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2 agosto 1980. Cercate altrove

di Ugo Gaudenzi - 04/08/2009

 

 
2 agosto 1980. Cercate altrove
 

Ogni strage di civili è un crimine efferato, un crimine senza alcuna possibile giustificazione né politica, né umana, ai danni di un’intera comunità nazionale.
E non importa quale sia lo strumento adottato: un esplosivo convenzionale o non, una fucilazione di massa, un avvelenamento mortale, un infoiba mento di uomini e donne viventi, l’abbattimento di un aereo di linea.
Rare, poche, minime, quasi inesistenti, sono le attenuanti. Un massacro mirato verso obiettivi avversari che mieta accidentalmente vittime indesiderate, un’azione militare bellica – di guerra o guerriglia - contro obiettivi civili ma decisamente ostili.
La strage di Bologna, come il suo precedente milanese di Piazza Fontana, come i cruenti attentati ai treni o l’odio versato a piene mani negli anni di piombo sull’Italia, non sono certo delle eccezioni.
Quest’anno, la ricorrenza di quel nefasto 2 agosto del 1980, di quell’attentato senza palese motivazione politica che falciò la vita di 85 cittadini per caso quel giorno presenti alla stazione del capoluogo emiliano, è stata come di consueto motivo di un rituale. Oltre alle contestazioni dei rappresentanti pro-tempore del governo (e questa volta è toccato ad un uomo che, a quei tempi militava in quella fascia oscura tra il Pci e Lotta Continua...) ed alle usuali prese di posizione di una parte e dell’altra, la memoria della strage è stata colpita anche dalla contemporaneità della libertà per Valerio Fioravanti, condannato definitivamente quale autore di un crimine ricostruito come eseguito dai Nar, una cellula impazzita del neofascismo.
Valerio Fioravanti, da uomo libero, ha ribadito quanto ha sempre sostenuto anche negli anni trascorsi in carcere dopo essere stato giudicato colpevole del massacro: lui e la moglie Francesca Mambro, a sua volta condannata, pur dichiarando compiuti altri attentati ed agguati mortali contro avversari e forze dell’ordine, non hanno nulla a che vedere con l'attentato terroristico del 1980. Ed ha ricordato come sia necessario, ripercorrere quel capitolo nero della storia della Repubblica, con i “nuovi elementi” emersi in questi anni.
Siamo d’accordo con Fioravanti, anche se non crediamo che l’uomo di oggi possa proporsi personalmente come garante di ricerca della giustizia: altri delitti pesano sulla sua coscienza e correttezza vorrebbe un suo umile e dignitoso silenzio.
Chi scrive queste note ha tutte le carte a posto per rivolgere questo invito: anche la sua persona fu obiettivo, per quello stesso evento, di “verbali” e “indagini” che ne paventavano una qualche responsabilità: due dossier del Sid fortunatamente costruiti sulla sabbia e rovinati nel nulla per evidenti prove della loro falsità.
Detto questo, è però opportuno un altro invito. Alle autorità di questa Repubblica, perché desecretino ogni documento che riguardi le stragi di quegli anni.
L’Italia era allora, con la Turchia e la Germania, una vasta terra di conflitto, fortemente destabilizzata, tra agenzie di sicurezza contrapposte. Sulle nostre strade i giovani erano mandati al massacro, gli uni contro gli altri, mentre a un livello superiore si combattevano i servizi segreti di tutto il mondo. Il Mossad, in particolare, aveva le mani in pasta ovunque in Europa per “fermare” il crescente diffuso consenso dei governi comunitari verso la causa di uno Stato indipendente palestinese. La “dichiarazione di Venezia” della Comunità Europea era stata intesa da Tel Aviv come un annuncio di guerra verso Israele.
Pubblicate i documenti “riservati” e “secretati” che stanno ammuffendo negli archivi del Palazzo. Scoprirete perché l’Italia fu teatro di una vampata di guerra civile.