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Chiusura della base di Manas

di Jean Geronimo* - 08/06/2009

 
 

Chiusura della base di Manas: arretramento americano sullo scacchiere eurasiaticco. Scacco matto per BrzezinskiI ?




"La partita che si gioca lungo i confini della Russia non è più l’arginamento della guerra fredda, ma l’arretramento (‘roll back’)"
Brzezinski (2000)
"La Grande scacchiera"

Spettacolare sconfitta diplomatica per Washington ! La chiusura nel 2009 della sua base (kirghisa) di Manas – dopo quella della sua base (uzbeka) di Karshi-Khanabad nel 2005 –avrà, alla lunga, un impatto strategico primario nella misura in cui essa implica un rimaneggiamento della sua politica nella zona post-sovietica, tradizionalmente imperniata contro la Russia. In effetti, dopo l’implosione dell’URSS (25/12/1991) Washington aveva messo in opera una politica di riflusso (‘’roll back’’) della potenza russa, al fine di sostituirsi nella sua leadership imperiale ereditata dal sovietismo. Ora, la perdita di questo anello strategico verso l’Afghanistan obbligherà l’amministrazione americana a riallacciare un vero dialogo con Mosca, ormai inevitabile nella regione. E questo fiasco è tanto più flagrante in quanto ha il significato di un confessione d’impotenza per Washington, incapace di ‘’persuadere’’qualche altra repubblica dell’ex URSS ad ospitare – in sostituzione di Manas – una base americana sul proprio territorio. Una delle principali ragioni per queste ultime è la volontà di evitare ogni fonte di tensione con Mosca, di nuovo padrona del suo cortile di casa. La Russia è di ritorno.

Nelle sue grandi linee, la perdita di Manas esprime un duplice simbolo geopolitico : da una parte, del fallimento della strategia d’influenza americana in Asia centrale e, dall’altra parte, del ritorno dello Stato russo nella sua storica zona di dominio. Perché il principale successo di V. Putin è stato il ridare una certa legittimità ad uno Stato forte e centralizzato, bramoso di riprendere il controllo del suo ‘’estero prossimo’’ (la CSI) in vista di rendere sicuri i suoi spazi periferici e, alla fine, di rompere la strategia d’accerchiamento messa in opera da Washington a partire dalla transizione post-comunista. Così, V. Putin ha riabilitato uno Stato russo nuovamente imperniato su una strategia di potenza e di difesa dei suoi interessi nazionali, allargati all’ex spazio sovietico. E, secondo Z. Brzezinski, questo comportamento attesterebbe il rifiuto dei Russi di accettare ‘’la nuova realtà dello spazio post-sovietico’’, in altre parole l’ingerenza americana nel loro vecchio spazio politico – e al di là, quella dell’Europa in ciò che quest’ultima ormai chiama il ‘’vicinato condiviso’’. Inutile provocazione.

Tendenzialmente, la strategia americana segue la linea anti-russa di Brzezinski che mira al controllo dell’Eurasia, cuore strategico (ed energetico) del mondo e, a questo fine, ad impedire l’emergere di ogni potenza ostile di prima grandezza, cioè potenzialmente la Russia e la Cina. Su quest’asse di ragionamento si tratta, secondo Brzezinski, stratega e consigliere di Obama, di definire ‘’una geostrategia d’insieme a lungo termine concernente l’Eurasia’’ in vista di stabilizzarvi una forma di dominazione mondiale. In definitiva, ciò implica la manipolazione dei ‘’principali attori geostrategici presenti sullo scacchiere eurasiatico’’ e in particolare in Asia centrale – nell’ottica (specialmente) d’installare delle basi nella periferia russa.
Quest’odio viscerale per i Russi struttura il discorso di Brzezinski, che percepisce la Russia come erede della guerra fredda e la sua strategia estera come un residuo del sovietismo. Nella sua opera, ‘’L’America di fronte al mondo’’, Brzezinski ricorda che, negli ultimi 4 secoli, la linea direttrice della Russia si riassume in un’espansione impériale a partire da un centro ben definiti per creare uno Stato multinazionale’’. E, soprattutto, egli è persuaso che V. Putin non abbia ammesso l’impossibilità di ricreare il vecchio sistema imperiale’’ mettendo in luce, secondo lui, ‘’la resistenza dell’ordine sovietico’’. Per tale ragione, Brzezinski caldeggia il mantenimento di una politica di controllo della potenza russa e di erosione del suo potere nelle zone caucasica e centro-asiatica. Riflesso da guerra fredda.

Nella sua essenza, la perdita della base di Manas obbligherà Washington ad un atteggiamento più ‘’comprensivo’’ verso la RussiaII, nel senso che ha bisogno di quest’ultima come intermediario logistico e politico dei suoi interventi in Asia centrale, considerata una priorità della politica estera americana. In cambio, questa ‘’cooperazione’’ russa dà a Mosca un diritto d’ispezione – e un mezzo di pressione – sulla politica americana nella zona post-comunista. In questo schema, con il pretesto della lotta anti-terrorismo, la concentrazione sull’Afghanistan dello sforzo americano – a detrimento del pantano iracheno – mira a rafforzare l’influenza di Washington in Asia centrale : ‘’La fine dell’occupazione (dell’Iraq : jg) sarà un’opportunità per la guerra contro Al Qaïda, mettendo così fine ad un’disgraziata avventura che (…) ha distolto gli Stati Uniti dall’Afghanistan, dove persiste ed aumenta l’originale minaccia di Al Qaida.’’III
Un obiettivo chiave di Brzezinski è rafforzare – ai danni di Mosca e delle sue alleanze eurasiatiche come l’OCS e l’OTSCIV - il ruolo regolatore della NATO in zona post-sovietica come leva dell’avanzata geopolitica americana. Per tale ragione, egli caldeggia l’estensione della NATO alle repubbliche ex sovietiche, considerate i ‘’perni geopolitici’’ della sua strategia del roll-back della potenza russa – essendo la loro cooperazione già stata ottenuta nel quadro del ‘’Partenariato per la Pace ’’ (PPP) e di provocatorie manovre militari alle porte della Russia (le ultime delle quali nel maggio 2009, in GeorgiaV !) . E soprattutto, secondo Brzezinski, il campo d’azione strategica della NATO ‘’è chiamato ad allargarsi allo spazio eurasiatico’’. Tale estensione della NATO – percepita da Mosca come un residuo della lotta anti-comunista, dunque ingiustificata – permetterebbe di continuare da una parte il distacco degli Stati post-sovietici dall’iniziativa della Russia e, dall’altra, l’accerchiamento di quest’ultima. Inoltre, questa volontà di distaccare la zona post-sovietica dalla dominazione russa è ripresa dal Partenariato orientale messo in opera dall’Europa – leva dell’influenza americana – nel vicinato condiviso a partire dall’8 maggio 2009. Alla lunga, si tratta di creare una forma di dipendenza della zona post-comunista nei confronti della leadership americana, al fine di controllare il cuore energetico del pianeta, sia tramite un controllo politico degli Stati chiave (i ‘’pivot’’) sia con un aggiramento dello Stato russo – tramite circuiti alternativi, come attestano il progetto Nabucco e la realizzazione dell’oleodotto BTC (Baku-Tbilissi-Ceyhan). L’accesso all’energia, considerato da Brzezinski ‘’una fonte primaria di potenza politica’’, sarà rafforzato dal progetto Nabucco : ‘’Dobbiamo persistere su questa via. Ad un certo momento, non così lontano, diventeranno realizzabili oleodotti e gasdotti che andranno dall’Asia centrale all’Oceano Indiano passando per l’Afghanistan ed il Pakistan. Ecco delle buone cose da fare’’.
Ora, il rafforzamento dell’influenza americana nell’Eurasia post-sovietica – tramite l’allargamento della NATO, la creazione di alleanze politico-militari (del tipo GUAMVI ), la messa in opera di politiche liberali e l’implementazione di dubbie ONG – implica, in maniera dialettica, la compressione della potenza russa. Del resto, questa ‘’compressione’’ è la condizione che permette la progressione delle basi americane nella zona post-comunista. In questo contesto, la chiusura di Manas frenerà questa strategia offensiva di Washington, che si inscrive in una prospettiva a lungo termine ma che dovrà appoggiarsi, in un primo tempo – per la gestione della crisi afghana – su infrastrutture russe. Così, l’orientamento strutturale della linea Brzezinski non sarebbe rimesso in causa, ma solo ritardato nell’ottica di garantirsi il sostegno russo in uno spazio geopolitico esplosivo ed esposto alle crisi nazionalistiche. Brzezinski lo ha riconosciuto senza mezzi termini e ha sottolineato la necessità di contenere ogni velleità russa, proseguendo il riavvicinamento con le repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale : ‘’La cosa veramente importante è creare un contesto geopolitico tale in cui il desiderio nostalgico (della Russia : jg) di ridiventare una grande potenza imperiale abbia meno possibilità di realizzarsi (…)’’. Il che implica, secondo Brzezinski ‘’l’instaurazione di legami economici più numerosi e più diretti con i paesi dell’Asia centrale in quanto esportatori d’energia (….)’’. Tanto più che egli è persuaso che ‘’la dominazione coloniale russa sull’Asia centrale è una cosa del passato. Implacabile realismo.

Così, dopo la doppia perdita americana delle basi militari di Manas e di Karshi-Khanabad, dopo la messa in causa delle rivoluzioni liberali (Georgia, Ucraina e Kirghizistan) pianificate da Washington e, infine, dopo la recente evoluzione (a vantaggio di Mosca) della questione energetica, la Russia tende a rafforzare le basi politiche della sua leadership nello spazio post-sovietico. Del resto, tale orientamento è appoggiato dalla volontà del presidente Medvedev di fare dell’OTSC un’organizzazione concorrente della NATO, in vista di riequilibrare i rapporti di forza nella regione. In definitiva, questa configurazione permetterà alla Russia di rafforzare il suo statuto di Stato di prima grandezza del nuovo ordine internazionale e, per questo, di opporsi ad un’America egemone, autoproclamatasi ‘’chiave di volta della stabilità internazionale’’. E, cosa più inquietante, quest’ultima resta convinta del suo ‘’destino manifesto ’’ affidatole dalla storia in Eurasia perché, secondo la strana confessione di Brzezinski : ‘’noi (gli Americani : jg) siamo eccezionali (…)’’.
Al di là di un forte simbolo geopolitico, Manas porterebbe dunque l’annuncio di un arretramento americano e, in questo senso, l’impasse della strategia post-comunista di Brzezinski sul ‘’Grande scacchiere’’ eurasiatico. Scacco matto.


*Dottore in Scienze economiche
Specialista dell’URSS e di questioni russe



I Washington sarebbe più conciliante sulle questioni dell’Iran, dello scudo antimissili, della riduzione delle armi nucleari, della politica energetica russa e del futuro del Caucaso.
II ‘’Comment sortir intelligemment de cette folle guerre ?’’, Z. Brzezinski, Washington Post, 30/03/2008.
III Ricordiamo : OTSC (Organizzazione del trattato di Sicurezza Collettiva) e OCS (Organizzazione di Cooperazione di Shanghai).
IV www.fr.rian.ru, ‘’Exercices de l’Otan en Géorgie : une ‘provocation ouverte’ ‘’, A. Azimov, ambasciatore russo all’OSCE, 08/05/2009.
V GUAM (Georgia, Ucraina, Azerbaigian, Moldavia).