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Una pioggia di bombe-freccia sulla striscia di Gaza

di Manlio Dinucci - 31/01/2009

 
 
Wafa' Nabil Abu Jarad, una ventunenne incinta, e suo marito Mohamed Khalil sono di fronte a casa loro, nei pressi di Beit Hanoun, una cittadina di Gaza. È il 5 gennaio, una bella giornata di sole, e i bombardamenti sembrano sospesi. All'improvviso sentono un forte ronzio, cercano di rientrare in casa, ma non ce la fanno. Vengono investiti da una pioggia di freccette. Wafa' muore all'istante, squarciata dai piccoli dardi metallici. Mohamed viene colpito in più parti del corpo: uno dei dardi penetra vicino alla spina dorsale. Un altro penetra nel ginocchio del loro bambino di due anni.
Questo e numerosi altri casi, documentati da Amnesty International, gettano nuova luce sul tipo di armi usate dalle forze israeliane contro la popolazione di Gaza. Le freccette sono dardi metallici dalla punta acuminata, lunghi 4 cm, provvisti di alette, con cui vengono caricati i proiettili dei carri armati. Quando il proiettile esplode, a 30 metri dal suolo, lancia 5mila-8mila freccette in un raggio conico, investendo un'area larga 300 m e lunga 100. L'arrivo delle freccette è preannunciato da un ronzio, simile a quello di una sciame di api, ma non c'è tempo per mettersi al riparo: le freccette colpiscono chiunque si trovi all'aperto, ma possono penetrare anche nelle case (dove molte sono state trovate conficcate nelle pareti). È un'arma anti-persona, usata negli anni Settanta dalle forze Usa in Vietnam, e, dal 2001, da quelle israeliane negli attacchi a Gaza e in Libano. Nell'aprile 2008 fu ucciso dalle freccette, a Gaza, anche il cameraman della Reuters, Fadi Shanaa.

Nell'ottobre 2002, la sezione israeliana dell'associazione medica Usa Physicians for Human Rights (Premio Nobel per la pace 1997) ha presentato all'Alta corte di giustizia di Israele una petizione contro l'uso di quest'arma nei Territori occupati. Nell'aprile 2003, l'Alta corte ha respinto la petizione, perché «l'uso delle freccette non è esplicitamente proibito dal diritto internazionale» e perché «la scelta dei mezzi di guerra, usati per impedire atti terroristici prima che avvengano, non rientra tra i soggetti su cui questa Corte ritiene appropriato intervenire».
I portavoce militari hanno dichiarato che «nel decidere quando usare quest'arma, l'esercito è consapevole della necessità di bilanciare le esigenze militari con le preoccupazioni umanitarie, tese a minimizzare il danno per i civili». In realtà, denunciano i medici, l'uso indiscriminato di quest'arma contro i civili mira non solo a uccidere, ma a provocare ferite che hanno conseguenze ancora più gravi. Mohamed, con un dardo vicino alla spina dorsale, non può riprendere la sua vita per salvare ciò che resta della sua famiglia. Né, a Gaza, qualcuno glielo può estrarre, perché potrebbe restare paralizzato. Nel frattempo, in Egitto camion di aiuti sono bloccati dagli israeliani che impediscono l'ingresso a Gaza, e, davanti alle sue coste, le navi da guerra europee vigilano perché nessun carico arrivi ai palestinesi, con la motivazione che potrebbe contenere armi.