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Gli Usa cacciati dall'Asia centrale

di Enrico Piovesana - 20/02/2009




Il Kirghizistan chiude l'ultima base statunitense nella regione

Oggi, 20 febbraio, il parlamento del Kirghizistan ha ratificato la decisione del governo di chiudere la base aerea Usa di Manas, decisione già annunciata due settimane fa. Una volta notificato l'ordine di sfratto al comandante della base, le truppe statunitensi avranno 180 girni per andarsene.

 

Dietro le quinte del tanto reclamizzato disgelo tra Usa e Russia avviato dal nuovo corso di Obama, le due superpotenze sono impegnate in una serrata, quanto discreta, partita a scacchi per il predominio dell'Asia centrale, del Caucaso e non solo.

Da un cortile di casa... Mentre il presidente russo Dimitri Medvedev garantiva la "piena collaborazione" di Mosca a sostegno dello sforzo bellico di Washington in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno ricevuto un inaspettato ordine di sfratto, inappellabile, per la loro base aerea di Manas, in Kirghizistan: principale retrovia logistica della guerra in Afghanistan, operativa dal 2001.
La clamorosa decisione del presidente kirghizo Kurmanbek Bakiyev - che tollerava la base Usa solo perché gli fruttava 150 milioni di dollari all'anno - è arrivata dopo che Medevedev ha garantito al piccolo alleato centroasiatico aiuti per oltre 2 milioni di dollari. L'accorto presidente russo non poteva certo non prevedere le conseguenze di questa mossa, e d'altronde Mosca chiedeva da tempo a Washington di porre termine alla sua presenza militare 'temporanea' nel suo 'cortile di casa'.
Una decisione "deplorevole", ha commentato il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton.
Per le operazioni belliche Usa in Afghanistan, già in difficoltà dopo la chiusura della retrovia meridionale pachistana, dover abbandonare del tutto anche quella settentrionale centroasiatica (nel 2005 gli Usa erano stati sloggiati anche dalla base uzbeca di Karshi-Khanabad) è un vero problema. La soluzione, a questo punto, è obbligata: aprire al più il corridoio militare alternativo di cui si parla da tempo, quello via Georgia-Mar Caspio-Turkmenistan/Uzbekistan.

...all'altro. A ben vedere, lo 'sgarbo' russo agli Usa in Kirghizistan è la risposta alla ben più 'sgarbata' (dal punto di vista russo) decisione statunitense di aprire ben due basi militari Usa in Georgia, ovvero in casa del più acerrimo nemico di Mosca.
Lo scorso 9 gennaio, a margine della firma della 'Carta di partnership strategica tra Stati Uniti e Georgia', gli emissari del Pentagono hanno avviato negoziati con il governo di Mikheil Saakashvili per l'apertura di una base navale a Poti, sul Mar Nero, e di una base aera a Marnueli, a sud di Tbilisi. Una mossa che porta il marchio dell'amministrazione uscente Bush, ma anche del ministro della Difesa Robert Gates e del capo del CentCom David Petraeus, entrambi ancora in carica.
La reazione del Cremlino a questo affronto non si è limitata allo sgambetto agli Usa in Kirghizistan. Nei giorni scorsi Medevedev ha annunciato la nascita della Forza di Reazione Rapida della Csto, l'alleanza militare che - finora solo sulla carta, ma ora non più - raggruppa Russia, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan, Kazachistan, Uzbechistan e Tagikistan: "Questa forza, creata in risposta all'accumulo di un considerevole potenziale di conflitto nella regione, respingerà aggressioni, compirà operazioni speciali e combatterà il terrorismo, al pari della Forza di Reazione Rapida della Nato". La Russia ha annunciato che metterà sul piatto una divisione e una brigata, ovvero 15-20 mila uomini. Più che una partita a scacchi, sembra una partita a Risiko.