Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Gheddafi in Italia

Gheddafi in Italia

di Alessio Mannino - 16/06/2009


Muhammar Gheddafi ha fatto la sua visita in Italia secondo il suo stile: come una passerella per stupire. Non ha fatto mancare niente, al pubblico degli ex oppressori: sgargianti e ultramedagliate uniformi, provocazioni da sfacciato istrione (la foto con il ribelle libico anti-italiano appuntata sul petto), ritardi da prima donna (che hanno mandato su tutte le furie il presidente della Camera Gianfranco Fini), battute a effetto sulle donne (facendo inviperire Emma Bonino, e per questo lo ringraziamo di cuore), tenda beduina a Villa Pamphili con stuolo di soldatesse-amazzoni. Viene dipinto come un dittatorello vanitoso e spaccone, ultimo scampolo dell'epoca in cui generali e colonnelli conquistavano il potere a forza di golpe. Gheddafi è tutto questo, senza dubbio. Ma, come spiega bene nell'articolo sopra Sergio Cabras, noi non abbiamo nessun diritto di giudicarlo dall'alto di una superiorità morale e politica che non abbiamo. Anche perchè, e non è un mistero, con questo capo-popolo un po' macchietta i nostri politici, di ogni colore, e i nostri industriali, affamati d'affari, fanno la fila per ingraziarsene i favori, leggi affari. Che significano montagne di milioni di euro lucrati sulle risorse naturali della Libia. Senza contare che la finanza libica sta entrando a piedi uniti nel mercato italiano, a cominciare dall'azionariato della sua prima banca, Unicredit.
C'è dell'altro, ed è ciò che più ci interessa. Guardando a quello che Gheddafi ha detto e non a come lo ha detto, quando il leader libico ha spiegato la sua concezione della democrazia (improbabile etimologia dall'arabo a parte, naturalmente). Riportiamo alcuni brani tratti dai suoi discorsi italiani in cui essa è contenuta. Ebbene: pur sapendo che alla fine della fiera il suo potere personale sovrasta la "democrazia diretta" - praticata nella realtà, e non solo a parole - se un sistema simile esistesse, chi scrive ci metterebbe la firma. E sottoscriviamo in pieno la sprezzante definizione di partitismo come "aborto" del principio democratico.  
«Il simbolo del popolo italiano sarà la fratellanza perché il partitismo è un aborto della democrazia. Ci sarebbe l’unità nazionale di tutti gli italiani, raccolti in un’unica famiglia e in un fronte compatto. Il popolo eserciterebbe il potere direttamente e senza rappresentanti». «La definizione di democrazia... Prima di tutto la democrazia è una parola araba che è stata letta in latino. Democrazia: demos vuol dire popolo. Crazi in arabo vuol dire sedia. Cioè il popolo si vuole sedere sulle sedie. Questa è l'origine etimologica della parola».«Se noi ci troviamo in questa sala siamo il popolo, che si siede su delle sedie, e questa andrebbe chiamata democrazia, cioè il popolo si siede su delle sedie. Se noi invece prendessimo questo popolo e lo facessimo uscire fuori, se avessimo invece preso dieci persone e le avessimo fatte sedere qua, scelte dalla gente che stava fuori, e loro invece sono seduti qua, quei dieci, questa non sarebbe da chiamarsi democrazia. Questa si chiamerebbe diecicrazia. Cioè dieci sulle sedie. Non è il popolo a sedersi sulle sedie, questa è la democrazia. Finché il popolo non si siederà tutto sulle sedie, non ci sarà ancora democrazia». «L’alternanza del potere vuol dire che c’è gente che si prende e si trasmette il potere tra di loro. Se ci fosse democrazia non ci sarebbe un’alternanza di potere. La democrazia significa il popolo che detiene il potere. Come fa a consegnarlo a uno?». «Se per caso si intende mandare un esercito per combattere in Afghanistan, presentiamo questa proposta ai 2.000 congressi italiani dove si trova tutto il popolo italiano. E ogni congresso esprimerà la sua opinione circa l'invio di forze in Afghanistan e i delegati porteranno l'opinione dei loro congressi. E viene formulata una legge fatta secondo le decisioni del popolo italiano. Verrà emanata questa legge e tutti dovranno comportarsi secondo i dettati di questa legge. Quindi, queste sono delle leggi emanate dal popolo. Questa è una politica designata dal popolo. Questa è la democrazia. Ora in Libia, abbiamo 30 mila congressi, comunità. Ogni comune è composto da un centinaio di persone, così fanno 3 milioni. Questo è il numero dei cittadini libici che possono praticare il potere, gli altri sono minorenni, bambini, hanno meno di 18 anni o sono malati o sono assenti. Questi che praticano, esercitano il potere in Libia nessuno li ha eletti, eppure il popolo è lì. Tutti sono politici. Il popolo non accetta di eleggere una persona che lo comanda. Che lo governa».
Gheddafi, quasi uno dei nostri.