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Hizb'Allah: strategia e geopolitica

di Dagoberto Husayn Bellucci* - 20/03/2009

 


"Il Libano è differente. Il Libano non è la Somalia, non è la Georgia, non è l'Ucraina. Il Libano è il Libano!"

(Sayyed Hassan Nasrallah - discorso di piazza Riadh el Sohl (Beirut) - 8 Marzo 2005)


"Gli Stati Uniti non fanno alcuna differenza tra Resistenza legittima, riconosciuta dalle convenzioni internazionali, e il terrorismo. E' perciò che gli Stati Uniti percepiscono Hizb'Allah come una milizia, come una delle milizie del Michigan per esempio. Noi siamo chiari a questo riguardo: abbiamo imbracciato le armi per rispondere ad un'aggressione. Tutte le milizie furono sciolte in Libano dopo gli accordi di Taif eccetto la Resistenza Islamica. La sua esistenza è giustificata da un'occupazione militare. Quando questa occupazione cesserà la Resistenza esaminerà nuovi metodi per valutare la nuova situazione che si andrà creando. Pretendere che le armi della Resistenza siano ritirate prima della fine di questa occupazione è un'illusione impossibile da applicare. Nessuno può interferire - dall'interno come dall'esterno - sul diritto del popolo libanese di liberare la sua terra!"

(Dr. Mohammad Ra'ad capogruppo parlamentare del Blocco della Fedeltà alla Resistenza)

 

La realtà polivalente e multifunzionale del partito sciita libanese di Hizb'Allah rappresenta nella regione del Vicino Oriente un fattore di primo piano sia sul piano geopolitico che strategico-militare. Abbiamo ripetutamente sottolineato l'importanza assunta da questa formazione e la sua trasformazione da movimento rivoluzionario di resistenza a partito politico di massa e di governo sia attraverso l'azione svolta nella società libanese (mediante l'assistenza fornita alla comunità sciita) che nelle attività parlamentari e all'interno dei ministeri occupati dagli uomini di Hzb nel periodo compreso tra l'estate 2005 e il novembre 2006 e ininterrottamente dall'estate scorsa dopo la formazione di un nuovo esecutivo di unità nazionale.

Hizb'Allah rimane per molti osservatori occidentali un'incognita nel panorama politico libanese e mediorientale considerando l'assoluta mancanza di informazioni fino a qualche tempo fa disponibile per avere un quadro completo della struttura di partito e delle sue ampie ramificazioni che interessano - attraverso enti direttamente controllati dal partito di Dio - i più disparati settori della vita socio-economica del paese dei cedri.

Possiamo dire che oggi una maggior comprensione del fenomeno Hzb è data soprattutto da due eventi spartiacque della storia , oramai quasi trentennale, dell'organizzazione creata nei primi anni ottanta con l'aiuto e il finanziamento iraniano come braccio armato di resistenza anti-israeliana e soprattutto quale proiezione esterna della Rivoluzione islamica dell'Imam Khomeini:
- 25 Maggio 2000 : il ritiro israeliano dal Libano meridionale;
- Luglio/Agosto 2006: la vittoria conseguita durante l'aggressione sionista al Libano.

Sono queste due delle più significative date e commemorazioni che, annualmente, vengono celebrate da Hizb'Allah a ricordo del martirio dei suoi militanti e della lunga lotta di liberazione delle regioni meridionali del paese dei cedri. Due momenti salienti del processo di "nazionalizzazione" del movimento islamico libanese che sono la conseguenza naturale di una evoluzione in senso politico di un partito nato nel pieno della guerra civile libanese esclusivamente per opporsi all'occupazione israeliana e ai disegni utopistici di alcune formazioni dell'estrema destra cristiano-maronita (la vecchia Falange di Bashir Gemayel) di creare nel paese un enclave maronita alleata a "Israele" (il Maronistan). La costituzione di uno stato "cristiano" , etnicamente puro e militarmente alleato di Tel Aviv e Washington, rispondeva perfettamente alle mire egemoniche e ai progetti messianici-espansionistici del fondamentalismo ebraico di dar vita ad una "Grande Israele" dal Sinai all'Eufrate; progetto mai completamente abbandonato da ampi settori della destra israeliana che negli anni ottanta - quando "Israele" lanciò la sua offensiva contro il Libano raggiungengo la capitale Beirut e cingendola d'assedio per quasi tre mesi - trovò in Menahem Begin (allora primo ministro) e Ariel Sharon (allora ministro della difesa) i due principali sostenitori e rappresentanti di un progetto che mirava a disintegrare completamente l'identità nazionale palestinese e il suo movimento politico di maggior spessore , all'epoca l'Olp di Yasser Arafat.

E' da quella data che occorre analizzare l'evoluzione politica e militare del partito sciita libanese e , quasi contemporaneamente, la progressiva scomparsa come organizzazione rivoluzionaria dell'Olp e la costituzione di Hamas creato fin dai primi anni ottanta come movimento religioso espressione dei Fratelli Musulmani del vicino Egitto e trasformatosi, con la prima Intifadah del dicembre 1987, in braccio armato della Resistenza Islamica per la Palestina occupata.

La sconfitta subita dall'Olp a Beirut nell'estate del 1982 fu in effetti il colpo più duro assestato da "Israele" alle speranze del mondo arabo che aveva assistito impotente alle sconfitte militari dei conflitti del 67 (con la caduta di Gerusalemme) e alla guerra del 72 che portò gli israeliani a controllare l'intera penisola del Sinai e ratificando la morte politica di Nasser e del panarabismo laico e socialisteggiante che aveva rappresentato per almeno un ventennio la principale ideologia rivoluzionaria dei paesi arabi.

Gli accordi di Camp David firmati da Sadat sanciranno definitivamente l'uscita dalla scena militare dell'Egitto , motore ideologico e principale perno delle politiche anti-imperialiste e anti-sioniste dei paesi arabi fin dalla metà degli anni cinquanta,  ed il ridimensionamento politico del Cairo da allora pedina funzionale degli interessi e delle strategie statunitensi nel Vicino Oriente e principale referente di tutte le amministrazioni americane assieme all'altro alleato principale nella regione (l'Arabia Saudita).

Rileverà non senza ragione l'allora ministro della difesa israeliano , Ariel Sharon, che "il peso politico dell'Olp è stato parzialmente neutralizzato dagli accordi di Camp David ma questo non è sufficiente ancora: dobbiamo lavorare per la sua distruzione definitiva. Soltanto questo ci permetterà di concludere il processo iniziato a Camp David assieme ad altri trattati con i nostri vicini arabi" (1)

Per comprendere pienamente ciò che significò l'accordo di Camp David e la successiva sconfitta di Arafat e dei suoi militanti in una Beirut assediata dalle truppe di Sharon in quell'estate di sangue del 1982 lasciamo a Mohammad Hassan al Amin, tra i principali leader religiosi sciiti libanesi dell'epoca e tra i fondatori di Hizb'Allah, che parlando della situazione palestinese dell'epoca scrive: "Dall'inizio della lotta armata nel 1965 non abbiamo mai abbandonato il movimento palestinese di liberazione. Questa solidarietà venne aumentando dopo l'arrivo dei primi combattenti palestinesi in Libano nel 1969 e soprattutto all'indomani dei tragici fatti del settembre 1970 in Giordania. Si trattava allora per noi di cercare di condizionare una struttura creata esclusivamente per i palestinesi e di mobilitare la popolazione per difenderne i diritti soprattutto contro alcune unità dell'esercito libanese. Nella mia qualità di dignitario religioso ho cercato di lavorare efficacemente soprattutto nei media islamici. Consideravamo la difesa della Resistenza come un dovere sacro, sia su un piano patriottico-nazionalista che su quello specifico religioso. Consideravamo soprattutto che la Resistenza fosse l'unico movimento suscettibile di risvegliare gli arabi da una situazione di sottosviluppo e arretratezza rispetto alle potenze occidentali e abbiamo compreso fin dall'inizio che fosse necessario invertire questo processo di decadenza. A nostro avviso infatti la lotta di liberazione per i territori usurpati poteva avere uno sviluppo immenso ma eravamo altresì convinti che fosse necessario ogni sforzo e dedizione per ottenere questo obiettivo. Oggi disgraziatamente mi vedo costretto a constatare che le speranze fondate sulla resistenza palestinese si persero per strada. Questi uomini che un giorno avevano acceso le nostre speranze di riscatto, che un tempo avevano il nostro massimo rispetto sono gli stessi che da anni vanno, come fossero vagabondi, errando da una capitale araba all'altra. Stanchi, sconfitti, debilitati, divisi tra loro. Dobbiamo concludere che la politica dell'Olp dell'ultimo decennio lasciava presagire questo doloroso finale" (2) 

Come analizzerà lucidamente uno scrittore tunisino, Salah Bechir, "la pace con l'Egitto non fu per Israele l'occasione di normalizzare la regione ma solo di escludere da questa l'unico stato autenticamente nazionalista arabo. E l'ultimo conflitto in Libano (1982) minaccia di impiantare nella regione uno stato sionista accelerando la confessionalizzazione di tutto il Vicino Oriente inclusi israeliani e palestinesi". Analisi che storicamente risulterà più che legittima e azzeccata anche alla luce dell'influenza del fondamentalismo protestante-sionista di matrice ebraico-statunitense che - con l'aggressione al Libano dell'estate 1982 - aumenterà la sua influenza sulla politica statunitense attraverso le sette messianiche che favoriranno la campagna elettorale di Ronald Reagan e il suo secondo mandato presidenziale (allo stesso modo di quanto avverrà nel 2004 con la rielezione di George W. Bush).

L'alleanza che di fatto si strutturerà tra fondamentalismo w.a.s.p (white-anglosaxon protestant) ovvero i settori più radicali della destra neoconservatrice statunitense e i sostenitori del Sionismo oltranzista , in America come nei territori palestinesi sotto occupazione, daranno vita proprio in quel periodo storico alla consacrazione di una politica aggressiva da parte della superpotenza a stelle e strisce, che di lì a poco avrebbe definitivamente allontanato i fantasmi del Vietnam per lanciarsi con spirito neo-crociato nell'avventura militare contro l'Iraq di Saddam Hussein, e del suo alleato israeliano.

Furono infatti gli anni ottanta, quelli del boom economico e dell'edonismo reaganiano ma anche del proliferare di sette a sfondo messianico che soprattutto negli Stati Uniti daranno vita a veri e propri movimenti di massa influenti economicamente e politicamente, che ridiedero vigore alle utopie espansionistiche dei settori oltranzisti israeliani con la costituzione di organizzazioni quali quella dei Fanatici della Ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme e ai loro obiettivi di polverizzazione dell'identità nazionale palestinese già seriamente messa in discussione dalla politica criminale del governo d'occupazione di Tel Aviv.

L'azione di governo che caratterizzerà i due mandati presidenziali di Reagan infonderà nuova linfa alle pretese messianiche sioniste: sono di quel periodo i contatti e gli scambi tra organizzazioni cristiano-sioniste protestanti statunitensi e gruppi religiosi delle Yeshiva (scuole rabbiniche) sioniste in Palestina così come l'utopia di progetti millenaristici legati all'escatologia propria del Giudaismo ortodosso (3). Senza una comprensione piena dello sviluppo del fondamentalismo w.a.s.p. negli Usa difficilmente sarebbe possibile capire l'evoluzione politica statunitense in senso ultra-sionista che caratterizzerà la politica estera di Washington da Reagan ai giorni nostri:
"La religione americana è assiomatica. Fu il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, a dire:
'È un fatto assolutamente inconfutabile che in questo unico libro [la Bibbia] si trovano le risposte a tutti i complessi e spaventosi problemi che dobbiamo affrontare, sia in patria che all'estero'.

La religione americana è imprenditoriale: ogni anno migliaia di pastori vengono messi sul lastrico da parrocchiani insoddisfatti, senza il paracadute dell'otto per mille. Ma quelli che sopravvivono si avvalgono di ogni possibile strumento offerto dalla rivoluzione mediatica e informatica. Anzi, è proprio la società mediatica e spettacolare che ha messo in primo piano il predicatore fondamentalista." (4)


Ed è proprio da questi scenari interni alla società americana - che forniranno un incredibile spazio di manovra per le future teorizzazioni geostrategiche e politiche dei neoconservatori, per i programmi sulle guerre preventive e gli scudi spaziali e le successive avventure statunitensi in Serbia, Afghanistan e Iraq del Terzo Millennio -
che si deve cercare di comprendere lo sviluppo politico in senso religioso delle società arabe e del Vicino Oriente dagli anni ottanta ad oggi. Dalla fase di declino dei movimenti di resistenza palestinesi laici al disarmo di Egitto e Giordania - fino ai processi di pace inutilmente riproposti ad ogni occasione dalle amministrazioni americane negli anni novanta e più recentemente - è necessario cercare di analizzare l'evoluzione che , di pari passo, ha caratterizzato Hizb'Allah in Libano e Hamas nella vicina realtà palestinese non potendo scindere le due realtà politiche e militari e le due aree geopolitiche del Libano e della Palestina che sono sostanzialmente complementari l'una all'altra pur operando distintamente ognuna nel proprio perimetro geopolitico.

Mentre l'Olp di Arafat si trasformerà a partire dal 1982 in un intermediario dell'Occidente , soggetto politico rappresentativo di tutta la società palestinese secondo la "comunità internazionale" (menzogna che verrà definitivamente smascherata dalla vittoria elettorale di Hamas del gennaio 2006), e in un interlocutore di primo piano per la "laicizzazione" e "normalizzazione" regionale condotta diplomaticamente e politicamente con l'amministrazione Clinton e poi militarmente dall'avvento dell'amministrazione repubblicana con Bush jr. ; in Libano e Palestina Hizb'Allah e Hamas creavano le strutture sociali, politiche, religiose e di potere per la trasformazione , a Beirut come a Gaza, di realtà nate come movimenti di resistenza armata in partiti politici di massa e di governo.

Hizb'Allah in Libano d'esempio per i vicini di Hamas ha costituito il principale referente di organizzazione multifunzionale: dalle strutture religiose create nella valle della Beka'a (con le Houselmije coraniche d'ispirazione iraniana) fino alle organizzazioni di soccorso (con la nascita e lo sviluppo di organismi di soccorso e ospedalieri autonomi dalla Croce o dalla Mezzaluna rosse e direttamente controllati dal Partito) passando per le strutture e gli enti destinati alla ricostruzione edilizia quali Jihad al Bin'aà che - dalla Beka'à al sud del Libano - si occupano della riqualificazione edilizia di intere aree lasciate pressochè in stato di abbandono da parte del governo centrale libanese.

Un'attività frenetica che sostanzialmente corre in parallelo con le attività propriamente politiche di Hizb'Allah in sede parlamentare (dove il Partito ha una sua delegazione fin dal 1992 e rappresenta con il suo Blocco della Fedeltà alla Resistenza - costituito con l'alleanza con l'altro movimento sciita di Haraqat 'Amal di Nabih Berry , presidente dell'Assemblea Nazionale di Beirut, il secondo raggruppamento come numero di deputati) e di governo (con la partecipazione di cinque ministri sciiti nel primo esecutivo Siniora nell'estate 2005 due dei quali appartenenti direttamente al partito di Nasrallah, gli ex ministri del lavoro Trad Hamadeh e dell'elettricità Mohammad Fnesh) e che non rinuncia al ruolo essenziale di organizzazione di resistenza militare proprio del Partito.

Tale molteplicità di ruoli e funzioni ha indotto gli analisti di politica internazionale , soprattutto i comandi militari israeliani e i dirigenti della politica di Tel Aviv, a ritenere che Hizb'Allah avesse adottato una diversa attitudine ritenendo la "politicizzazione" del movimento un segnale indicativo di un suo progressivo ridimensionamento militare. E' il calcolo fatale che ha indotto l'esecutivo sionista diretto da Olmert e dai suoi collaboratori del partito Kadima a lanciare l'aggressione dell'estate 2006 con il conseguente risultato disastroso di un'offensiva terrestre che ha disarticolato, debilitato e lasciato militarmente e psicologicamente a pezzi l'esercito d'occupazione sionista e la stessa società israeliana per la quale - la guerra del luglio-agosto di tre anni or sono - ha rappresentato un punto di non ritorno ed un monito circa le speranze di mantenere inalterato il rapporto di forza tra "tsahal" e il vicino Libano. Come già avevano osservato acutamente alcuni soldati israeliani , parlando alla tv nazionale dello Stato ebraico, rientrati dal servizio nel Libano meridionale alla fine degli anni novanta e prima del ritiro unilaterale decretato da Ehud Barak nella primavera del 2000: "il Libano era un terreno facile un tempo. Anni fa i libanesi avevano paura, indietreggiavano, arretravano. Oggi tutto è cambiato! Siamo noi a doverci ritirare. I libanesi sono cambiati: non temono più un eventuale aggressione, non hanno paura di confrontarsi militarmente con noi. Israele non incute più timore.".

Hizb'Allah dunque non ha mutato la sua vocazione originaria di organizzazione di resistenza: senza la Resistenza - come ci hanno sempre confermato i dirigenti e gli amici del Partito a Beirut sud - non esisterebbe Hizb'Allah così come senza Hizb'Allah non esisterebbe oggi la Resistenza libanese.

"In questo contesto - dichiarerà parlando della nascita del movimento Sayyed Mohammad Fadlallah massima guida spirituale degli sciiti libanesi e tra i principali promotori della costituzione di Hizb'Allah all'inizio degli anni ottanta - la lotta contro Israele muterà di significato. Rispetto a prima questo confronto assumerà i tratti propri del Jihad (letteralmente "sforzo sulla strada di Dio") , della "guerra santa" islamica , di un dovere sulla strada dell'apostolato islamico e di un obbligo morale per tutti i musulmani. Una guerra determinata a sua volta dalla sua relazione con Dio, dalla sua relazione con la vita e con gli esseri umani... La nostra lotta deve comprendere ed analizzare i fondamenti della dominazione imperialista nella nostra regione e nel mondo. Colpire implacabilmente il nemico partendo dall'idea , dalla realtà fattuale, che esistono due mondi contrapposti: quello degli sfruttatori e quello degli sfruttati, dei dominatori e dei dominati, di mustakbirin (oppressori) e mustadafin (oppressi, diseredati)"

Non esiste soluzione di compromesso tra queste posizioni inconciliabili che formano una dicotomia assoluta connaturata con il credo sciita e formatasi nel culto e nella venerazione dell'Asciurà (commemorazione rituale sciita che ricorda il martirio a Karbala del terzo Imam al Hussein a.s.). Hizb'Allah , quale espressione dell'influenza iraniana nel Vicino Oriente a trent'anni dalla vittoria della Rivoluzione Islamica dell'Imam Khomeini, persegue politicamente e religiosamente l'obiettivo del riscatto morale, sociale, politico e militare degli oppressi libanesi.

Gli sciiti che formavano la classe sociale più bassa della società libanese negli anni 70 , con punte di analfabetismo pari al 70/80% e privi di qualsiasi reale potere nella società neofeudale del paese dei cedri, hanno cominciato a svegliarsi: dall'appello alla riscossa lanciato dall'Imam Moussa Sadr alla costituzione di 'Amal verso la metà degli anni settanta fino alla nascita di Hizb'Allah e alla lotta di liberazione che porterà i combattenti della Resistenza a riprendersi il sud del paese abbandonato in fretta e furia dalle truppe sioniste nella primavera 2000 fino ai più recenti avvenimenti interni che catalizzeranno attorno al Partito di Dio un vasto numero di partiti politici (laici e religiosi, atei e nazionalisti) creando l'Opposizione Nazionale all'esecutivo Siniora.

Se 'Amal (letteralmente Battaglione della Resistenza Libanese) sarà la casa-madre dal quale nascerà Hizb'Allah sarà l'influenza iraniana e l'invio di un contingente di basij-pasdaran nella valle della Beka'a nei primi anni ottanta a creare le premesse per la nascita e l'evoluzione di un soggetto politico e militare destinato ad influire sulla scena politica nazionale libanese e in tutto il Vicino Oriente per i successivi venticinque anni.

La Repubblica Islamica dell'Iran del resto non ha mai nascosto la sua relazione privilegiata con gli uomini di Hzb nè il suo interesse per il perimetro geopolitico e strategico palestino-libanese (come provano oggi gli stretti legami con Hamas abbandonato sostanzialmente dalle petrolmonarchie del Golfo e dai paesi arabi cosiddetti 'moderati' che hanno scelto, giocoforza, la 'carta' laica dell'Olp del presidente dell'ANP Abu Mazen) dove l'evoluzione in senso 'nazionale' del Partito di Dio andava progressivamente sviluppandosi modificando la dimensione strettamente sciita e la connotazione esclusivamente religioso-militare data inizialmente da Teheran all'organizzazione di cui fu segretario generale l'Ayatollah Sayyed Abbas Musavi (trucidato nel febbraio 1992 assieme alla moglie, al figlio e agli uomini della scorta da un raid terroristico di elicotteri israeliani).

Due dati sono da considerare quando si analizza l'evoluzione politica di Hizb'Allah: da un lato una sostanziale normalizzazione della situazione di eterno caos confessionale ed etnico della società libanese che - dopo la fine del conflitto civile e gli accordi di Taif - si è sbarazzata delle milizie religiose ricostituendo l'esercito nazionale allo sbando e l'autorità del governo centrale di Beirut estesasi , dopo l'aggressione del 2006 , anche ai territori del Libano meridionale; dall'altro lato l'impossibilità di costituire una qualsivoglia forma di "repubblica islamica" e la presa di coscienza in senso nazionale del movimento diretto da Nasrallah che cesserà di essere semplicemente il braccio armato "iraniano" in Libano per rappresentare un vero e proprio partito politico di massa, con un consenso vastissimo che porterà nel dicembre 2006  oltre due milioni di libanesi (più della metà della popolazione) ad invadere pacificamente il centro della capitale Beirut.

Hizb'Allah attualmente , dopo aver regolato i conti interni con la conquista manu militari di Beirut e gli scontri con i sostenitori dei partiti filo-occidentali del 14 marzo nella primavera 2008, ha dunque creato le condizioni per presentarsi all'appuntamento elettorale del prossimo 7 giugno sufficientemente sicuro di ottenere - qualunque sia il risultato delle urne - un successo per i suoi uomini e la coalizione di alleati che formano appunto l'Opposizione Nazionale ovvero l'insieme di movimenti e partiti che dai comunisti (con tre formazioni alleate di Hzb) ai socialnazionali siriani passando per i sunniti dei Murabitun (scissisi in due partiti), i nasseriani, i drusi di Wiam Wahab e quelli del principe Talal Irslan e finendo con i due movimenti laici cristiano-maroniti di Tayyar (Gen. Michel Aoun) e Marada (Souleiman Franje).

Comprendere la realtà multiforme, multietnica e multiconfessionale libanese appare spesso difficile impresa per chi non abbia direttamente seguito le fasi storiche e lo sviluppo della politica in evoluzione nel paese dei cedri dove, ricordiamolo come esempio, durante il conflitto civile (1975-1990) Hzb si vide costretta ad affrontare i 'cugini' sciiti di 'Amal o dove gli stessi miliziani di 'Amal si confrontarono militarmente con i comunisti e con le fazioni palestinesi. Strappi , cicatrici, lacerazioni, divisioni anche profonde che sono state ricucite e definitivamente lasciate ad un passato che tutti i libanesi vorrebbero dimenticare e che rappresentarono una stagione d'odio e di violenza che il Libano non vuole ripetere (ed è questo il senso ultimo della posizione assunta da Hizb'Allah negli ultimi 4 anni durante i quali il Partito ha sempre rifiutato di alimentare la violenza inter-confessionale ed inter-etnica che avrebbe sprofondato il paese in un caos generale sul modello di quanto stava avvenendo nel vicino Iraq e in Afghanistan ovvero evitando di cadere nelle trappole disseminate dai fautori del Nuovo Ordine Mondiale e dalla politica di sedizione e divisione esportata - in nome di democrazia e libertà - nel vicino Iraq dall'amministrazione neoconservatrice di Bush e dei suoi falchi).

Analizzando la situazione libanese l'ex premier Rafiq Hariri - ucciso da un'attentato il giorno di S. Valentino di cinque anni fa da mandanti e esecutori rimasti nell'ombra e per il quale venne immediatamente accusata la Siria - rispondendo ad un giornalista dichiarò: "Al di là delle nostre differenze dobbiamo trovare punti in comune e convergenze attraverso della nostra storia, della nostra lingua e incluso della nostra religione. Senza imporre o cercare di imporre i nostri punti di vista agli altri. Cristiani e musulmani devono coabitare in questo paese in piena uguaglianza, questo è ciò che desidero ardentemente. Prima della guerra (civile ndr) conoscevamo una situazione diversa...Sono nato nel 1944 e mai ho accettato il sistema politico prevalente in quell'epoca di sangue che destinava maggiori diritti ai cristiani rispetto ai musulmani. Non è un rifiuto dei cristiani ma un rifiuto di un sistema ingiusto. In diciassette anni di scontri e battaglie mai ho approvato il risentimento ed il rancore contro gli sconfitti della guerra civile. E mai dovremmo ragionare come se gli errori commessi dal tale o dal tal'altro individuo dovessero pregiudicare un'intera comunità. E' arrivato il momento di cambiare mentalità. Infine mi domandate come mai non ho disarmato Hizb'Allah? Voglio essere chiaro: il sud del paese si sta confrontando contro un'occupazione israeliana che provoca una resistenza. Comprenderete perfettamente che sia impossibile disarmare Hizb'Allah - una delle componenti principali di questa resistenza - fintanto che l'occupazione durerà."

Analogamente Hizb'Allah ha sempre ribadito che fintanto che l'occupazione israeliana rimarrà anche solo in un piccolo lembo di territorio libanese (a tutt'oggi restano sotto occupazione sionista le fattorie di She'eba e Kfashouba) il diritto alla Resistenza è più che legittimo anche considerando che le promesse sioniste sono state sempre regolarmente disattese e calpestate dai dirigenti di Tel Aviv alla prima occasione loro propizia.

Le scelte politiche interne di Hizb'Allah ed i riflessi che queste hanno avuto sullo scenario geoppolitico del Vicino Oriente sono dunque da considerarsi anche alla luce della cronaca recente che ha caratterizzato il Libano negli ultimi cinque anni: dal settembre 2004 con la decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di votare una risoluzione (la 1559) che chiedeva il ritiro del contingente militare siriano dal paese e il disarmo delle milizie si assisterà ad un progressivo deterioramento della politica libanese come programmato dagli strateghi della strategia della tensione multiconfessionale che avrebbe dovuto precipitare il Libano in un a nuova epoca di sangue e violenze politiche. A partire da quella risoluzione si assisterà alla pianificazione di un programma di destabilizzazione del paese che in ordine provocherà l'attentato mortale dell'ex premier Hariri, la formazione di un raggruppamento di forze filo-americane e pro-occidentali avverse a Damasco, la nascita (e rapida morte) della cosiddetta primavera (sionista) di Beirut e infine le elezioni del giugno 2005 alle quali Hizb'Allah - sottoposto a pressioni interne e internazionali - accetterà di correre alleandosi con i partiti filo-atlantici onde evitare lo scatenamento di un conflitto civile (confessionale ed etnico) che in quel momento avrebbe rappresentato una sciagura per l'intero paese e un rischio altissimo per i dirigenti del partito sciita. Nasrallah ed i suoi collaboratori, assodato che in Libano si stava cercando di riproporre gli schemi delle cosiddette "rivoluzioni arancioni" filo-americane e filo-occidentali fomentando lo scontro confessionale tra i libanesi (un programma che avrebbe reso il paese dei cedri vittima predestinata delle trame e dei complotti americano-sionisti e laboratorio politico delle diverse agenzie d'intelligence dei paesi arabi moderati, dell'Europa e degli stessi Stati Uniti), accetterà la partecipazione ad un esecutivo di unità nazionale assieme a quei soggetti politici (la Corrente Futura di Hariri, il Partito Socialprogressista del druso Jumblatt, la Falange di Gemayel e le Forze Libanesi di Geagea) che, all'indomani dell'aggressione israeliana dell'estate successiva, saranno i primi a puntare l'indice contro Hizb'Allah chiamandone i dirigenti a rispondere davanti alla società libanese di presunte responsabilità per lo scatenamento delle ostilità (lanciate unilateralmente da "Israele" la mattina del 12 luglio 2006). La politica ha dunque dimostrato che Hizb'Allah ha saputo attendere i momenti opportuni , analizzando e valutando le dinamiche socio-politiche in atto, giocando le proprie carte in modo responsabile ma assieme spregiudicato e cogliendo l'occasione di mostrare quando fosse stato necessario i muscoli agli avversari interni ed esterni. Hizb'Allah ha attuato dall'autunno 2004 ad oggi una serie di strategie fondamentali miranti essenzialmente ad evitare un suo coinvolgimento in un conflitto civile: dopo aver stretto una salda alleanza con 'Amal creando un fronte unico sciita a sostegno della Resistenza, Sayyed Hassan Nasrallah ha chiamato i suoi sostenitori in piazza, nel cuore della capitale Beirut, l'8 marzo 2005 per ribadire il suo sostegno all'alleato siriano. La posizione di solidarietà verso Damasco, che pure costerà inizialmente piuttosto caro a Hizb'Allah (l'azzardo politico del quale risulterà proprio la partecipazione alla successiva campagna elettorale in alleanza con i suoi avversari), servirà al partito sciita per confermare vecchie e nuove alleanze internazionali in un momento storico nel quale la Siria si veniva a trovare diplomaticamente nella scomoda posizione di accusata numero uno dell'attentato contro Hariri e la sua scorta e l'Iran a respingere le pressioni occidentali fattesi insistenti dopo la nomina (nel giugno successivo) di Ahmadinejad a presidente della Repubblica Islamica. Con Hzb all'interno dell'esecutivo Siniora cadevano le speranze dei partiti filo-occidentali libanesi di portare a termine vittoriosamente la "rivoluzione (sionista) dei cedri". Questo fallimento della politica d'ingerenza statunitense ed occidentale spingerà infine Tel Aviv a lanciare - alla prima opportunità - l'aggressione dell'estate 2006 che si rivelerà catastrofica per l'entità sionista creando attorno alla Resistenza e al Partito di Dio la solidarietà popolare dell'intero mondo arabo e la creazione in Libano di un vasto schieramento filo-siriano. I conti con i sionisti saranno regolati militarmente nel sud del paese durante i 34 giorni dell'aggressione quelli con i nemici interni verranno saldati quattro mesi più tardi con l'uscita dall'esecutivo Siniora (novembre 2006) e la discesa in piazza del blocco dell'Opposizione Nazionale (1 dicembre 2006). La situazione di crisi che si protrarrà fino al maggio 2008 pur lasciando il Libano in una sorta di "terra di nessuno diplomatica" (tra interventi stranieri e inutili vertici internazionali e pericolosi vuoti di potere dopo il ritiro del presidente filo-siriano Emile Lahoud) servirà a Hizb'Allah per mantenere alta la pressione politica evitando di farsi coinvolgere in un conflitto civile e mantenendo un basso profilo militante. Nè la rivolta jihaidista di Fatah al Islam a Nahr el Bared nè l'ennesima provocazione delle fazioni filo-occidentali riusciranno a trascinare il Libano in una nuova polveriera mediorientale: l'8 maggio 2008 i conti interni saranno regolati con la presa di Beirut che dimostrerà una volta ancora al mondo come sia inopportuno giocare d'azzardo con abili 'pokeristi' quali i dirigenti del partito sciita.  Gli avvenimenti della primavera 2008 determineranno nettamente un nuovo rapporto di forze all'interno del paese portando , quali risultati immediati, Hizb'Allah a partecipare alla costituzione di un nuovo esecutivo di unità nazionale, sostenendo l'elezione del neo-presidente della Repubblica designato nella figura del Gen. Michel Souleiman e alla liberazione di alcuni detenuti libanesi e palestinesi incarcerati nello stato ebraico attraverso la mediazione tedesca. La "politica dell'inclusione" e della "normalizzazione politica" di Hizb'Allah - così come quella della sua eventuale disintegrazione tentata manu militari dal governo d'occupazione sionista nell'estate 2006 - era miseramente fallita. Una politica dell'inclusione che non poteva assolutamente avere successo per le caratteristiche proprie della società libanese e del sistema politico del paese dei cedri: storicamente una democrazia confessionale, politicamente un puzzle di sigle e partiti rispondenti ai rispettivi clan familiari che influenzano la storia libanese fin dalla sua costituzione. Per comprendere pienamente come e perchè è stata varata dalle centrali di destabilizzazione atlantiche questa strategia della tensione mirante prima l'inclusione politica e successivamente la disintegrazione militare di Hizb'Allah crediamo opportuno quì riportare quanto scritto da due analisti occidentali in merito al ruolo politico dei movimenti islamici e alle strategie di "persuasione" attuabili nei loro confronti per ridurne la potenzialità e la carica rivoluzionaria: "Non è facile dire come affrontare le tendenze potenzialmente negative e anti-occidentali dell'estremismo islamico, ma sicuramente ci sono due obiettivi da raggiungere. Prima di tutto cercare di cambiare - dove possibile - l'atteggiamento e le scelte politiche intransigenti dei movimenti islamici. Si tratta di movimenti che stanno subendo una trasformazione e che rappresentano una grande varietà di idee, tattiche, direzioni e obiettivi. E' importante, sia per l'Occidente sia per i governi musulmani, saperli distinguere uno dall'altro per affrontarli. Il secondo obiettivo è quello di emarginare gli elementi più estremisti con tattiche che non portino a un'escalation della violenza da entrambe le parti, giacchè questo perlopiù produce un rafforzamento degli estremisti invece che a un loro indebolimento. Ma non è un'impresa facile. Alla fine comunque entrambi i problemi potranno essere affrontati con successo solo includendo l'Islam nel sistema politico, non certo escludendolo. Le politiche dell'esclusione molto semplicemente non hanno funzionato. La repressione ha finito per accrescere la popolarità dei movimenti islamici e per far imboccare loro direzioni ancora più violente proprio a causa della repressione subita; Egitto ed Algeria ne sono la dimostrazione." (5) Un'analisi che sicuramente può valere nei menzionati casi dell'Egitto dei Fratelli Musulmani (esclusi de facto dal panorama politico nazionale) o all'Algeria del FIS (Fronte Islamico di Salvezza 'democraticamente' bloccato con un colpo di Stato militare e ridotto successivamente alla macchia con un'azione degna dei migliori regimi golpisti sudamericani pur di evitare un trionfo elettorale dato per certo nel dicembre 1992) ma che non ha funzionato nè potrà mai funzionare in una democrazia su basi confessionali quale quella libanese e dinanzi ad un soggetto politico come Hizb'Allah che ha saputo cogliere i 'segni dei tempi' prevedendo rapidamente le dinamiche politiche della società nella quale opera oramai ininterrottamente da quasi un trentennio. E fintanto che saranno queste le 'soluzioni' ritenute opportune dall'establishment dei paesi occidentali sarà assolutamente impossibile qualsiasi forma di collaborazione o di dialogo con i movimenti di resistenza quali Hizb'Allah e Hamas che si caratterizzano sia per la loro dimensione religiosa che per quella nazionale. Nè, lo abbiamo visto in precedenza, potrebbe esistere un movimento quale Hizb'Allah privo di una delle due dimensioni. La peculiarità sciita originaria è andata infatti integrandosi con quella particolarista del nazionalismo libanese: la Resistenza nata sotto l'ala protettrice di Teheran e sotto il segno "islamista" della Rivoluzione di Khomeini si è andata trasformandosi in Resistenza Nazionale legittimamente riconosciuta dalla società, dalle Istituzioni politiche e da tutti i libanesi.  Ricordando i primi anni ottanta e la nascita di Hizb'Allah scrive Yann Richard: "Esiste un 'altra etichetta sconosciuta che suggestiona gli occidentali, quella di Hezbollah (o Hizbullah), nata dopo l'invasione del Libano degli israeliani nel 1982. Letteralmente significa "Partito di Dio" (non come si è scritto e letto sui mezzi di comunicazione dei "pazzi di Dio"). In realtà nè in Libano nè in Iran è un "partito" con una sua dottrina e i suoi membri debitamente iscritti, anche se esiste un consiglio consultivo di dodici membri, religiosi, con turbante e mimetica. La maggioranza di questi sono provenienti dalla Beka'a e alcuni ulemà che studiarono a Nayaf e Qom , come Ibrahim el Amin o Sobhi al Toffeyli. Esiste anche un consiglio superiore sciita che si incarica del coordinamento internazionale di Hizb'Allah e la cui sede è a Teheran. Il suo presidente è un iracheno dissidente, Mohammad Taqì Modarresi e il responsabile un giovane religioso iraniano conosciuto all'inizio della rivoluzione islamica per essere il leader di gruppi di studenti incaricati di colpire intellettuali liberali e di sinistra, si tratta dell'hojiatolislam Hadi Qaffari. E' Hizb'Allah una milizia mercenaria direttamente finanziata dall'Iran o una federazione più o meno informale di militanti in cerca di un partito rivoluzionario? Il programma dell'Hizb'Allah libanese , pubblicato come "lettera aperta" nel febbraio 1985, fa riferimento ad una "Comunità Islamica universale" (Ummah) agli ordini della guida di un giuriesperto, l'Imam Khomeini. Fa riferimento alla lotta contro "l'America, i suoi alleati del Patto Atlantico e l'entità sionista usurpante la terra santa della Palestina islamica". Critica Amal , rimproverandone la moderazione e denuncia la partecipazione di Nabih Berry nel governo di Amin Gemayel. Per Hizb'Allah qualsiasi compromesso con i dirigenti maroniti è illecito , perchè i musulmani devono vivere in uno stato islamico governato da musulmani. Il suo obiettivo pertanto è la creazione di uno Stato islamico nel Libano , replica della Repubblica Islamica iraniana, basato sulla tutela del giurista-teologo (Velayat et Faqì) , uno stato nel quale i cristiani godranno di determinate libertà , a differenza delle innumerevoli limitazioni delle quali soffrono i musulmani sotto uno stato diretto da cristiani." (6)  Inutile sottolineare che , proprio partendo da questo genere di analisi sulla complessa realtà dello Sciismo, gli intellettuali - i cosiddetti "orientalisti" in particolar modo, questi 'agenti del pensiero' che rappresenterebbero l'avanguardia più o meno intellettuale dell'Occidente per la conoscenza e l'approfondimento delle realtà non occidentali (identico discorso oltre al mondo islamico potremmo farlo per quanto concerne le realtà centro-sud americane , la Cina e l'estremo Oriente o la Russia sulle quali l'occhio vigile dell'Establishment mondialista ha da tempo riportato in auge vecchi clichè riesumandone alcuni dal periodo della "Guerra Fredda" o adattandone di nuovi sul modello proposto da Samuel Huntington nel suo "Lo scontro delle civiltà") -  hanno completamente fallito qualsivoglia analisi relativa a una realtà articolata, polifunzionale, dinamica e in trasformazione qual'é Hizb'Allah per il quale non è stato possibile applicare le sopraindicate linee guida di 'contenimento' e normalizzazione. Linee guida , quelle dell'Occidente, che continueranno a fallire fintanto che l'Europa per prima - sganciandosi dalla tutela statunitense e prendendo direzioni di politica estera ed economica indipendenti da Washington e dai diktat sionisti - non saprà comprendere in pieno quali siano i suoi reali interessi nel Mediterraneo orientale e quali i suoi interlocutori privilegiati. E fallirà qualsiasi ennesima riproposizione di contenziosi diplomatico-politici che la neocostituita amministrazione statunitense del democratico Barak Obama intenderà lanciare nei confronti di Teheran, di Damasco o dei movimenti islamici del Libano e della Palestina.  La realtà storica, la strategia geopolitica, la forza militare, il peso politico e la base di popolarità oramai conquistate o adottate da Hizb'Allah sono dati rilevanti e assolutamente insindacabili contro i quali dovranno fare i conti tutti: dalla comunità internazionale ai paesi arabi più o meno moderati, dall'entità sionista all'Europa, comprendendo la Russia (alleata di Teheran e sostenitrice del programma di ricerce civili nucleari iraniane) e gli Stati Uniti. Nessuno può attualmente sottostimare l'impatto politico che avranno le elezioni libanesi del prossimo 7 giugno e la prospettiva di una vittoria di Hizb'Allah e dei suoi alleati dell'Opposizione Nazionale. Un'appuntamento che troverà pronti gli uomini di Hzb. Di questo ne siamo pienamente convinti, come sempre!   


Note

 

1) Ariel Sharon in "Estudios Arabes" - Numero 5/6 , Buenos Aires (Argentina) Gennaio-Giugno 1984;

2) Mohammad Hassan al Amin in "Estudios Arabes" - ibidem;

3) si veda in proposito Maurizio Blondet - "I Fanatici dell'Apocalisse" ediz. "Il Cerchio" - Rimini 2002;

4) Roberto Giammanco - "L'Immaginario al potere: religione, media e politica nell'America reaganiana" - ediz. "Antonio Pellicani" - Roma 1990;

5) Graham E. Fuller/ Ian O. Lesser - "Geopolitica dell'Islam - I paesi musulmani, il fondamentalismo, l'Occidente" - ediz. Donzelli , Roma 1996; 6) Yann Richard - "L'Islam chi'ite" - ediz. "Librairie Arthème Fayard" - Paris (Francia) 1991;

 

*da Haret Hreik , Beirut sud (Libano)  Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia" da Haret Hreik, Beirut sud (Libano)