Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L'Impero del bene

L'Impero del bene

di Robert de Herte - 24/02/2009

 

Molte persone tristi si lamentano oggi del fatto che non ci sia “più morale”. Strana tiritera. Non c'è più morale? Ma se mai come ora ci siamo dentro fino al collo! La morale invade ogni cosa, al giorno d'oggi. Ma non è più la stessa.

È vero che molti nostri contemporanei si ritengono liberi da qualsiasi regola morale. Quelli che fanno loro la predica si difendono dicendo di non voler “far loro la morale”. Parlano avendo cura di dire che quest'ultima non ispira i loro giudizi. Alla parola “morale”, che porta con sé connotazioni religiose che molti ritengono antiquate, si preferisce la parola “etica”, che meglio si adatta a una società laica, sebbene l'origine dei due termini sia la stessa (mores e ethos) e, volendo essere precisi, l'etica abbia solo una dimensione individuale.

Non ci sono dubbi che si stia perdendo la morale tradizionale. Ma un'altra la sostituisce. L'antica morale stabiliva delle regole di comportamento individuali: ci si aspettava che la società si comportasse meglio se gli individui che ne facevano parte si comportavano bene. La nuova morale vuole moralizzare la società stessa, senza imporre delle regole agli individui. L'antica morale diceva agli individui ciò che dovevano fare, la nuova descrive ciò che la società deve diventare. Non sono più gli individui a doversi comportare onestamente, ma è la società, che deve essere resa più “giusta”. L'antica morale si rifaceva al bene, mentre la nuova al giusto. Il bene dipende dall'etica delle virtù, il giusto da una concezione della “giustizia” impregnata di una forte connotazione morale. Pur pretendendo di essere “neutre” riguardo alla scelta dei valori, le società moderne aderiscono a questa nuova morale. Sono allo stesso tempo ultra permissive e iper morali.

La natura delle cose è ciò che Max Weber chiamava “la logica del dover essere”. L'Antichità viveva in base all'essere, la modernità nascente richiama il dover essere. Detto più semplicemente: il mondo deve diventare altro da ciò che è stato finora. Deve essere trasformato per diventare “più giusto”. Deve essere ricostruito secondo un progetto, frutto di una credenza antica o della ragione moderna. La giustizia e il diritto non stabiliscono più un rapporto d'equità tra la persone, ma esprimono anch'essi un dover essere. Tutta la sfera sociale è così reinterpretata alla luce di questo dover essere, che non si interessa in nessun modo alla natura delle cose e degli esseri.

Alla base del dover essere, vi è il rifiuto del mondo così com'è. Questo rifiuto, in un certo modo, è anche un “no” alla vita. “Mundus est immundus”, diceva Sant'Agostino. Bisogna dunque trasformarlo, correggerlo, per soddisfare le esigenze divine, secondo alcuni, per conformarsi alla necessità storica, secondo altri. Questa volontà di (ri)costruire il mondo, o di “ripararlo” (tikkun), viene dalla Bibbia, che afferma che il mondo è imperfetto, afflitto da un essere minore [NdT: Per Agostino il male e’ solo un minor grado di perfezione nella gerarchia di beni creati da Dio]. Tutta l'ideologia del progresso, tutto l'utopismo dei Lumi, ne è la versione profana: sotto spoglie secolari (la felicità sostituisce la salvezza, l'aldilà lascia il posto al futuro), all'opera è ancora, e sempre, la vecchia fede messianica e chiliastica nel cammino irresistibile della storia verso la fine (che sboccherà nell'autosoppressione). Il “progresso” è questo lento miglioramento del mondo, chiamato ad avanzare in modo unitario verso giorni migliori. “Sostituite la salvezza cristiana con la fede nel progresso” dice Pierre Legendre “e avrete il credo commerciale dell'occidente planetario”.

La religione cristiana ha subito voluto essere considerata come parte di una “comunità universale reale” (Pierre Manent), la res publica christiana. I teorici dei Lumi assicurano che gli uomini si assicureranno la salvezza basandosi sulle proprie capacità (e non osservando i precetti di Dio) e con queste riusciranno a creare la società perfetta, o almeno, la società definitiva, “finale”; ma l'idea stessa di un movimento della storia che si diriga in questa direzione viene da una religione che essi credono di aver eliminato: in realtà l'hanno solo trasformata senza nemmeno rendersene conto, e questo la rende tra di loro più efficace che mai. Come disse John Gray dopo molti altri, a partire da Karl Löwith, i Lumi si limitano a riciclare l'idea per cui la storia è il racconto della salvezza dell'umanità. Gray mostra che questa credenza si ritrova tanto nel comunismo staliniano come nel neo conservatorismo americano, che pensa si possa arrivare alla società perfetta “lasciando libero corso alla magia del mercato”: “Nonostante le sue pretese di razionalità scientifica, il neoliberalismo affonda le proprie radici in un'interpretazione teleologica della storia in quanto processo dalla conclusione predeterminata, e in questo, come per altri aspetti, ha una stretta somiglianza con il marxismo” (“Black Mass. Apocalyptic Religion an the Death of Utopia”, Allen Lane, Londra 2007).

Basata sui diritti soggettivi che gli individui avrebbero in virtù dello stato di natura, l'ideologia dei diritti dell'uomo, diventata la religione del nostro tempo, è innanzitutto una dottrina morale. La sua principale caratteristica, scrive Marcel Gauchet, è di “radicarsi in ciò che costituisce effettivamente il metro di giudizio per il legittimo e l'illegittimo nel nostro mondo, per poterne ricavare allo stesso tempo una griglia di lettura e un programma per l'azione collettiva [...] L'ideologia dei diritti dell'uomo decodifica la realtà sociale alla luce di ciò che essa dovrebbe essere [...] Il solo inconveniente di questo imperialismo del dover essere è che non spinge a comprendere gli ostacoli che trova sul suo cammino, quand'anche rispondano palesemente ad alcune necessità primarie, della vita in società. La sola cosa che se ne può dire è che non dovrebbero esistere. A che scopo cercare la loro ragion d'essere? Lo strappo alla regola è respinto nelle tenebre esterne come un male, e la condanna in quanto male dovrebbe bastare a frenare i tentativi di capirne la natura. In altre parole, l'ideologia dei diritti dell'uomo si traduce in un'invasione di moralismo, un moralismo tanto più inarrestabile in quanto smuove i fervori intimi dell'affettività” (“De la critique à l'autocritique”, in Le Débat, maggio-agosto 2008, pag.159).

Il nuovo ordine morale è ciò che Philippe Muray chiamava “l'impero del bene”. Questo bene non è altro che un nuovo moralismo – una “moralina”, avrebbe detto Nietzsche. Allo stesso modo, il male come elemento intrinseco della natura umana viene negato, pur essendo riconosciuto, nella forma estrema del “male assoluto”, come negazione radicale del bene dei diritti dell'uomo.

La destra ha spesso una visione fondamentalmente etica della politica, la sinistra una visione morale. Da un lato Excalibur, dall'altro le Beatitudini. Due universi di valori assai diversi, ma entrambi impolitici (inadatti alla comprensione di ciò che è la politica). Oggi, è la visione morale a dominare. Ed è così che questa società, che molti ritengono priva di qualsiasi morale, può in realtà ritrovarsi portatrice di una morale d'altro genere, di un moralismo onnipresente che moltiplica i suoi fedeli, i suoi missionari e le sue sette della virtù. Vogliamo dei libertini.


Fonte:
http://www.grece-fr.net


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARINA GERENZANI