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Eden Pastora, il comandante zero

di Romano Guatta Caldini - 04/05/2009


 

 

Quando in occasione delle elezioni del 2006 i nicaraguensi vennero chiamati alle urne, Eden Pastora [nella foto sotto], in perfetto stile fiumano, montò su un cessna due casse acustiche e sorvolò a bassa quota la città di Managua lanciando le sue invettive contro il governo.

eden-pastora1_fondo-magazineIl futuro Comandante Zero aveva iniziato ad odiare le autorità fin da piccolo: a soli  sette anni vide il padre perire per mano dei sicari di Somoza. Negli anni successivi, a contrastare le forze governative del caudillo, grazie all’intesa  dei fratelli Ortega, sorge il Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, gruppo armato formato da marxisti, nazionalisti e cattolici. Negli anni ‘70 il movimento è in crisi a causa delle  diatribe interne inerenti la linea ideologica da seguire. E’ in questa fase che fa la sua comparsa un ex cacciatore di squali, Eden Pastora, forte di un esercito personale composto da campesinos e ribelli provenienti dalle città.

Tercerista, ideologicamente equidistante dal blocco sovietico quanto da quello statunitense, Pastora si batteva per l’instaurazione di un governo che, in seguito  al rovesciamento di Somoza, sapesse coniugare il socialismo con i valori della comunità nazionale.

Il 22 agosto del 1978 Pastora, a capo di un commando di ribelli travestiti con le uniformi della Guardia Nazionale, (forse memore dei propositi mussoliniani: «potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli;potevo sprangare il Parlamento…»), occupa il palazzo del congresso in quel momento riunito in seduta plenaria, riuscendo a respingere per due giorni gli  attacchi dell’esercito regolare. L’esito dell’operazione sarà la liberazione di una settantina di prigionieri politici, impunità e un biglietto aereo per Cuba. La foto di Pastora, basco nero e  fucile in mano, che sale sulla scaletta dell’aereo fa il giro del mondo.

L’impresa sarà la scintilla che darà l’avvio alla rivoluzione. Poco meno di un anno dopo infatti,  Somoza sarà deposto e i leaders del FSLN prenderanno il potere. Ma Pastora è  in rotta da tempo con i capi e  la linea filosovietica intrapresa dai frontisti. Così rinuncia alle cariche di governo che gli erano state assegnate e si getta in una nuova battaglia. Nel 1982 in clandestinità fonda l’Alianza Revolucionaria Democratica, formazione paramilitare in aperto conflitto con i compagni di un tempo che intanto si erano imbarcati in una serie di riforme che a lungo andare risulteranno disastrose.

L’accusa che peserà sempre sulla testa del Comandante, sarà quella di aver accettato finanziamenti dalla CIA. In realtà, Pastora non ha mai guardato in faccia nessuno pur di  portare avanti la sua guerra. E’ vero che venne finanziato da Reagan in chiave anticomunista, ma è anche vero che in periodi e congiunture internazionali differenti, accettò armi e aiuti anche da Castro e Gheddafi.

Quando nel 1984 Daniel Ortega, sicuro della vittoria indice le elezioni, il paese si trova dilaniato  dalla guerra civile tra i sandinisti e i contras appoggiati da Washington.

Intanto Pastora aveva preso il controllo di alcuni territori che si affacciavano sulla costa atlantica e aveva fondato la “Libera Repubblica di San Juan del Nord”. Inviso tanto alla CIA quanto ai sandinisti si vide costretto ad abbandonare la neonata Repubblica e ritirarsi al confine tra il Nicaragua e il Costa Rica.

Il 30 maggio, alla ricerca di una via di uscita, il Comandante indice una conferenza stampa per denunciare al mondo il vergognoso accordo CIA-Ortega che aveva per fine la sua eliminazione fisica.

Senza curarsi della presenza di osservatori internazionali venne fatto esplodere un ordigno nelle stanze dove si sarebbe dovuta tenere la conferenza. Il Comandante si salvò miracolosamente ma undici presenti tra cui tre giornalisti morirono a causa della deflagrazione.

Sull’accaduto, Pastora ha dichiarato: «La Cia e la Direzione sandinista si misero d’accordo per farmi fuori. Lo dice l’inchiesta dei giornalisti che ebbero i loro compagni morti. Americani e sandinisti avevano grande interesse a togliermi dal gioco e si unirono in questa operazione».

Il Nicaragua degli anni 80 sarà un paese in profonda crisi: economica dovuta alle scellerate riforme agrarie che non tenevano conto delle tradizioni secolari dei campesinos e politica causata dai  quadri dirigenti sandinisti che non seppero rinnovarsi, rimanendo impantanati in personalismi e lotte interne per la leadership.

Pastora non ha mai abbandonato l’opzione tercerista, così nel 1992 fonda il Movimento di Azione Democratica, contrario ad alleanze con il regime corrotto dei sandinisti come con i liberali appoggiati da Washington.

Il Comandante Zero, il parlamento era abiutato a prenderselo con la forza e forse per questo, per una sorta di contrappasso, le elezioni non le ha mai vinte.

Oggi Eden Pastora è un signore sulla settantina. Passa la vita a leggere quotidiani  ed è tornato a fare il pescatore. Lui i soldi non li ha fatti e così quando c’è da tirare la cinghia prende uno dei tanti cimeli della sua vita e  li vende al miglior offerente.

«Non ho mai avuto paura dei battaglioni di Somoza, del Fronte sandinista e neanche della morte. Ma mi fa paura una vecchiaia senza denaro, perché un anziano senza soldi è d’impiccio anche ai suoi stessi figli. Guadagnare il pane pescando è l’unica maniera che conosco per vivere onestamente.»

I suoi ex compagni invece si sono arricchiti all’ombra del potere. Daniel Ortega vive rinchiuso nel feudo che fu di Somoza e il gruppo dirigente sandinista non si fa problemi a candidare alla vicepresidenza Jaime Morales Carazo, un vecchio speculatore di Wall Street che ai tempi della guerriglia rimpinguava le casse dei contras.

A chi gli chiede un giudizio sugli anni della guerriglia, Pastora risponde: «I miei compagni erano giovani, confusero il sandinismo con il marxismo. Non avevano alcun concetto di lavoro di famiglia di responsabilità. La direzione nazionale distrusse un sistema economico e non ne costruì un altro, nemmeno quello di stampo socialista che teorizzavano. Mi disillusi già nei primi giorni».

Dello stesso avviso è il premio nobel Josè Saramago: «Ancora una volta una rivoluzione è stata tradita dall’interno».

Ma l’indole di Pastora è tutt’altro che rinunciataria. Quando un giornalista  gli  chiese cosa pensasse di fare in futuro, il Comandante in modo secco e deciso disse:

«Guardi, se avessi degli appoggi farei subito un’altra rivoluzione in Nicaragua e in Centro America. Perché, anche se nessuno lo ammette, le basi su cui stiamo costruendo le nostre democrazie sono marce».

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