Ma la politica italiana presenta anche una frangia “filo-palestinese”, formata per lo più dai movimenti e i partiti di sinistra, che nei giorni della guerra a Gaza hanno dato luogo a diverse iniziative di protesta. Tuttavia, non tutti credono nel reale potere d’attrazione di queste formazioni politiche, di fatto minoritarie (il partito comunista ha perso tutti i seggi in parlamento alle ultime elezioni). Galoppini dichiara a tal proposito: “La sinistra italiana è completamente allo sbando, senza idee-forza né presa sulla gente, e per quanto riguarda la ‘sinistra estrema’, trattasi di ambienti che elaborano un’analisi della questione completamente superata dagli eventi (…)”.

Ma non solo la sinistra è scesa nelle piazze italiane in questi giorni per protestare contro l’azione israeliana. Sono infatti scesi in campo anche gruppi di estrema destra, molti dei quali violenti, che, in questo periodo di forte crisi politico-istituzionale, economica e sociale in Italia, stanno prendendo piede in molte città.

 

Il 19 Gennaio, Franco Frattini, ha annunciato la sua partenza verso la Striscia.

Tra le altre cose, il governo italiano ha inviato aiuti umanitari alla popolazione di Gaza e ha dato il via al progetto di cura di dieci bambini palestinesi in un ospedale pediatrico di Firenze. Trombetta commenta: “Si tratta di bilanciare questo atteggiamento”, insomma: “Non potendo e non volendo andare contro lo Stato ebraico, ora cerchiamo di ridurre i sensi di colpa con qualche aiuto umanitario e qualche altra carità”.

 

E la stampa italiana?

“Assolutamente servile e condizionata dalla politica e dagli interessi. In Italia non esiste una tradizione di giornalismo indipendente. Pretendono di fare opinione un gruppo di Opinionisti che si pronunciano su ogni questione. Esistono poi gruppi parafascisti di pressione sulla stampa e sui singoli giornalisti”, commenta Caracciolo. In linea con lui, Galoppini spiega: “I direttori e i caporedattori sono selezionati accuratamente all’interno di un meccanismo che non consente eccezioni, considerando che anche per certi ‘contestatori’ è previsto un ruolo (…). La questione della Palestina e del Sionismo è il banco di prova perfetto per saggiare ‘l’anticonformismo’ di tutti quanti”. Inoltre:L'assenza di un garante nella gestione dei programmi televisivi aggrava ulteriormente la situazione, perché il pubblico italiano è tenuto all'oscuro sui fatti”, afferma Corrao.

C’è chi ha criticato la moderazione dei media italiani nel presentare le crudezze del conflitto: “Come in passato i nostri media ufficiali non hanno trasmesso le immagini crude che invece venivano trasmesse dalle tv panarabe. Questo rientra nell'ordine di scuderia generale di non turbare l'opinione pubblica mettendola di fronte alla verità dei crimini israeliani commessi contro i civili”, commenta Trombetta. C’è poi chi ha criticato principalmente la mancanza di analisi. A questo proposito si esprime Cataldi: “I media italiani hanno fornito una rappresentazione eccessivamente semplificata del conflitto. Come nei giorni della guerra del Golfo, si è puntato sulla macabra spettacolarità dei cieli di Gaza (…) e si è poi trattato l’autoreferenziale problema del divieto di accesso nella Striscia imposto dal governo israeliano ai giornalisti. Scarsa attenzione e scarsa capacità critica rispetto a temi cruciali, quali il ruolo dell’Egitto, tanto ambiguo quanto quello del Pakistan in relazione all’Afghanistan, le dinamiche interne al movimento palestinese …”.

In Italia, l’agenzia indipendente Infopal, che recentemente s’è vista bloccare il gruppo su Facebook, s’è impegnata, con altre testate on-line, nella denuncia della “manipolazione della verità” messa in atto dai media ufficiali italiani: nel mirino la RAI (Radio Televisione Italiana), la tv di stato, per aver presentato la realtà di Gaza prevalentemente attraverso il suo inviato a Gerusalemme, Claudio Pagliara, di fatto, giudicato da molti “Portavoce dell’esercito israeliano”. 

*Dossier (in lingua italiana) per la rivista degli emirati "Dubai Thaqafiyya"

(saremo presto in grado di fornire sia la versione in lingua inglese che araba)

a cura della Dott.ssa Michaela De Marco, Il Cairo