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Stecchiti & censiti

di Mario Grossi - 26/01/2009

 

«Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale. Vengo anch’io? No, tu no. Per capire se la gente poi piange davvero e scoprire che per tutti è una cosa normale e vedere di nascosto l’effetto che fa. Vengo anch’io? No, tu no. Vengo anch’io? No, tu no. Vengo anch’io? No, tu no. Ma perché? Perché no»!. Ho sempre pensato che i cantanti fossero capaci di fotografare le situazioni meglio degli scienziati. Ma che Jannacci fosse più lucido di Freud lo scoprii solo quando misi a confronto queste parole di una sua famosa canzone con quelle di Freud: «Quando cerchiamo di immaginare la morte, ci percepiamo come spettatori».

 

 

Che si muoia come le mosche è un fatto difficilmente contestabile, come è difficilmente contestabile il fatto che noi ci poniamo sempre, forse per una forma di autodifesa inconsapevole, dalla parte dello spettatore, come se morire riguardasse sempre gli altri. Ma naturalmente non è così. Prima o poi toccherà pure a noi e sono molti i pensatori e le scuole di pensiero che sostengono che pensare alla morte ci aiuta a vivere con maggiore serenità e consapevolezza. La morte è presente dappertutto estecchiti-e-censiti_-fondo-magazine tutto informa di sé. Prendete per esempio il linguaggio ed i suoi modi di dire, di morte ne è saturo: morto di fame, morire di sonno, pallido come un morto, più morto che vivo, far resuscitare i morti, fare il morto a galla, finchè morte non ci separi, avercela a morte con qualcuno, ad ogni morte di papa, stringere un bullone a morte.

 

 

Non appare strano pertanto che ci sia qualcuno che si è preso la briga di catalogare tutti i modi (o quasi tutti i modi) di passare a miglior vita, come si dice per indorare la pillola. Così Michael Largo pubblica Stecchiti & Censiti per Vallardi Editore. Lo studio di tutti questi modi di morire, che si circoscrive ai soli Stati Uniti d’America, ha impegnato dieci anni della vita dell’autore che non ha avuto vita facile per completare questo lavoro. Ci sono alcune cose infatti che Largo descrive come cause di difficoltà. In primo luogo la scarsa omogeneità dei certificati di morte e delle statistiche che raccolgono i casi di morte che sono molto diversi gli uni dagli altri, differiscono da stato a stato e si sono modificati nel corso del tempo. Riuscire a catalogarli in modo uniforme è stato difficile. In secondo luogo è che, in un mondo dominato dagli interessi utilitaristici del mercato, molte morti, nelle loro reali cause, vengono camuffate per non ledere gli interessi di bottega. Molti si danno da fare per far classificare le morti in maniera favorevole. Così i lobbisti delle armi tendono a confondere le acque sugli incidenti causati dalle armi da fuoco. Alcune aziende farmaceutiche, i promoter delle diete alla moda o certi chirurghi plastici rischierebbero di perdere molti soldi se i numeri effettivi dei decessi venissero rilevati. Mercanteggiare sul numero delle vittime equivale a un fattore di profitto. Largo si rende conto che il classificare le cause di decesso potrebbe svilire ogni singola morte individuale, che rappresenta sempre, per sé e per gli altri, un momento intenso ed unico, come ben sapeva il compagno Stalin che soleva rammentare «un uomo morto è una tragedia. Un milione di uomini morti sono una statistica», ma non si sottrae al suo compito e ci offre una carrellata inaudita di casi e cause che lo stesso autore dice essersi moltiplicata nel corso dei secoli (nel Settecento le cause di morte erano 100, oggi più di 3000). Stecchiti & Censiti alla fine ha vari pregi per il lettore comune. Per prima cosa solletica la nostra curiosità raccontando aneddoti dei più disparati, in qualche modo o a modo loro divertenti, tesi a sottolineare che si può morire per le cause più strambe e che la morte non finisce mai di stupire.

 

 

Così apprendiamo che «oggi la causa principale della permanenza in bagno è la stitichezza. La maggior parte dei decessi mentre si sta seduti sulla toilette avvengono quando si tenta la cosiddetta manovra di Valsalva. Tale manovra è il tentativo di spingere con forza all’esterno il contenuto dell’intestino tenendo chiusi naso e bocca. La pressione barometrica dei polmoni può alterarsi e causare il malfunzionamento delle forze di compressione che pompano il sangue attraverso il cuore. In altre parole, chi spinge troppo muore di attacco cardiaco».

 

 

Guccini cantava «nemmeno dentro al cesso ho un mio momento». Niente di più vero se in questo modo muoiono ogni anno 1213 persone per le conseguenze degli sforzi eccessivi in bagno. «Elvis Presley fu trovato morto in bagno, colpito da un attacco cardiaco mentre tentava di utilizzare il metodo di Valsala. Le sue ultime parole furono ‘Vado in bagno a leggere’». Riporto questo aneddoto per scongiurare il terrore che mi ha attanagliato dopo aver appreso tale notizia, visto che uno dei miei luoghi di lettura è proprio il bagno.

 

 

Poi conferma idee che già avevamo, come quella che, tra gli sport, il Football americano è tra quelli in cui si verificano più decessi, in media 20 l’anno, con punte incredibili come nel 1905 anno in cui per incidenti di gioco persero la vita ben 103 atleti universitari. Ma se la pericolosità del Football era quasi scontata, si apprende che anche le ragazze non possono stare tranquille se è vero che, a causa della pericolosità delle evoluzioni, dal 1995 ad oggi hanno perso la vita 123 cheerleader.

 

 

Il testo non è un trattato scientifico, pieno di grafici e numeri. Di numeri ce ne sono ma quanti necessari ad un racconto forse macabro ma affrontato con la dovuta leggerezza. È organizzato in ordine alfabetico e questo permette di andare da una parte all’altra senza necessariamente indirizzare la lettura secondo un filo logico. Si presta bene al gioco delle liste, del chi c’è e chi non c’è, come quando qualcuno compila la lista delle 100 più belle canzoni della storia della musica e tutti vanno a cercare le loro preferite e se la prendono perché non le trovano oppure perché sono state scavalcate da altre ritenute inferiori.

 

 

Così questo libro diventa il motore per riassemblaggi sempre nuovi e diversi rispetto al criterio scelto dall’autore. Così, ad esempio, se si associano le cause di morte dovute ad attacchi di animali (escludendo dalla classifica i microrganismi) si scopre che gli squali, soprattutto il Grande Squalo Bianco, non sono responsabili che di sporadici attacchi, segno che godono di pessima stampa ma che in realtà non sono pericolosi (almeno statisticamente). Invece assai aggressivi risultano gli alligatori che dal 1949 ad oggi hanno provocato 201 vittime. Ma il più letale degli animali risulta essere il Grizzly, l’orso che non a caso è stato scelto dagli USA come autorappresentazione totemica. Assai sfizioso poi radunare le varie spigolature di carattere sessuale. Si costruisce un vero mini-vademecum su Eros e Thanatos. Vi risparmio le varie e bizzarre forme in cui si muore durante le pratiche erotiche (etero, omo, auto), ma tutto sembra dare ragione a quell’oscuro scrittore d’aforismi americano che sentenziava: «Solo la morte va più in profondità del sesso».

 

 

Una sola ve la descrivo perché mi sembra veramente la più degna, soprattutto perché impreziosita da una nota che vale da sola l’acquisto. Pare che dal 1958 ad oggi siano decedute 415 persone vittime di un’allergia allo sperma, che provoca gonfiori agli occhi, starnuti, congestione nasale, vomito, diarrea e soffocamento. Un tipo di morte che sarebbe un ottimo soggetto per un fumetto. Qualcosa del tipo: Allergicon, il vendicatore spermatico di tutte le vittime di Manta, la Mantide religiosa che dopo la copula si mangia l’amante. Una rivincita fallocratica dopo necron_fondo-magazinetanti anni di sudditanza vaginica. Mi ha fatto tornare anche alla mente Necron il fumetto di Magnus, in cui un Frankenstein con attributi fuori norma soddisfa la sua creatrice necrofila, la dottoressa Frieda, tra un’avventura e l’altra. La nota alla voce è un capolavoro di cripto-fantascienza. «Di norma lo sperma viene eiaculato a 48 km orari; se la velocità è inferiore, il concepimento può essere difficile… se lo sperma fuoriesce a velocità superiori ai 48 km orari (ci sono uomini i cui spermatozoi accelerano fino a 72 km orari), la donna può provare un’indolenzimento all’utero, probabilmente dovuto al rimbalzare dello sperma contro le sue pareti. Non si sono tuttavia registrate morti dovute a eccesso di velocità degli spermatozoi».

 

 

Fantastico, negli Stati Uniti, dopo i contratti tra partner occasionali in cui minuziosamente vengono descritte le azioni concesse nella serata (aperitivo sì, cena pure, baci forse, palpeggiamenti solo 10 minuti, penetrazione no), bisognerà esibire anche un certificato di velocità media del proprio liquido seminale, pena la decurtazione di 10 punti sulla patente! Insomma questo tipo di lettura ci insegna che si può morire un po’ di tutto. Spesso ci mettiamo del nostro, spesso è il caso, qualche volta la necessità, ma alla fine si muore, in modo strambo e bizzarro, così come si vive. E allora visto che si può morir dal ridere (dal 1950, 2892 americani sono morti in seguito a patologie varie legate al ridere) perché non ridere del morire? Per finire, un consiglio. Quante volte siete tornati a casa la sera mormorando: «Oggi mi sono ammazzato di lavoro»? Lasciate perdere, evitate certe dichiarazioni. Pare che ne uccida più il lavoro, della guerra.

 

 

 

 

 

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