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Piccole grandi opere

di Pietro Cambi - 11/03/2009

  
 
Siamo tra i maggiori produttori ed utilizzatori mondiali di cemento (procapite) ed abbiamo il maggior numero di ascensori installati (in assoluto).

Abbiamo devastato, in pochi decenni, una buona parte dei nostri irripetibili paesaggi, centri storici, contesti periurbani; abbiamo cementificato interi fiumi, ad esempio in Liguria ed in Abruzzo, abbiamo sottratto i migliori terreni agricoli all'uso che per secoli e secoli aveva permesso di sostentare i nostri avi. Abbiamo lasciato alle nostre spalle, come porva dell'immane fallimento, decine, centinaia, di chilometri quadrati di rugginosi ruderi di falliti distretti industriali, di desolati e deserti centri commerciali, di inabitabili quartieri di periferia.

I barbari e le guerre impiegarono secoli a devastare l'agrum romano.

A noi è bastata una generazione.

Ma questo non basta.

"Se tira l'edilizia tira tutta l'economia", ha affermato il nostro Presidente del Consiglio, proponendo una delirante ricetta a base di deregulation selvaggia per l'ingrandimento degli edifici esistenti, di mortificazione delle competenze e delle professionalità, con l'estensione del "diritto di firma" per questo genere di interventi anche a semplici periti tecnici ed altre categorie diverse dai classici geometri, architetti ed ingegneri. naturalmente il tutto di contorno ed antipasto, manco a dirlo, per le "grandi opere".

Le solite, di cui abbiamo tante volte parlato anche qui.

Autostrade, svincoli, centri fiere, megaponti, e così via.

Personalmente mi attendo anche un immancabile condono tombale a sancire l'avvenuta devastazione abusiva di qualche altra centinaia di chilometri quadrati di territorio.

Come sapete io sono fortemente critico con l'architettura moderna tout court, tanto più nel nostro paese.

Sono favorevole al piccone risanatore, all'abbattimento degli edifici moderni non sostenibili ( la maggior parte) ed alla loro ricostruzione sostenibile ed a misura d'uomo, a patto di liberare una certa quota di terreno dal cemento.

Ma in verità, in attesa di un "Grande Piano Strutturale" per il recupero edilizio come quello che propongo, le opere di cui abbiamo bisogno sono le piccole opere.

Quelle di recupero del patrimonio storico, della sua riqualificazione urbanistica, della applicazione della tecnologia e della scienza moderna ai fini della riqualificazione e del risparmio energetico.

In questo modo si ottengono almeno tre risultati.

- Si creano molti più posti di lavoro rispetto alle cosidette "grandi opere", a parità di investimenti pubblici (sotto forma di sgravi e finanziamenti) e più equamente distribuiti sul territorio.

- Si riduce strategicamente il fabbisogno energetico del paese, migliorando la nostra bilancia dei pagamenti e il nostro grado di indipendenza energetica e quindi politica.

- Si migliora la qualità ed il tenore (il risparmio energetico si traduce in risparmio tout court ed aumento del valore degli immobili) della vita dei cittadini.

Nel prossimo post lascerò la parola ad un giovane architetto, che ha fondato, con un gruppo di colleghi, una associazione che si propone di definire un nuovo Modus Operandi per la Sostenibilità in Architettura.

Assolutamente necessario ed urgente, sopratutto alla luce delle intenzioni del nostro governo.

Le piccole opere di valorizzazione e recupero del nostro patrimonio immobiliare, diffuse su tutto il territorio, sono le grandi opere di cui abbiamo bisogno.

Mai come in questo caso agire in piccolo (ma diffusamente) significa pensare in grande.