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Il “bagno di sangue” dei civili tamil

di Alessia Lai - 12/05/2009

 

 
Il “bagno di sangue” dei civili tamil
 

Un fine settimana “di sangue”. Nelle zone tamil ribelli dello Sri Lanka, tra sabato e domenica sono state registrate 378 vittime. Di queste oltre 100 erano bambini, rimasti uccisi nei bombardamenti lanciati dall’esercito governativo, lo SLA, nella regione nord-orientale. Ma secondo i dati riferiti dalle Tigri Tamil, le Ltte, i ribelli in lotta per la secessione, le cifre sarebbero molto più alte, vicine alle duemila persone nei bombardamenti d’artiglieria dell’esercito regolare. Nel fine settimana è stato un medico che lavora nella zona del conflitto a parlare dei corpi di 378 persone trasportate nel suo ospedale e di altri 1.122 feriti. Secondo la stessa fonte, citata dalla BBC, sembrerebbe che dalle zone sotto controllo del governo sia partito un attacco con armi pesanti contro una zona a maggioranza civile sotto controllo dei ribelli separatisti. Dal canto suo l’esercito di Colombo, che ha rifiutato, di fatto, la tregua proposta dalle Tigri, sostiene invece che a provocare il massacro siano stati gli stessi Tamil, che avrebbero sparato con i mortai sulla popolazione civile allo scopo di incolparne le forze armate. Secondo quanto riportato dall’agenzia AFP, tra i civili Tamil fuggiti dai bombardamenti, medicati da dottori francesi, ve ne sarebbero anche numerosi feriti da bombe al fosforo. “L’Onu aveva insistentemente messo in guardia dal rischio di un bagno di sangue, mentre vedevamo un costante aumento di morti civili negli ultimi mesi - ha dichiarato ieri mattina il portavoce Onu Gordon Weiss -, gli omicidi su larga scala di civili nel weekend, comprese le morti di oltre 100 bambini, mostrano che il bagno di sangue è diventato una realtà”. A fine novembre 2008 Colombo ha iniziato una feroce campagna militare contro le roccaforti Tamil nel nordest del Paese, in tre mesi di scontri, secondo le stime delle Nazioni Unite aggiornate ad aprile si contano circa 6.500 civili uccisi.
Secondo gli osservatori delle Nazioni Unite, sarebbero ancora circa 50.000 le persone intrappolate nella striscia di tre chilometri quadrati in cui l’esercito di colombo ha stretto i ribelli Tamil nell’atto finale di una guerra cominciata nel lontano 1983.
Rifiutando la propaganda di Colombo secondo cui i bombardamenti sui civili sarebbero stati messi a segno dalle Tigri per poi accollare le vittime al governo cingalese, Selvarasa Pathmanathan, il capo delle relazioni internazionali delle Ltte, il movimento dei ribelli, lunedì ha invitato i governi mondiali a persuadere il governo di Colombo ad evitare una tragedia collettiva che il governo centrale dello Sri Lanka starebbe perseguendo manifestando una chiara volontà genocida. “Le Ltte rifiutano categoricamente ogni accusa da parte del governo dello Sri Lanka e del suo esercito che afferma che i colpi di artiglieria e i bombardamenti siano stati messi a segno dai ribelli”, si legge nel comunicato ufficiale delle Tigri. In questo rimbalzo di accuse e smentite, comunque, a non avere pace sono i civili tamil. Ventisei anni di guerra civile hanno ucciso quasi 70.000 persone e a poco più di un anno dalla volontà unilaterale del governo di Colombo di rinunciare ad una pace mediata con i ribelli, la realtà della minoranza induista dello Sri Lanka è fatta di massacri pressoché quotidiani che non distinguono tra guerriglieri e civili, moltissimi dei quali donne bambini indifesi, che oltre a dover sfuggire alle bombe versano in condizioni umanitarie disperate a causa della mancanza di cibo, acqua, cure mediche di base e strutture protette in grado di accogliere le migliaia di persone in fuga dai combattimenti. Intanto un sito vicino ai ribelli Tamil ha annunciato che il portavoce militare dei separatisti, Ilanthirayan, sarebbe rimasto gravemente ferito negli scontri, anch’egli colpito durante l’attacco sferrato domenica dall’esercito dello Sri Lanka.