Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Vecchia Europa e giovame America

Vecchia Europa e giovame America

di Franco Cardini - 15/03/2006

Fonte: identitaeuropea.org

 
Abbiamo imparato due cose: che per vivere in pace bisogna esser pronti alla guerra, se non altro per esser in grado di difendersi, ma che la guerra in sé non è mai una soluzione; e che la libertà individuale, se non vogliamo cader in balìa di anonime corporations finanziariamente e tecnologicamente egemoniche, dev’esser costantemente protetta ma anche limitata e controllata dalle istituzioni della società civile nonché condizionata dalla solidarietà e dalla socialità

Il dibattito si fa sempre più serrato: proviamo ad accrescerne l’intensità ma al tempo stesso a moderarne i toni.

Europa e America; o, più propriamente, Europa e Stati Uniti d’America: perché il continente americano nel suo complesso è già altra cosa. Il Canada e il Québec sono strettamente collegato al Commonwealth e alla Francia; l’America latina, che indubbiamente risente profondamente della prossimità e dell’egemonia degli States (e che, largamente dominata, d’altro canto dà loro forti grattacapi: Castro, Chavez, l’invasione democulturale portoricana e messicana...), conserva dal canto suo la forte impronta spagnola o portoghese e mantiene anche, largamente presenti, le sue tradizioni “native”, perché gli indios (a differenza dei “pellerossa” del nord) non sono stati sterminati. Semmai, tutto il continente ha il problema degli afroamericani: e ciò costituisce un’ulteriore differenza rispetto all’Europa.

Ma i due campi nei quali ci andiamo attualmente dividendo rispondono in modo differente alla domanda: fino a che punto noi europei e gli “americani” (nel senso degli statunitensi) siamo simili, da che punto in poi diversi?

Alcuni fra noi - in modo abbastanza trasversale: cattolici e laici, “di destra” e “di sinistra” - rispondono sottolineando le affinità, se non addirittura l’identità: entrambi saremmo parte di una sola “civiltà occidentale”, incentrata sull’alleanza atlantica e fondata sui valori della democrazia liberale, del rispetto della persona umana, dei diritti dell’Uomo, della libertà dell’individuo.

Altri replicano sottolineando le differenze: la giovane e libera America ha radici senza dubbio europee, ma soprattutto anglo-olandesi e protestanti, principalmente calviniste. Confessione protestante, tradizione giuridica d’origine anglosassone e vicende storiche hanno collaborato nel configurare una “nazione” nata dalla limatura emigrante d’Europa con altri apporti (native American, afroamericano, latinoamericano, anche cinese e giapponese) e fondata su una concezione della libertà individuale tendente a ridurre al minimo i freni sociali e comunitari. Il “bagno di sangue” della guerra civile ha cementato una “nazione” caratterizzata da forti differenze socioeconomiche le élites della quale sono abituate da quasi due secoli (la “dichiarazione Monroe” è del 1823) a considerare il mondo sotto l’aspetto del loro sviluppo, del loro interesse, del loro “manifesto destino”. Il loro concetto di “Occidente” è inscindibile da quello d’un’egemonia sentita come coincidente con il bene oggettivo del genere umano.

Noialtri “vecchi” europei siamo diversi. Ci siamo scannati durante quattro secoli, dal Cinquecento al Novecento, per la fede (cattolica o riformata), per i confini, per le patrie, per le nazioni. Napoleone e Hitler avrebbero voluto far di noi una sola nazione, naturalmente sotto un popolo-guida, perché senza un gruppo-leader le nazioni non nascono. Non ce l’hanno fatta: siamo una costellazione di simili-diversi, un “arcipelago”. Dopo la tragedia della Guerra dei Trent’Anni (1618-1648) e la grande guerra nazionale e civile-ideologica del 1789-1945 distinta in tre fasi drammaticamente collegate fra loro (1789-1815, 1848-1870, 1914-1945), abbiamo imparato che non c’è uscita: o ci uniamo, o non abbiamo futuro. Per il momento, non ce la stiamo facendo: ma bisogna riprovare, magari ripartendo da zero se la prima fase dell’Unione Europea, che adesso appare in crisi, è stata una falsa partenza. Intanto abbiamo imparato due cose: che per vivere in pace bisogna esser pronti alla guerra, se non altro per esser in grado di difendersi, ma che la guerra in sé non è mai una soluzione; e che la libertà individuale, se non vogliamo cader in balìa di anonime corporations finanziariamente e tecnologicamente egemoniche, dev’esser costantemente protetta ma anche limitata e controllata dalle istituzioni della società civile nonché condizionata dalla solidarietà e dalla socialità.

Questa la lezione della vecchia Europa alla giovane America; questa la sua alternativa all’American way of life che ha prodotto disuguaglianze e ingiustizie, vertigini di opulenza e abissi di miseria. Un “Occidente” che cancelli queste distinzioni nel nome di un Anschluss culturale euroamericano o di una astratta magna Europa, non c’interessa. Preferiamo restar fedeli alla nostra funzione storica di “cerniera” rispetto alle altre civiltà, ai modi di vivere e di pensare diversi dai nostri. Somiglianza e amicizia, magari alleanza, sì; rinunzia alla specificità e subordinazione, no.