Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Tutti i colori del dominio

Tutti i colori del dominio

di Gianni Petrosillo - 19/08/2009


Dopo le elezionI del 12 Giugno l’Iran si è trovato alle prese con una crisi politica piuttosto profonda
e complicata. Quest’ultima, tuttavia, resta confinata nelle sfere del potere poliarchico (clericale,
militare e politico) e solo limitatamente attraversa, scuotendola, la struttura sociale iraniana. Di fatti,
per quanto i media occidentali si siano sforzati di dipingere un quadro a tinte fosche della situazione
del paese, con esplosione di conflitti civili e di “classe”, le manifestazioni di protesta sono andate
assottigliandosi e hanno visto la partecipazione di sempre meno gente. Tutto ciò è confermato
Christian Bouchet1 che ha recentemente visitato l’Iran, nonostante il Ministero Francese degli
Affari Esteri consigliasse ai viaggiatori:
“Dans les circonstances actuelles, il est recommandé de surseoir à tout voyage non essentiel en
Iran. Cette recommandation s’applique aussi bien aux voyages d’affaires qu’aux voyages
touristiques. Les services de sécurité sont en effet très suspicieux à l’égard des contacts avec la
population, notamment avec les milieux universitaires et étudiants, qu’ils observent avec attention,
et à l’égard des prises de photographies”2.
Ma Bouchet descrive una condizione delle principali città iraniane tutt’altro che preoccupante:
“Si j’ai bien eu l’occasion d’assister à deux manifestations, ce qui m’a surtout surpris a été le faible
nombre des participants (2) : 100 à 150 à Téhéran dont l’agglomération compte 14 millions
d’habitants, quelques dizaines à Ispahan (1.6 millions d’habitants)… Si des policiers anti-émeutes
étaient bien sur les lieux, ils n’étaient guère nombreux et leur présence n’avait rien à voir avec ce à
quoi m’a habituée ma participation aux cortèges protestataires en France.3
Eppure, la televisione e i giornali, italiani ed europei, non fanno altro che raccontarci delle violenze
e delle ondate di protesta in Iran che non accennerebbero a placarsi, mostrando sequenze (sempre le
stesse) di pestaggi e di scontri con la polizia. Allora chi sono i veri pasdaran, nel senso che questo
termine ha assunto nel nostro vocabolario? Chi tenta di mantenere l’ordine di fronte a provocazioni
di ogni tipo o gli studenti e gli appartenenti alla classe media che non disdegnano di farsi assistere
da forze straniere pur di rovesciare un governo legittimamente eletto? Per rispondere a questa
domanda retorica non bisogna appartenere alla schiera degli aruspici tanto più che il Segretario di
Stato Americano H.R. Clinton si è lasciata sfuggire delle affermazioni inequivocabili sul
coinvolgimento statunitense nel finanziamento e nel supporto logistico ai candidati “moderati” e ai
manifestanti. Riprendo, a tal proposito, da quanto tradotto da Alessandro Lattanzio4:
“…In un'intervista della CNN con Farred Zacharia, il 9 agosto 2009, la Segretaria di Stato USA,
Hillary Clinton, ha confermato ciò che i suoi servizi in precedenza avevano negato: gli Stati Uniti
hanno svolto un ruolo molto importante nella pseudo "rivoluzione verde" in Iran e ha inviato falsi
messaggi sul Twitter iraniano.
1 Choses vues en Iran, VOXNR 13.08.09
2 “Nelle circostanze attuali, si raccomanda di soprassedere ad ogni viaggio non essenziale in Iran. Questa
raccomandazione si applica tanto ai viaggi di affari che ai viaggi turistici. I servizi di sicurezza sono infatti molto
sospettosi in relazione ai contatti con la popolazione, in particolare con gli ambienti universitari e studenteschi, che essi
osservano attentamente, ed in relazione agli scatti di fotografie”.
3 “Ho avuto occasione di assistere a due manifestazioni, la cosa che mi ha più sorpreso è stato lo scarso numero dei
partecipanti (2): da 100 a 150 [persone]a Teheran il cui agglomerato conta 14 milioni di abitanti, alcune decine a
Ispahan (1.6 milioni di abitanti)… Nonostante poliziotti anti-sommossa fossero certamente sui luoghi, non erano affatto
numerosi e la loro presenza non aveva nulla a che vedere con ciò a cui mi ha abituato la partecipazione alle
manifestazioni di protesta in Francia.
4 A. Lattanzio (trad.) “Hillary Clinton ammette che gli Stati Uniti hanno manipolato la "rivoluzione verde" in Iran
http://www.voltairenet.org/article161572.html 11 agosto 2009
- Fareed Zakaria: A proposito dell'Iran, come lei sa, molte persone dicono che il Presidente e lei
siete stati troppo lenti nel condannare ciò che sembravano essere state delle elezioni fraudolente e
troppo lenti a offrire sostegno alle persone del popolo, perché si voleva preservare la possibilità di
negoziare con l'Iran. Potete davvero negoziare con l'Iran in questa situazione? Capisco che, in
generale, dobbiamo negoziare con tutti i tipi di regimi. Ma, in pratica, adesso, con Ahmadinejad
nominato presidente in una atmosfera assai conflittuale, non lo legittimerete negoziando con lui?
- Hillary Clinton: Permettetemi di rispondere alla prima parte della sua domanda sulla nostra
reazione. Vi è stato un altro aspetto molto importante. Non ci volevamo trovare tra le proteste e le
manifestazioni legittime del popolo iraniano e il potere. E sapevamo che se si interveniva troppo
presto, e troppo decisamente, l’attenzione avrebbe potuto oscillare e il potere avrebbe cercato di
utilizzarci per unificare il paese contro i manifestanti. E' stata una decisione difficile, ma credo che,
in retrospettiva, ne siamo usciti bene. Tuttavia, dietro le quinte, abbiamo fatto molto. Come sapete,
i giovani ... uno dei nostri giovani del Dipartimento di Stato ha scritto a Twitter "Continuate",
nonostante il fatto che avevano previsto una sosta tecnica. Così abbiamo fatto molto per rafforzare
i manifestanti senza esporci. E continuiamo a parlare e a sostenere l'opposizione”.
Credo che ci siano abbondanti elementi per tirare le somme sulla famigerata rivoluzione verde in
Iran e sulla sua natura tutt’altro che spontanea, sennonché occorrerà comunque prestare molta
attenzione alla maniera in cui gli americani hanno permesso alla rivolta d’infuocare:
“Les manifestations de soutien en faveur de Moussavi sont au départ un moyen détourné de
quelques caciques d’exprimer leur mécontentement. Ils pensaient pouvoir maîtriser les protestations
populaires. Or ce mouvement a été récupéré et amplifié par les services spéciaux occidentaux,
étatsuniens et britanniques en particulier. Grâce à une cyberlogistique performante, des milliers de
textos et de pourriels stigmatisant une hypothétique fraude électorale se déversent sur les téléphones
portatifs et les ordinateurs des Iraniens. Dans le même temps, des médias télévisés et
radiophoniques spécialisés ouvrent leur antenne pour des émissions spécifiques en langue persane
qui appellent les Iraniens à l’émeute. Enfin Internet et le réseau Twitter sèment le doute et
répandent des mots d’ordre insurrectionnels. On est en présence d’une révolution colorée, verte
(couleur du candidat Moussavi) cette fois-ci. Tout concorde : le moment choisi, juste après une
élection présidentielle et les moyens utilisés, une combinaison d’instruments sophistiqués et l’action
d’agents d’influence sur des foules aigries et malléables. Toutefois, la « révolution de couleur » en
cours à Téhéran ne saurait se confondre avec ses homologues ukrainienne, géorgienne, libanaise ou
khirghize. Il serait plus juste de la comparer avec la révolution roumaine de décembre 1989.”5
Altrettanto perniciosa è la capacità dei media occidentali d’indorare politicamente i leaders delle
sommosse che all’indomani dell’accettazione degli aiuti statunitensi vengono vestiti di panni di
presentabilità democratica, nonostante un passato di furfanterie e ladrocini ai danni del popolo (è il
caso del padrino del petrolio e del “Bazar” Rafsandjani).
5 “Le manifestazioni di sostegno a favore di Moussavi sono inizialmente un mezzo deviato di alcuni cacicchi per
esprimere la loro insoddisfazione. Pensavano di poter controllare le proteste popolari. Ma questo movimento è stato
recuperato ed amplificato dai servizi speciali occidentali, statunitensi e britannici in particolare. Grazie ad una
cyberlogistica efficiente, migliaia di testi e di spam stigmatizzanti una ipotetica frode elettorale si riversa sui telefoni
portatili e sui pc degli iraniani. Nello stesso tempo, mass media televisivi e radiofonici specializzati aprono le loro
antenne per emissioni specifiche in lingua persiana che chiamano gli iraniani alla sommossa. Infine Internet e la rete
Twitter seminano il dubbio e diffondono parole d'ordine insurrezionali. Si è in presenza di una rivoluzione colorata,
verde (colore del candidato Moussavi) questa volta. Tutto concorda: il momento scelto, appena dopo un'elezione
presidenziale ed i mezzi utilizzati, una combinazione di strumenti sofisticati e l'azione di agenti d'influenza su folle
inasprite e malleabili. Tuttavia, “la rivoluzione colorata„ in corso a Teheran non può confondersi con le omologhe
ucraina, georgiana, libanese o khirghiza. Sarebbe più giusto compararla con la rivoluzione rumena del dicembre 1989”.
Georges Feltin-Tracol “Commentaires sur la crise iranienne”, Geostrategie.com
Infine, a chi crede che in Iran agiscano solo forze interne consigliamo di dare il giusto credito a
quest’altra notizia:
Iran: Washington e Tel Aviv ci provano ancora.
Alti dirigenti dell'amministrazione Obama e del gabinetto Netanyahu si sono riuniti il 30 luglio
scorso nella sede del Mossad israeliano per dare il via al piano «per rovesciare il governo di
Ahma-dinejad in Iran». Lo riferisce il sito israeliano DEBKAfile, secondo il quale i partecipanti
hanno concordato di non intraprendere azioni allo scoperto contro Teheran, per evitare di
ricompattare l'opinione pubblica iraniana. Si procederà quindi, ufficialmente, solo con gli «inviti al
dialogo». Secondo le indiscrezioni divulgate da DEBKAfile, nei prossimi giorni «le pressioni
invisibili» su Te-heran inizieranno con contatti estesi del segretario di Stato Hillary Clinton con gli
alleati degli Stati Uniti nel Golfo Persico, che darà agli alleati indicazioni per avviare i piani ai
danni di Teheran.
L'agenzia stampa iraniana Fars aggiunge che, alla riunione, l'amministrazione Obama era
rappresentata da esponenti di primissimo piano come il consigliere per la sicurezza nazionale
James Jones, il sottosegretario di stato agli affari politici William Burns e l'inviato speciale per la
regione del Golfo Persico e l'Asia di Sud Ovest Dennis Ross. Per gli israeliani erano presenti il
capo dei servizi di spionaggio "Meir Dagan", il direttore dell'intelligence militare "Amos Yadlin"
ed il presidente del Consiglio per la sicurezza nazionale "Ozi Arad". I partecipanti hanno affermato
che alcuni fatti verificatisi recentemente testimoniano «mancanza di unità» in Iran e che pertanto il
progetto di rovesciare il governo iraniano è da prendere in considerazione.