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J’accuse di Tanzi

di Carlo Lupo - 09/03/2006

Fonte: Rinascita

 



Un je accuse contro le banche, con le quali aveva instaurato un “rapporto drogato”. Questa, in sostanza, la deposizione dell’ex patron di Parmalat Calisto Tanzi ieri al processo che lo vede imputato a Milano per il crac del gruppo di Collecchio. Tanzi punta l’indice contro il cuore del sistema del mondo finanziario: le banche. Tutto quello che ha fatto - afferma - è stato compiuto “sotto la loro guida”. Tanzi ammette di avere delle responsabilità, ma lascia chiaramente intendere che gli artefici delle operazioni che hanno portato al fallimento da 14 miliardi di euro sono altri: “Se qualcuno avrà senso cristiano nell’accordarmi il perdono, questo non eliderà comunque le mie responsabilità”. E ancora: “Provo dolore e rimorso per aver danneggiato tante persone che avevano creduto in me”. “Ribadisco - ha aggiunto Tanzi - di assumermi tutte le responsabilità come amministratore di Parmalat, la mia Parmalat, che non doveva diventare una grave truffa, sotto la guida mia e il consiglio di banche d’affari internazionali”. Tanzi ha raccontato di aver trascurato per “disinteresse” e “incapacità” la gestione finanziaria, interpretando il finanziamento concesso dalle banche come “un atto di fiducia”. “Parmalat - ha detto - non ha mai avuto problemi di accesso al credito, erano gli stessi istituti quasi a inseguirci, nonostante i conti non fossero un modello di trasparenza”. E che i suoi stessi finanziatori, e cioè le banche, erano “promotori dell’occultamento della reale situazione”.
Tanzi leggendo il memoriale in aula ha chiarito che ripercorrerà le tappe di un sogno della sua vita, “un sogno infranto”. Secondo quanto poi chiarito dal legale Giampiero Biancolella, “le ricostruzioni partiranno dalla fine degli anni ‘80 ad oggi” e ci sarà ancora “uno squarcio sintetico della storia di Parmalat” dagli anni ‘90 alle operazioni definite dall’attuale amministratore delegato di Parmalat ed ex commissario straordinario Bondi “disperate” del 2003. Ribadisce Tanzi: solamente dopo mesi“ho capito la reale finalità e lo scopo delle molteplici operazioni finanziarie sotto la guida e il consiglio di istituti di credito e banche d’affari internazionali”. E non è certo difficile crederlo.“Anche le due diligence che venivano effettuate in Parmalat, ad esempio in relazione alle emissioni di private placement, che furono gestite in via esclusiva da Bank of America - continua Tanzi - secondo quanto mi assicurava Tonna, erano pilotate”. “Così come erano pilotate da Bank of America anche le risposte che Parmalat avrebbe dovuto fornire agli acquirenti di private placement”.
Tanzi si è soffermato, in particolar modo, sull’operazione “ideata da Bank of America, relativamente a Parmalat Partecipacoes do Brasil, che ha generato le false informazioni fornite al mercato, a partire dal dicembre del 1999 fino al 2003”. Non c’è dubbio, ha aggiunto Tanzi, che tutte le comunicazioni al mercato “e relative a queste operazioni prodromiche alla quotazione in Borsa del comporto brasiliano di Parmalat, progetto poi fallito, siano il frutto di quanto suggerito, proposto e attuato da Bank of America”.
Una bomba che esplode nel mondo finanziario, anche perchè Tanzi ha tra l’altro affermato di voler fare questo intervento non per “cercare di sottrarmi o diminuire le mie responsabilità” e affermando di aver “piena consapevolezza” del proprio operato.
Con “il rapporto drogato”, ha spiegato parlando delle banche, intende il fatto di aver “interpretato come fiducia nel mio modo di essere imprenditore”, il “continuo finanziamento da parte delle banche”. Finanziamenti che certamente avevano come obiettivi profitti a breve termine e non il rilancio del gruppo con solidi piani industriali.
Tanzi ha infatti ricordato la storia della Parmalat partendo dalla fine degli anni ‘80 arrivando alla quotazione da 300 miliardi di lire della Parmalat Finanziaria che venne utilizzata “per ripagare il debito con gli istituti di credito e solo un terzo, forse un quarto rimase nelle casse”, aggiungendo che non ha mai saputo che le obbligazioni venivano vendute a man bassa ai risparmiatori, Tanzi ha detto: “Lotterò con tutte le mie forze per far trionfare questa verità”. Perchè, ha aggiunto, la Parmalat è ancora a oggi un grande gruppo industriale, e il vero vulnus era insomma nella parte finanziaria. “Per mia incapacità ho trascurato la finanza della mia Parmalat pensando che la cura del lato industriale e dei prodotti fosse l’unica cosa che realmente contasse”. Non è così: chiunque abbia a che fare con i finanziamenti degli istituti di credito, piccolo o grande imprenditore che sia, conosce bene questa realtà.
Nella sua deposizione Bondi ha fatto un’ipotesi dell’ammontare effettivo del buco di bilancio di Parmalat: “Siamo di fronte a un buco da 14 miliardi di euro”. Ha inoltre accusato Fausto Tonna, ex direttore finanziario della Parmalat, di essere “il dominus delle operazioni di falsificazione”. “La centrale delle falsificazioni era senz’altro Parmalat - ha precisato - e non c’è dubbio che le falsificazioni fossero dentro Parmalat ed erano fatte dagli stessi dirigenti di Parmalat”, i quali avrebbero anche distrutto numerosi documenti compromettenti. Che vi siano oggettive responsabilità a carico dei dirigenti Parmalat non può e non deve essere in discussione. Ciò che risulta sempre più evidente, però, è che ad avere una parte fondamentale nel crac del gruppo di Collecchio vi sono gli istituti di credito e le banche d’affari. La bomba nel mondo finanziario è scoppiata. L’ennesima.