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Crimini di guerra a Gaza, i racconti dei soldati israeliani

di Carlo M. Miele - 20/03/2009





Durante la recente offensiva israeliana nella striscia di Gaza, diversi civili sono stati uccisi in maniera indiscriminata. Omicidi a sangue freddo, violenze e atti di vandalismo hanno costituito, più che l’eccezione, la regola.

Dopo
le denunce di osservatori indipendenti e ong, adesso è arrivata anche l’ammissione di alcuni soldati israeliani che hanno preso parte alla campagna.

I militari, tutti provenienti dall’accademia Yitzhak Rabin, hanno raccolto le proprie testimonianze in una lettera inviata allo Stato maggiore di Tel Aviv e ripresa da diversi media dello Stato ebraico.

In uno dei racconti si parla di una donna palestinese uccisa insieme ai suoi due bambini da un cecchino israeliano solo perché, al momento di abbandonare la propria abitazione, aveva sbagliato strada, non avendo ben compreso le istruzioni dei militari.

Un‘altra donna, un’anziana, è stata freddata mentre camminava a un centinaio di metri da casa sua. "Non so se fosse sospetta, non sospetta, non conosco la sua storia… Quello che so è che il mio superiore ha mandato degli uomini sul tetto per farla fuori… E’ stato un omicidio a sangue freddo", si legge in una delle testimonianze.

Altri racconti descrivono violenze, atti di vandalismo, danneggiamenti indiscriminati. "Gettavamo qualsiasi cosa fuori dalle finestre, per fare spazio. Ogni cosa… Frigoriferi, piatti, mobili. L’ordine era di gettare tutto fuori", ha raccontato un soldato.

Le testimonianze dei cadetti dell’accademia Rabin pongono l’accento anche sulla terminologia religiosa utilizzata nei pamphlet fatti circolare tra le truppe al momento dell’attacco.

"Tutti gli articoli avevano un messaggio chiaro. Noi siamo il popolo di Israele, siamo arrivati in questa terra quasi per miracolo, adesso dobbiamo combattere per sradicare i gentili che interferiscono con la ri-conquista della Terra Santa", ha riportato un militare dell’Idf, aggiungendo che "la sensazione di molti soldati era che questa fosse una guerra di religione”.

Intervenendo alla radio pubblica israeliana, il direttore dell’accademia, Dany Zamir, ha parlato di  "testimonianze molto dure che denotano un’atmosfera in cui ognuno si riteneva autorizzato a utilizzare la forza contro i palestinesi senza restrizioni".

Tali testimonianze, ha dichiarato Moshé Hanegbi, un commentatore della radio specializzato in questioni legali, sono "tanto più inquietanti perché non vengono dai palestinesi, ma da soldati che non hanno alcun interesse a offuscare la reputazione dei propri commilitoni"

Lo stesso Hanegbi ha aggiunto che adesso una eventuale inchiesta interna all’esercito “non sarebbe credibile quando Israele è accusato di crimini di guerra all’estero e dei suoi ufficiali potrebbero essere perseguiti in campo internazionale".

Al momento non è giunta alcuna reazione ufficiale da parte dell’esercito israeliano.

L'offensiva militare nella striscia di Gaza, iniziata lo scorso 27 dicembre e terminata il 18 gennaio, ha causato oltre 1300 morti e circa 5mila feriti tra la popolazione palestinese.

Tra le vittime – secondo fonti ospedaliere di Gaza – ci sono 437 bambini di età inferiore ai 16 anni, 110 donne, 123 anziani, 14 medici e 4 giornalisti.

(fonte: France Presse, LeMonde.fr, Bbc News)