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I Talebani hanno il diritto di poter sbagliare da soli

di Massimo Fini - 29/07/2009


Non è certo il momento di ritirare le truppe dall’Afghanistan perchè un nostro soldato è stato ucciso. Ma è da tempo che avremmo dovuto chiederci seriamente che cosa ci stiamo a fare in quel Paese lontano cinquemila chilometri da noi, ad ammazzar gente che non ci ha fatto nulla di male e, sia pur in proporzione di uno a cento data la sperequazione delle forze, a farci ammazzare.
Le motivazioni ufficiali, ribadite anche di recente dal ministro Frattini, sono: 1) combattere il terrorismo internazionale; 2) garantire la sicurezza all’interno di quel Paese; 3) aiutarne lo sviluppo.
1) Gli afgani non sono terroristi, tantomeno internazionali. Non c’erano afgani nei commandos che abbatterono le Torri Gemelle, non un solo afgano è stato trovato nelle cellule, vere o presunte, di Al Qaeda scoperte dopo l’11 settembre. C’erano arabai sauditi, yemeniti, giordani, egiziani, algerini, tunisini, ma non afgani. Nei dieci anni di durissimo confilitto contro l’invasore sovietico, gli afgani non si resero responsabili di un solo atto di terrorismo e anche adesso che la guerriglia si trova di fronte un esercito praticamente invisibile, che fa uso a tappeto di bombardieri, ed è quindi costretta a cercare forme alternative di lotta, gli atti di tipo terroristico sono relativamente pochi e comunque sempre mirati ad obiettivi militari o politici. Del resto non si può gabellare una lotta di resistenza che dura da otto anni, con l’evidente appoggio della popolazione senza il quale non potrebbe esistere, per terrorismo. Lo stesso Karzai, che è un fantoccio degli americani, è stato costretto ad ammettere: "Bisogna trattare con i Talebani perchè sono parte di questo Paese".
Ai Talebani, come gli altri afgani che li appoggiano, interessa solo il proprio Paese, non hanno alcuna intenzione di fare la "guerra santa" all’Occidente. Dice: ma l’Afghanistan è tuttora la culla del terrorismo quaedista, cioè arabo. Ma basta un semplice ragionamento per escluderlo. Che interesse avrebbero i terroristi internazionali a far base in un Paese dove stazionano 80mila soldati Nato, quando potrebbero benissimo stare nello Yemen, che li protegge, o mimetizzarsi fra le popolazioni in Arabia Saudita, in Giordania, in Egitto per prepararvi in tutta tranquillità i loro eventuali attentati?
2) È del tutto evidente che la situazione di insicurezza e di instabilità dell’Afghanistan è frutto proprio della presenza di quelle truppe straniere che dovrebbero portarvi l’ordine e invece provocano il disordine perchè quel popolo orgoglioso, che ha cacciato inglesi e sovietici, non tollera occupazioni, comunque motivate.
3) È tutto da dimostrare che gli afgani vogliano il nostro tipo di sviluppo, secondo le nostre leggi, le nostre istituzioni, i nostri usi, i nostri costumi, violentandone i loro e quell’equilibrio agro-pastorale su cui hanno vissuto per millenni.
Adesso le "Vispe Terese" dell’Occidente scoprono che gli americani usando un loro alleato, l’uzbeko Dostum, "signore della guerra", uno dei peggiori pendagli da forca della regione, hanno ucciso duemila prigionieri talebani e poi li hanno gettati nelle fosse comuni. Ha scritto Gino Rampoldi su La Repubblica: "Se siamo onesti dobbiamo ammettere che queste cose le abbiamo sempre sapute".
I Dostum, gli Heckmatyer, gli Ismail Khan, "signori della guerra" che taglieggiavano, rubavano, ammazzavano, stupravano a loro piacimento e arbibrio, i Talebani li avevano cacciati dall’Afghanistan e avevano ristabilito l’ordine e la legge nel Paese, sia pur un duro ordine e una dura legge, la Shariah, peraltro consonante con i sentimenti della maggioranza di quelle popolazioni. Inoltre nel 2000, l’anno prima dell’aggressione americana, il Mullah Omar aveva stroncato il traffico dell’oppio (oggi l’Afghanistan ne produce il 93% del totale mondiale).
E allora? Il generale russo che comandò le truppe sovietiche in Afghanistan ha detto: "Le truppe Nato si devono ritirare. Bisogna lasciare che gli afgani sbaglino da soli". Ed è paradossale ed avvilente che le parole più ragionevoli sull’Afghanistan le abbia dette un generale ex comunista.