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L’insostenibile leggerezza del sistema finanziario

di Stefano Vernole - 21/02/2009




Dall’ingresso delle truppe “alleate” in Afghanistan nel 2001, la produzione di oppiacei in quel paese è aumentata di 44 volte in sette anni, causando in Russia la morte di 30.000 persone l’anno.

Questa è la stima riferita dal capo del Servizio Federale Antidroga, Viktor Ivanov, intervenendo ad un’audizione parlamentare in materia, durante la quale il Presidente della Duma, Boris Gryzlov, aveva accusato senza tanti giri di parole “gli Stati Uniti e la NATO di aver destabilizzato il paese, trasformando l’Afghanistan in un vero e proprio narco-stato”.

L’ONU ha peraltro confermato come nel 2008 il raccolto di oppio afghano sarebbe sì diminuito ma solo dell’8%, rispetto al record registrato nel 2007 (da 8.200 a 7.700 tonnellate), mentre la produzione di eroina risulterebbe addirittura in aumento.

La Russia paga il prezzo più caro, in quanto a causa del consumo di droga muoiono ogni anno 30.000 giovani tra i 18 e i 27 anni, per un traffico il cui ricavato si aggira sui 16 miliardi di dollari.

Per fronteggiare quella che è stata definita una minaccia strategica, la Russia ha così deciso di mobilitare i suoi alleati sia all’interno dell’OTSC (Organismo per il Trattato di Sicurezza Collettiva) che dell’OCS (Organizzazione per la Cooperazione di Shangai).

Nell’ottica di un maggiore controllo delle frontiere sud-orientali, una certa preoccupazione è stata espressa nei confronti del Kazakhstan, la cui permeabilità consente spesso di eludere i controlli, mentre grandi elogi sono stati rivolti all’Iran, sia per la sua determinazione nel combattere il traffico di droga (Teheran concentra alle frontiere, per questo motivo, il 60% delle proprie forze terrestri) sia per la sua maggiore partecipazione ai progetti economici e alla lotta antiterrorismo condotta dall’OCS (organizzazione nella quale L’Iran gode dello stato di osservatore).

Il vice-Ministro russo degli Esteri, Alexei Borodavkine, ha confermato le dichiarazioni di Ivanov, parlando di visione comune tra Mosca e Teheran su un grande numero di questioni geopolitiche e ha invitato il suo omonimo iraniano, Mottaki, a partecipare alla conferenza internazionale sull’Afghanistan che si terrà a Mosca il prossimo 27 marzo, sotto l’egida dell’OCS.

Tutto questo accade mentre i segnali di nervosismo a Washington appaiono sempre più evidenti.
In questi giorni è scomparso infatti il miliardario texano Sir Allen Stanford, dopo che la Sec lo aveva accusato di aver messo in piedi una truffa di 8 miliardi dollari, attraverso la vendita di certificati di deposito sui quali prometteva altissimi e improbabili interessi.

Un altro caso clamoroso dopo il crack Madoff, tanto più che l’FBI starebbe investigando per accertare se sir Allen sia coinvolto o meno nel riciclaggio di denaro per il cartello della droga messicano (la truffa sarebbe partita dalla sua filiale di Antigua).

Nel frattempo il governo del Venezuela ha deciso di mettere sotto il controllo dello Stato la Stanford Bank locale e il Perù di sospenderne le attività per almeno 30 giorni.

A tutto questo bisogna aggiungere il durissimo braccio di ferro tra Stati Uniti e Svizzera sui cosiddetti evasori americani, 52.000 clienti dell’UBS che detengono conti correnti per circa 14,8 miliardi di dollari.
Conti “segreti” che difficilmente possono essere estranei al riciclaggio del denaro derivante dal traffico internazionale di droga, che la CIA ha sempre tenuto sotto controllo (grazie ai vari paradisi fiscali e soprattutto alle sue banche di Miami) allo scopo sia di gonfiare il mercato finanziario che di “premiare” i propri alleati nel Triangolo d’oro (in funzione anti-cinese), in Colombia o in
Kosovo.

E’ certo che l’attuale crisi economica globale sta drammaticamente rimescolando le carte delle strategie geopolitiche mondiali, mettendo in discussione equilibri consolidati da decenni, vedremo presto in quale direzione.