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Intervista a Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos

di Christian Bouchet - 21/07/2009



Ilich Ramirez Sanchez (nato il 12 ottobre 1949 a Caracas in Venezuela) è meglio
conosciuto dal grande pubblico con lo pseudonimo di Carlos. Per alcuni, è un
terrorista condannato dalla giustizia francese alla reclusione a vita, per altri, egli
incarna la figura più pura del soldato politico e del resistente antisionista. Figlio di un
ricco avvocato comunista venezuelano, Carlos fece i suoi studi all'Università Patrice-
Lumumba di Mosca. Convinto dalla giustezza della lotta del popolo palestinese, si
unì al fronte popolare di liberazione della Palestina e dopo diverse azioni armate antisioniste,
si fece conoscere nel mondo intero, nel dicembre 1975, organizzando e
dirigendo la presa in ostaggio degli undici ministri dell' OPEC a Vienna. Nel 1991,
Ilich Ramirez Sanchez trovò rifugio in Sudan. L'anno successivo, per l'omicidio di
due poliziotti della Direzione della sorveglianza del territorio e di un loro informatore
sopraggiunto il 27 giugno 1975, un tribunale francese lo condannò in contumacia alla
detenzione a vita. Il 14 agosto 1994, a Khartoum, la Direzione della sorveglianza del
territorio francese riuscì a farlo prelevare su ordine di Charles Pasqua allora ministro
dell’Interno, senza mandato d'estradizione, quindi a riportarlo in Francia, dove è ora
detenuto alla prigione centrale di Poissy.
Convertito all' Islam, Carlos redasse nel 2004, con il giornalista Jean-Michel
Vernochet (ben noto per la sua prossimità agli ambienti nazionalisti francesi),
un'autobiografia intitolata L' Islam rivoluzionario che fu pubblicato dalle edizioni Le
Rocher.
Nel maggio 2009, apporterà il suo sostegno simbolico alla Lista anti-sionista che
Dieudonné presentava alle elezioni europee del 7 giugno 2009.
Siete in prigione per “terrorismo„. Ma “un terrorista„, è a volte “un resistente„
che è riuscito… Come vi definireste?
Mi definirei precisamente come un resistente, un rivoluzionario di professione nel
senso leninista del termine, un quadro militare della resistenza palestinese. Detto ciò,
non sono in prigione per terrorismo. Se sono stato condannato, nel 1997, è per
l’omicidio volontario, il 27 giugno 1975, in via Toullier, di tre persone di cui due
ufficiali di polizia, fatto che contesto. Sono dunque legalmente un prigioniero di
diritto comune.
Quali sono le vostre condizioni di carcerato?
Quelle di tutti i prigionieri condannati ad una lunga pena. Ma per dieci anni sono
stato tenuto in un isolamento totale. Ne sono uscito soltanto grazie ad una decisione
della Corte europea di giustizia.
Di tutte le vostre azioni, di quale andate più fiero? La presa di ostaggi a Vienna,
alla riunione dell'OPEC, nel dicembre 1975, ad esempio?
Sono fiero di tutto ciò che ho fatto. Ho fatto poco e molto allo stesso tempo. Ho
effettuato cose che poca gente al mondo avrebbe potuto fare. Sono fiero del lavoro
che ho effettuato. A Vienna, si sentivano i padroni del mondo, ho mostrato loro che
erano vulnerabili. È certamente questo fatto simbolico che è stato il più importante.
E di quali azioni andate meno fiero? La morte dei due agenti del DST che vi è
attribuita, per citare una?
Ciò di cui fiero, è ciò che ho meno attuato con successo. Per la morte in servizio degli
agenti del DST, vi risponderò che l'obbligo di qualsiasi militante è di resistere
all'arresto. Con ciò, ho sempre negato di essere stato l'autore dei colpi di fuoco
mortali e tuttavia sono stato condannato per questi. Quest'affare di via Toullier è stato
un colpo montato dagli usraeliani contro di me, ma soprattutto contro la DST che li
ostacolava.
Se non fosse diventato Carlos, quale lavoro Illich Ramirez Sanchez avrebbe
voluto esercitare?
Sono nato per essere un rivoluzionario di professione. Mio padre voleva che lo fossi
ed avevo le capacità per esserlo, allora io lo sono diventato… Ero piuttosto un
intellettuale e sono diventato un uomo d'azione. Un tempo, alla fine della mia
adolescenza, ho pensato di diventare avvocato come mio padre, ma allo stesso tempo
volevo fermamente essere un rivoluzionario. A dir la verità, non ho realmente scelto
di essere ciò che sono diventato, sono stato scelto dal destino. Dopo ciò, ho provato,
come chiunque, a fare il mio lavoro il più correttamente possibile…
Siete, si sa, d'origine venezuelana, cosa pensate dell'azione di Hugo Chavez?
Hugo Chavez è la figura più significativa della storia venezuelana dopo Simon
Bolivar. È un esempio quasi unico di rivoluzionario arrivato al potere per mezzo di
elezioni, cosa che spiega le debolezze del suo regime. Infatti, in mancanza di
rivoluzione sanguinosa, la struttura del vecchio Stato è restata parzialmente al suo
posto, con i suoi funzionari ed i suoi profittatori che rallentano o sabotano l'azione
della rivoluzione bolivariana. A livello geopolitico, ha già fatto molto. La sua idea
d'unione latino-americana basata sui piani di finanziamento economici, petroliferi e
militari, ha rimesso in discussione la sovranità dell'America settentrionale su quella
del Sud ed ha rafforzato i sostenitori di un mondo multipolare.
Restate in contatto con questo paese, in un modo o nell'altro?
Certamente, resto in contatto con il mio paese e con la vita politica che si svolge.
Sono membro d'onore delle gioventù comunista del Venezuela e membro del partito
comunista venezuelano, sostengo anche il partito socialista unificato del Venezuela
che raccoglie tutti i chavisti. Mi capita, ogni tanto, di redigere articoli per la stampa di
questi movimenti.
Avete la speranza un giorno di essere liberato e che il Venezuela giochi un ruolo
in questa liberazione?
Ho la ferma speranza di essere liberato. Ma ci sono in Venezuela vecchi comunisti
passati alla reazione che fanno di tutto perché non lo sia. Ma ciò si sistemerà. È un
affare di petrolio.
È la Francia che ha bisogno del Venezuela, non l'opposto. Uno dei miei avvocati ha
incontrato Chavez quando è venuto in Francia nel 1999. Chirac disse che sarei potuto
rientrare in Venezuela quando gli affari giudiziari che mi riguardano sarebbero stati
chiusi. Sono dieci anni che ciò è stato detto ed alcune indagini sono sempre in corso!
Voi che siete sempre stato vicino alla causa palestinese, avreste firmato gli
accordi di Oslo?
Non ero vicino alla causa palestinese, ne ero parte, ero un quadro militare. Quanto
agli accordi di Oslo, furono un tradimento, non li avrei firmati.
Oggi, quale può essere, secondo voi, la via d’uscita del conflitto Israelianopalestinese?
Temo che la situazione attuale durerà ancora il tempo di una generazione. Ma sulla
durata i sionisti hanno già perso, il loro Stato artificiale scomparirà a breve. Sarà
sostituito, si spera, da uno Stato palestinese laico e democratico aperto a tutti, anche
agli ebrei. In Palestina, ci sono tre categorie di ebrei che vi risiedono. Coloro che,
religiosi o no, amano la terra santa, coloro che sono là “per caso„ perché sono nati o
sono emigrati per ragioni economiche ed i sionisti che sono i portatori di una eresia
politico-religiosa. Occorre espellere quest'ultimi della Palestina, gli altri sceglieranno
di restare o di partire poiché la terra santa è di tutti, per di tutti gli uomini di buona
volontà e di tutti i credenti.
L'Iran di Mahmoud Ahmadinejad ha una carta da giocare in questa partita? E
se sì, quale?
Sì, l'Iran ha un ruolo da giocare tanto in virtù della sua prossimità geografica quanto
per il fatto che esiste in questo paese una Comunità ebrea importante e molto antica
che non è sionista e che può fungere da esempio di coabitazione armoniosa tra
musulmani ed ebrei. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad mi è molto simpatico. È,
contrariamente ai dirigenti americani, un vecchio combattente, uno che sa cosa è la
guerra.
Vi siete convertito all'islam, nello stesso tempo vi dite sempre comunista… la
mescolanza delle due cose non è contraddittoria?
Credo in Dio. Dio mi ha salvato la vita in alcune situazioni difficili in cui tutti
cadevano attorno a me. Credo in Dio ed ho fede nell'islam, non ci sono contraddizioni
nei miei occhi quando affermo ciò. Il partito comunista venezuelano, in occasione di
uno dei suoi congressi, ha adottato una mozione che precisa che si poteva essere allo
stesso tempo comunista e cristiano o musulmano. In Venezuela la maggioranza della
popolazione è cristiana, questa dichiarazione era dunque in parte logica. Ma, si sa che
non ci sono Comunità musulmane in questo paese… Questo mozione del PCV mi era
dunque riservata, convalidava la mia scelta religiosa come giusta per un comunista.
Pensate che ci si potrà attendere qualcosa da Barack Obama?
No. È probabile che la sua amministrazione adotterà alcune misure sociali, che i
poveri e diseredati vivranno un po'meglio. Ma nulla di più, fondamentalmente non
cambierà nulla. Questo è Barack Obama, un po’ come Kennedy ai suo tempi, è un
uomo politico che ispira simpatia. Ma è soltanto marketing, nulla di più ed è per
questo che è stato scelto. Negli Stati Uniti, si viene eletti perché si ha abbastanza
denaro per finanziare la migliore campagna elettorale. Ma da dove viene
quest'ultimo? Dai conti in banca dei capitalisti e dei sionisti. Questi hanno deciso di
salvare il sistema americano, per ciò gli hanno dato un nuovo volto: Obama. Ma
questo maquillage non modifica la natura intrinseca del sistema americano. Obama
non è stato eletto per fare la rivoluzione ma per far uscire gli Stati Uniti da una crisi,
dunque non cambierà nulla, continuerà in un modo diverso ciò che hanno fatto i suoi
predecessori. In campo internazionale, anche se sono presentati in modo meno
brutale, gli scopi resteranno gli stessi e continuerà la politica di Bush in Iraq, in Iran,
in Afganistan, in America latina…
E Vladimir Putin? Come giudicate la sua azione?
In modo positivo, come sennò? È un uomo che è stato formato dal KGB ciò che
significa che era programmato per appartenere all'elite dell'URSS, è dunque normale
che si trovi alla testa della Federazione della Russia. Auspico che il suo progetto
politico abbia successo poiché il mondo ha bisogno di una terza Roma, della Russia
forte, della Russia che si solleva e che svolge nuovamente il suo ruolo storico
sostenendosi su tre pilastri ideologici: l'ortodossia, il comunismo sovietico ed il
panslavismo.
Oggi siete, per forza di cose, residente francese. Come giudicate lo stile e la
politica di Nicolas Sarkozy? E cosa vi ispira la nostra attuale situazione politica?
Sono effettivamente un residente francese, un residente temporaneo si potrebbe dire.
Mi interesso molto alla vita politica francese e ciò dal 1966, data alla quale ho
iniziato a leggere Le Monde su consiglio di un dirigente del partito comunista
venezuelano. A causa della mia situazione, sono uno spettatore e ciò che osservo è
interessante. Ci sono dettagli che sono significativi. Ad esempio l'Eliseo non è più un
palazzo, un luogo di direzione, è diventato un semplice ufficio. Il vostro presidente
non vi abita, lo lascia dopo il lavoro per raggiungere la sua nuova moglie al domicilio
di lei. La scelta è significativa. Vivere bling-bling non è più vietato per un uomo
politico. I nuovi ricchi sono al potere. I nuovi francesi anche. A questo proposito,
sono sempre sorpreso quando, guardando la televisione vedo il posto che occupano i
francesi che portano nomi dell'Europa centrale o dell'Africa del Nord e che non sono
né immigrati né musulmani. Detto ciò, i cittadini francesi sono i soli responsabili di
questo poiché hanno votato per Nicolas Sarkozy. La Francia è una democrazia, anche
se più di un francese su tre non è rappresentato al Parlamento poiché vota per un
partito che non ha un eletto a causa del vostro sistema elettorale. Osserverete che si
accusa Hugo Chavez di essere un dittatore, ma che in Venezuela le elezioni sono
realizzate con un sistema totalmente proporzionale… Occorre essere lucidi, so che
non si farà mai una rivoluzione di tipo bolscevico in Francia. Ma la Francia è ancora
qualcosa, resta un simbolo, allora ciò che desidero è che sia diretta un giorno da un
Presidente che difenda i suoi valori reali, che ridiventi una grande potenza, un paese
di riferimento.
E Ségolène Royal?
Ségolène Royal è una madre di famiglia, una cattolica, è già in questo vi è
l'essenziale.
Conoscete gli outsiders della politica francese, chi sentite più vicino? Jean-Marie
Le Pen o Olivier Besancenot?
Sono comunista. Jean-Marie Le Pen è un anticomunista ed un vecchio fascio, e
tuttavia ho molta simpatia per lui. È sorprendente, non fa compromessi, è il solo
uomo politico francese che dice la verità senza edulcorarla. Un tempo i veri
comunisti erano come lui. Quanto ad Olivier Besancenot, è un trotskista. Ho soltanto
una cosa da dire al riguardo: appartiene ad una corrente che come comunista ho
sempre combattuto.
Cosa pensate della decisione di Nicolas Sarkozy di rientrare ufficialmente nella
NATO?
È certamente una decisione scandalosa. Ma è anche una decisione che,
fondamentalmente, non cambierà un gran che le cose poiché era da tempo che la
Francia si prostrava dinanzi agli Stati Uniti. La sola differenza è che ora lo sarà per
ragioni ideologiche mentre prima era soprattutto per ragioni economiche.
Prima di lasciarvi, mi piacerebbe porvi quattro domande a guisa di conclusione.
Se si potesse tornare indietro rifareste tutto?
Sì, totalmente, poiché ho fatto soltanto il mio lavoro di rivoluzionario di professione.
La canzone di Edith Piaf, “Non, rien de rien, je ne regrette rien „vi si addice?
Sì.
Allora cosa rimpiangete?
Nulla di ciò che ho fatto… Invece mi rammarico dell'evoluzione della storia del
mondo, della caduta dell'URSS, del fatto che non abbiamo ancora liberato la
Palestina.
Oggi, avete il cuore in pace?
Sì.
 
(fonte vox – traduzione di G. Petrosillo)