L'illusione afghana
di Massimiliano Viviani - 20/02/2009

Una settimana fa diciannove persone sono morte nell'assalto sferrato da guerriglieri talebani contro due edifici governativi a Kabul, in uno dei più feroci attacchi della resistenza anti-americana dall'inizio della guerra. Negli ultimi anni i talebani infatti hanno ripreso il controllo di molte parti del Paese e stanno riguadagnando terreno e consenso tra la popolazione locale, ormai stanca di una guerra che non capiscono (non hanno simpatia per i talebani quanto non ne hanno per gli americani, per cui in fondo era meglio prima, almeno vivevano tranquilli) e di cui piangono le vittime civili a opera dei marines - molte di più di quelle mietute dagli stessi talebani: ma questo i media non lo riferiscono.
Nonostante i 70 mila soldati dell'alleanza occidentale, l'offensiva talebana non accenna a diminuire, anzi. Obama, dopo l'annuncio della chiusura di Guantanamo - devono avere pensato che i presunti terroristi si possono far confessare anche in posti che danno meno nell'occhio - ha deciso di ritornare nel solco della buona tradizione yankee e inviare altri 30 mila unità. Una pia illusione, perchè non sarà riempiendo di truppe occupanti un paese ostile che lo si rende amico.
Ma questo gli americani lo sanno bene e sanno che devono agire anche in altre direzioni. Innanzitutto verso il Pakistan, che l'inquilino della Casa Bianca considera essere eccessivamente tollerante nei confronti dei clan tribali che proteggono i leader di Al Qaeda. Poi verso gli afghani stessi, cercando di portare loro quel progresso e quello sviluppo che secondo gli americani è cercato più o meno consapevolmente da ogni essere umano, e senza il quale il consenso, sempre secondo loro, diventerrebe difficile.
Ma soprattutto devono agire sul presidente-fantoccio Karzai. Da lui Obama si aspetta «più impegno per le riforme interne», poichè è convinto che è proprio il progresso mancato a permettere ai talebani di continuare ad avere sostegni locali. Tanto che il portavoce di Obama, in un eccesso di sincerità, si è lasciato scappare che "è in corso una revisione della politica afghana", con riferimento alle prossime elezioni presidenziali "democratiche" di questa estate. Subito precisando, tuttavia, che loro intendono "rispettare i presidenti democraticamente eletti". Classico lapsus rivelatore di un democratico molto poco democratico.
Nonostante i 70 mila soldati dell'alleanza occidentale, l'offensiva talebana non accenna a diminuire, anzi. Obama, dopo l'annuncio della chiusura di Guantanamo - devono avere pensato che i presunti terroristi si possono far confessare anche in posti che danno meno nell'occhio - ha deciso di ritornare nel solco della buona tradizione yankee e inviare altri 30 mila unità. Una pia illusione, perchè non sarà riempiendo di truppe occupanti un paese ostile che lo si rende amico.
Ma questo gli americani lo sanno bene e sanno che devono agire anche in altre direzioni. Innanzitutto verso il Pakistan, che l'inquilino della Casa Bianca considera essere eccessivamente tollerante nei confronti dei clan tribali che proteggono i leader di Al Qaeda. Poi verso gli afghani stessi, cercando di portare loro quel progresso e quello sviluppo che secondo gli americani è cercato più o meno consapevolmente da ogni essere umano, e senza il quale il consenso, sempre secondo loro, diventerrebe difficile.
Ma soprattutto devono agire sul presidente-fantoccio Karzai. Da lui Obama si aspetta «più impegno per le riforme interne», poichè è convinto che è proprio il progresso mancato a permettere ai talebani di continuare ad avere sostegni locali. Tanto che il portavoce di Obama, in un eccesso di sincerità, si è lasciato scappare che "è in corso una revisione della politica afghana", con riferimento alle prossime elezioni presidenziali "democratiche" di questa estate. Subito precisando, tuttavia, che loro intendono "rispettare i presidenti democraticamente eletti". Classico lapsus rivelatore di un democratico molto poco democratico.