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Barack Obama, Guantanamo e la guerra al terrorismo

di Danilo Zolo - 05/06/2009

 


Obama sta facendo grandi passi indietro? Le esaltanti promesse dei primi «cento giorni» erano «promesse di marinaio», che sapeva di non poter mantenere?
Negli Stati Uniti si sta diffondendo l'opinione, sostenuta con successo dall'ex vicepresidente Dick Cheney, che la guerra al terrorismo, così come era stata impostata dall'amministrazione Bush dopo l'11 settembre, non aveva alternative. La sola alternativa era la resa senza condizioni al fanatismo islamico. L'11 settembre sarebbe stato solo l'inizio di una lunga catena di attentati sanguinari. Per impedirli, Guantanamo era indispensabile, come le torture fisiche e psicologiche più crudeli, inclusa il water boarding. Altrettanto utili erano i processi delle corti marziali ad hoc, volute da Cheney, oltre alle extraordinary renditions e le altre attività, legali o illegali, della Cia e degli altri servizi segreti. E giuste, se non «sante», erano state le guerre preventive contro i nemici dell'Occidente - Afghanistan e Iraq -, anche se condotte in palese violazione della Carta dell'Onu e delle Convenzioni di Ginevra.
Una seconda opinione accompagna obtorto collo le dichiarazioni di Dick Cheney: Obama, con le recenti decisioni, rischia di confermare senza volerlo la bontà dell'operato di George Bush. Appena nominato presidente, Obama aveva annunciato la sospensione dei processi in corso in cui venivano giudicati 21 dei 254 detenuti di Guantanamo. Si era inoltre pronunciato per la completa chiusura della prigione-lager e a favore di provvedimenti a tutela dei diritti delle centinaia di «nemici combattenti» illegalmente incarcerati negli Usa e altrove.
Oggi, in parte pressato dal suo stesso partito, Obama si impegna a non lasciare liberi i detenuti di Guantanamo. Intende rinchiuderli nelle «super-carceri» Usa e, decisione particolarmente grave, ripristina il funzionamento dei tribunali militari ad hoc contro chi «ha infranto le convenzioni di guerra». Infine, Obama conferma l'idea - da ogni punto di vista illegale e politicamente inaccettabile - di trasferire una cinquantina di detenuti nei paesi di origine perché vi vengano processati. Buon ultimo, ha garantito assoluta impunità agli agenti della Cia e ai militari che abbiano praticato la tortura obbedendo a ordini superiori.
Si tratta davvero di «passi indietro»? Secondo Sergio Romano - Corriere della sera del 23 maggio - sarebbero «inevitabili». Di fronte alla permanente minaccia del terrorismo islamico Obama non può sconfessare tutti gli errori del suo predecessore senza mettere in crisi le istituzioni - Forze armate e Servizi di sicurezza - da cui dipende la sicurezza dello Stato. Ha ragione, ma ad una sola condizione: la condivisione dell'impostazione della «guerra al terrorismo» decisa da Obama e dal suo Segretario di Stato, Hillary Clinton.
È un'impostazione che non solo non si allontana dalla strategia della amministrazione precedente ma, a parte gli eufemismi diplomatici di cui si adorna, sembra aggravarla. La nuova presidenza indica nell'area dell'Afghanistan e del Pakistan occidentale la culla del terrorismo globale e si propone di sconfiggerlo - identificandolo con Al Qaeda, i Taliban e, di fatto, l'intera etnia Pashtun - con la forza delle armi. Si ritiene che il terrorismo si sconfigga intensificando e concentrando nell'area afghano-pakistana l'impegno militare americano e degli alleati europei, ancora una volta sotto l'egida illegale della Nato. A questo fine Obama non solo non abbandona il modello della guerra preventiva, inaugurato da Bush, ma pretende di garantire l'egemonia Usa nell'area asiatica con metodi che contraddicono ogni strategia multilaterale e post-egemonica.
Ma chi conosce l'Afghanistan è in grado di prevedere che l'etnia Pashtun non verrà sopraffatta. Non saranno le stragi di persone innocenti, falsamente qualificate come terroristi taliban, a portare alla vittoria gli Stati Uniti e della coalizione occidentale, Italia compresa. Nell'area afghano-pakistana nessuna «guerra umanitaria» consentirà il trionfale insediamento degli interessi occidentali.

L'uso ostinato e illegale della forza militare sarà la premessa di più estesi conflitti fra armate occidentali e combattenti islamici che dichiarano di combattere per la libertà del loro paese. E il terrorismo internazionale celebrerà le sue vittorie.