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Iran: una sinistra agghiacciante in scenari da brivido

di Piotr - 28/06/2009

 

1) Negli Stati Uniti i bene informati, tra cui l’ex Segretario di Stato ispiratore dell’assassinio

di Allende e del golpe di Pinochet in Cile, ben prima che si tenessero le elezioni iraniane, già

sapevano che ci sarebbe stato il tentativo di far cadere Ahmadinejad con una sommossa in

caso di sconfitta di Mousavi, e citavano esplicitamente una “
Green Revolution” (si vedano ad

esempio le dichiarazioni dell’Assistente al Tesoro durante la presidenza Reagan, Paul Craig

Roberts: “
Questo è il culmine di due anni di destabilizzazione”? Le proteste iraniane sonoun’altra “rivoluzione colorata” orchestrata dagli USA?”).

Come facevano a saperlo?

Una bella domanda che pone
molti dubbi circa il ruolo delle ONG e delle organizzazioni noprofit

statunitensi specializzate nelle “rivoluzioni colorate” (si pensi alla Georgia,

all’Ucraina, al Kirgizistan, - in tutti questi casi i presidenti rieletti erano stati accusati dibrogli

: un copione monotono; e si pensi al tentativo di rovesciare il presidente venezuelano

Hugo Chavez e a quello più recente contro il presidente boliviano Evo Morales).

C’è chi si è lanciato a dire che Mousavi è il
Gandhi o il Martin Luther King iraniano. A parte,

come vedremo, la sciocchezza in sé, ricordo che organizzazioni come l’Einstein Insitutution

si sono specializzate nell’utilizzo della “non-violenza” come arma da guerra. Tecniche

descritte in un eccezionale numero di “
Report”.

2) Mir-Hussein Mousavi è stato primo ministro sotto Khomeini dal 1981 al 1989. Uomo

chiave iraniano nel sordido affare Iran-Contra, dove gli Americani vendevano armi all’Iran

con l’intermediazione del Mossad israeliano e il ricavato delle vendite foraggiava

segretamente gli squadroni della morte anticomunisti in Nicaragua (i cosiddetti “
Contras

antisandinisti), Mousavi si distinse per il massacro di migliaia e migliaia di comunisti,

socialisti, laici o islamisti di sinistra iraniani che erano stati protagonisti della rivoluzione

contro lo scià Reza Pahlavi, anch’egli noto torturatore e massacratore di socialisti, comunisti

e progressisti, un fascistoide diventato satrapo persiano grazie a CIA statunitense e SIS

britannico che avevano rovesciato il miglior uomo politico mai avuto dall’Iran moderno, il

primo ministro Mohammad Mossadeq, accusato di idee marxiste, in realtà reo di aver

nazionalizzato petrolio e gas, come oggi Chavez e Morales.

Il premierato di Mousavi è caratterizzato anche dagli 800.000 morti iraniani della guerra con

l’Iraq, iniziata quando Saddam Hussein decise di attaccare l’Iran a seguito di ripetute

provocazioni militari di frontiera da parte dei khomeinisti (con bombardamenti con armi

israeliane di villaggi curdi del Nord dell’Iraq; incidentalmente, voglio rilevare che il famoso

sterminio coi gas della cittadina curda di Halabja attribuito a Saddam Hussein, in realtà

sembra proprio che sia stata opera di Mousavi). Queste sono le credenziali del “Gandhi

iraniano”.

3) Come tutti sanno, Mousavi si era proclamato vincitore molto prima della chiusura dei

seggi. Non è stato un errore. E’ stata una mossa psicologica per poter convincere il mondo e i

suoi supporter che la (del tutto prevista) vittoria di Ahmadinejad era una truffa. La vittoria

per 2-1 di Ajmadinejad era stata infatti prevista da almeno
trenta sondaggi internazionali.

Addirittura, sbigottite inchieste riferivano che la comunità ebraica iraniana avrebbe votatocompatta per il presidente uscente

. La necessità di annunciare prima la propria vittoria - aurne ancora aperte - per poi denunciare i brogli ha scoordinato alcuni gruppi che non possono

essere definiti che di facinorosi, che hanno iniziato a sfasciare e anche a sparare prima della

proclamazione stessa dei risultati.

Le accuse di brogli si sono basate sul fatto che i risultati sono giunti poche ore dopo la

chiusura dei seggi. Cosa invece tecnicamente plausibile visto il gran numero di seggi, le

poche schede per seggio e la semplicità della votazione (un solo nome per scheda). Per

convincere la gente che c’erano stati enormi brogli sono state applicate collaudate
tecniche di

disinformazione. L’accusa di brogli tale da invalidare l’abissale distanza di più di 11 milionidi voti era una bufala, un

imbroglio preordinato da un copione collaudato in altre situazioni,

come abbiamo visto. Vogliamo qualche riprova? Bene. Come mai un servizio del JerusalemPost

è stato in grado di descrivere esaurientemente il fenomeno del Twitter iraniano solo

pochissime ore dopo che è iniziato? E come è iniziato? Il 13 giugno, 30.000 tweets

incominciano a fluire con aggiornamenti freschi sulla situazione scritti per la maggior parte

in Inglese (perché?) e inviati da una manciata di utenti neo-registrati e tutti con l’identica

foto-profilo.

4) Ma qual’è la composizione sociale di questa “rivolta”? I nostri media si sforzano a

dipingerla come vasta, coinvolgente i “giovani” (che tipo di categoria sociale è “giovane”?),

le “donne” (anche qui: tutte le donne? di ogni estrazione sociale?). Ovvero la “parte migliore

del paese”.

Ma gli osservatori (di sinistra) più attenti,
non-italiani, ci forniscono un altro quadro. Non ci

vuol molto: basta utilizzare un minimo di categorie sociologiche.

5) La dinamica dell’uccisione della giovane Neda Sultan, diventata icona di martire dei

contestatori, è controversa. Sembra appurato, confrontando differenti testimonianze, che non

era una dimostrante (checché ne dica Lidia Menapace nel suo stile crepuscolare su

Liberazione: “Mentre sulla piazza i ragazzi del movimento si chinano sgomenti e commossisul corpo della loro giovanissima compagna uccisa”) ma stava conversando, lontano dai

dimostranti, col suo insegnante di musica. Se non altro come possibilità, ricorda la dinamica

dell’uccisione provocatoria di 60 persone messa in opera a Caracas durante il tentativo di

rivoluzione colorata anti-Chavez da cecchini addestrati da personale israeliano. Certo, dato

che la dinamica non è sicura potrebbe essere stato anche un
basij a sparare alla giovane. Ma

questa fretta non giustificata dalle evidenze da avvoltoio della sinistra italiana lascia

sgomenti.

6) L’ex Segretario di Stato USA, Henry Kissinger, ispiratore del golpe fascista di Pinochet in

Cile e dell’uccisione del presidente socialista Allende,
ha dichiarato che se la “rivoluzione

verde” dovesse fallire, gli USA dovrebbero attaccare l’Iran.

E’ uno scenario agghiacciante. Si sa che in caso di attacco i sottomarini iraniani

bloccherebbero totalmente il passaggio delle petroliere nel Golfo, mettendo in ginocchio

l’economia mondiale da un giorno all’altro.

Potrebbe essere proprio quello che vuole una potenza la cui egemonia mondiale è contestata

e la cui economia potrebbe essere già in ginocchio in quel momento (parliamo ovviamente

degli USA, che nel corso dell’Estate potrebbe subire con gli UK un vero tracollo)?

7) Nemmeno queste catastrofiche prospettive fanno aprire le meningi alla sinistra italiana per

consigliarle per lo meno di riflettere sul suo protervo appoggio ai “combattenti per la libertà”

iraniani, infischiandosene esplicitamente delle terribili manovre imperiali in corso: “
Si

capisce o no che non si tratta di vedere se Obama ce la fa o se ce la fa l’Inghilterra, secondo

logiche imperiali?
” (sempre Lidia Menapace, colei che votava i crediti di guerra e poi alla

parata del 2 Giugno faceva notare “l’inutilità delle Frecce Tricolore e l’enorme sperpero di

denaro pubblico che comportava”). Una protervia e una mancanza di riflessione atipiche nel

panorama mondiale, fortunatamente.

Io ripeto quel che penso:

a) La lotta di potere tra il duo Kamenei-Ahmadinejad e Rafsanjani.Mousavi ha anche

catalizzato la protesta di una classe media in crescita; le “rivoluzioni “colorate si sono finora

sempre basate su questo elemento sociale e regimi caratterizzati dalla chiusura hanno

difficoltà a deviare o a metabolizzare la fisiologica dinamica messa in atto da questo ceto

(per altro stratificato e composito). Per questo le rivoluzioni colorate sono tentate e a volte

hanno avuto successo.

b) Rifiutare le istanze della classe media, specialmente quelle di carattere culturale (che

solitamente sono quelle che più interessano agli strati medio-bassi della classe media, che

non è mai una classe compatta), vuol dire quindi rischiare l’
esplosione o l’implosione (vediURSS o vedi al contrario la Cina che ha capito la lezione, specialmente dopo piazza

Tiananmen); per contro la casse media nei paesi emergenti è storicamente veicolo di forte

polarizzazione delle ricchezze, un processo che deve essere governato strettamente e non

lasciato libero.

c) Gli USA hanno tentato di trasformare questo scontro tra la montante classe media e

l’establishment al potere, in un’arma per spostare l’asse del potere iraniano verso le sue

componenti più disponibili o apertamente filo-statunitensi, che ci sono sempre state. Quindi,

come al solito, l’ingerenza USA non ha nulla a che fare con i desideri e gli ideali dei

“giovani” e delle “donne” (di questa classe media). Non gliene può
fregar de meno.

Altrimenti non avrebbero fatto 1.300.000 morti per buttar giù il regime iper-laico di Saddam

Hussein.

d) Un’implosione o un’esplosione dell’Iran aprirebbe scenari d’instabilità
catastrofici, che

attirerebbero subito gli USA come il miele fa con l’ape, o meglio come una pecora sfinita fa

con un lupo ormai affamatissimo durante un inverno rigido privo di selvaggina. Potremmo

essere a quel punto sulla soglia di uno scontro di ampia portata tra le grandi potenze che

insistono sul “cuore della Terra”.

e) Infine un attacco all’Iran, americano, israeliano o congiunto, aprirebbe scenari come

quello precedente con l’aggiunta di un drammatico collasso dell’economia mondiale.

Vogliamo evitare, per quel che possiamo, questi due scenari uno più spaventoso dell’altro?

Bisognerebbe allora chiedere con mobilitazioni simili a quelle contro le guerre di Bush, la

fine delle ingerenze esterne e dell’isolamento dell’Iran (isolamento da parte europea o

nazionale: è ovvio che non si sta parlando di India, Cina o della Russia che in questi giorni al

G8 si è opposta a una dichiarazione sbilanciata contro l’Iran). Sarebbe un modo per favorire

una metamorfosi non distruttiva di quel Paese e della sua indipendenza e di agire sugli

equilibri politici e geopolitici europei e nazionali.

Sarà mai possibile arrivare a ciò se non si smettono prima le mini-ingerenze piagnucolose e

falso-umanitarie della sinistra? No.

La vedo male.