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L'Ospite inquietante

di Dagoberto Husayn Bellucci - 25/08/2009

       "Nietzsche chiama il nichilismo "il più inquietante (unheimlich) fra tutti gli ospiti", perchè ciò che esso vuole è lo spaesamento (Heimatlosigkeit) come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perchè ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest'ospite e guardarlo bene in faccia" ( Martin Heiddeger - "La questione dell'essere (Sopra la linea)" - (1955-1956) )  "...liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già calpestano il Ponte che adduce ai Troni degli Dèiil Destino orami sta per compiersi e Heimdall, il santo custode, suona a gran forza il grande corno di guerreOdino conversa con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio..." ( Canto della Vòluspà - Strofa XLVI )  

"Vivere per sempre
Ci vuole coraggio
Datti al giardinaggio dei fiori del male
E’ necessario vivere
Bisogna scrivere
All’infinito tendere"

( Baustelle - "Baudelaire" - album "Amen" - 2008 )

"E non è colpa mia se esistono carnefici

 Se esiste l'imbecillità

Se le panchine sono piene di gente che sta male"

( Franco Battiato - "Up patriots to arms" - album "Patriots" - 1980 )

    

Nel 'circo Barnum'  demenzial-compulsivo della macchina editoriale italiota, omologato al pensiero unico edonistico-consumista per il quale risulta 'conforme' la validità di un 'testo' esclusivamente per il nome del suo autore o in funzione delle 'copie-vendita' in quanto è la 'percezione' materialistico-consumistica che 'rende' l'opera scrittoria 'degna' o meno di 'intasare' gli scaffali librari (...infinite pagine di inutilità 'buttate' lì alla 'rinfusa'...'bestseller' che 'spaziano' dalla cura del pelo dei gatti alla caccia al cinghiale, dai consigli per il clitoride infiammato a quelli per le evacuazioni intestinali per finire con 'entusiasmanti' descrizioni dell'ufologia, della meccanica divina, delle 'ascensioni' alpinistico-sportive e indicibili rappresentazioni 'romanzesche' di una realtà che oramai è in stato perennemente confusionale... 'comprateli' voi e non dimenticatevi la 'letteratura' 'fantastico-storica' che mescola alla rinfusa mitofanie, dottrine esoteriche, occultismo, simbolismi 'eccetera eccetera'...), abbiamo 'intuito' la validità argomentativo-analitica dell'ultima 'fatica' scrittoria di Umberto Galimberti, filosofo e psicologo, uomo di 'sinistra' (...perchè 'esiste' ancora una 'sinistra'?...e una 'destra'? ...mah...crediamo avesse ragione l'indimenticato Giorgio Gaber qualche anno or sono quando sosteneva che "...Ma cos'è la destra cos'è la sinistra... Ma cos'è la destra cos'è la sinistra... Fare il bagno nella vasca è di destra far la doccia invece è di sinistra/ un pacchetto di Marlboro è di destra di contrabbando è di sinistra (...) Una bella minestrina è di destra il minestrone è sempre di sinistra/ tutti i films che fanno oggi son di destra se annoiano son di sinistra (...) Le scarpette da ginnastica o da tennis hanno ancora un gusto un po' di destra/  ma portarle tutte sporche e un po' slacciate è da scemi più che di sinistra (...) I blue-jeans che sono un segno di sinistra con la giacca vanno verso destra (...)  il concerto nello stadio è di sinistra i prezzi sono un po' di destra (...) I collant son quasi sempre di sinistra il reggicalze è più che mai di destra (...) la pisciata in compagnia è di sinistra il cesso è sempre in fondo a destra (...) La piscina bella azzurra e trasparente è evidente che sia un po' di destra/  mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare sono di merda più che sinistra (...) L'ideologia, l'ideologia malgrado tutto credo ancora che ci sia/  è la passione, l'ossessione della tua diversità/  che al momento dove è andata non si sa dove non si sa, dove non si sa (...) Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra/ è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra....."  ....destra-centro-sinistra parole 'vuote', artifici 'parlamentarististi' inventati ad hoc dalla borghesia e 'accettati' supinamente dal proletariato per la 'consumazione' del 'banchetto' delle 'ciancie' politicanti...'frammenti' d'identificazione ideologico-politica tardo-ottocenteschi 'sopravviventi' quali 'residui' deambulanti nella vuota quotidianità post-modernista...'percezioni' demenziali per irretire il 'pubblico pagante' dello spettacolo elettoralistico-partitocratico...immondezzaio pubblico delle 'pulsioni' e degli 'istinti' più veniali di chi 'crede' alle 'allodole' sistemiche... 'contenti' 'voi'...mah...questa, in 'fondo', è l'illusione democratica....da 'sempre'...il nostro 'dagocentrismo' ci porta indiscutibilmente al di là e oltre le 'categorie' destra/sinistra.... siamo irriducibilmente 'alieni' a qualsivoglia 'fascinazione' democratica.... unica 'via' Dagocrazia...'sicuri' di non 'sbagliarci'....mai!.....) e
discreto 'osservatore' delle dinamiche depauperizzanti della società del nulla contemporanea.

Il testo in questione è 'dedicato' ai giovani...in realtà dovrebbe essere 'destinato' ad un 'pubblico' più vasto....l'umanità. Perchè, parafrasando Friedrich Nietzsche, "il nichilismo è alle porte: da dove ci viene costui, il più inquietante fra tutti gli ospiti?" (1) ...il nichilismo pervade, devasta, influenza, 'ammalia', affascina e distrugge...indomito prosegue la sua devastante corsa precipitando gli individui e le società nel baratro del nulla... Oggi il nichilismo 'trionfa' nelle società vuote di senso della porcilaia occidentale, determinando percorsi scoscesi e irrefrenabili cadute...non c'è salvezza perchè il nichilismo ha tagliato definitivamente i 'ponti' con qualsiasi percezione metafisica , rovistando nell'anima e sgangherando le coscienze ben oltre lo 'sgangherabile'.

"Un libro sui giovani: perchè i giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male (...perchè i 'meno' giovani stan 'messi' 'meglio'? ...tze...frustrazioni esistenziali di derelitti senza possibilità di 'attracco'...vuoti a 'perdere'...). - scrive l'autore nell'introduzione - E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perchè un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui. (...) Interrogati non sanno descrivere il loro malessere perchè hanno ormai raggiunto quell'analfabetismo emotivo che non consente di riconoscere i propri sentimenti e soprattutto di chiamarli per nome. E del resto che nome dare a quel nulla che li pervade e che li affoga? Nel deserto della comunicazione, dove la famiglia non desta più alcun richiamo e la scuola non suscita alcun interesse, tutte le parole che invitano all'impegno e allo sguardo volto al futuro affondano in quell'inarticolato all'altezza del quale c'è solo il grido, che talvolta spezza la corazza opaca e spessa del silenzio che, massiccio, avvolge la solitudine della loro segreta depressione come stato d'animo senza tempo, governato da quell'ospite inquietante che Nietzsche chiama 'nichilismo'. (...) Un pò di musica sparata nelle orecchie per cancellare tutte le parole, un pò di droga per anestetizzare il dolore o per provare una qualche emozione, tanta solitudine tipica di quell'individualismo esasperato, sconosciuto alle generazioni precedenti, indotto dalla persuasione che - stante l'inaridimento di tutti i legami affettivi - non ci si salva se non da soli, magari attaccandosi, nel deserto dei valori, a quell'unico generatore simbolico di tutti i valori che nella nostra cultura si chiama denaro.  Va da sè che quando il disagio non è del singolo individuo, ma l'individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti, se non addirittura di sensi e di legami affettivi, come accade nella nostra cultura, é ovvio che risultano inefficaci le cure farmacologiche cui oggi si ricorre fin dalla prima infanzia o quelle psico-terapiche che curano le sofferenze che originano nel singolo individuo. E questo perchè se l'uomo, come dice Goethe, è un essere volto alla costruzione di senso (Sinngebung), nel deserto dell'insensatezza che l'atmosfera nichilista del nostro tempo diffonde il disagio non è più psicologico, ma culturale. E allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna agire, perchè questa sofferenza non è la causa, ma la conseguenza di un'implosione culturale di cui i giovani, parcheggiati nelle scuole, nelle università, nei master, nel precariato, sono le prime vittime. (...) Se il disagio giovanile non ha origine psicologica ma culturale, inefficaci appaiono i rimedi elaborati dalla nostra cultura, sia nella versione religiosa perchè Dio è davvero morto, sia nella versione illuminista perchè non sembra che la ragione sia oggi il regolatore dei rapporti tra gli uomini, se non in quella formula ridotta della "ragione strumentale" che garantisce il progresso tecnico, ma non un ampliamento dell'orizzonte di senso per la latitanza del pensiero e l'aridità del sentimento."

  Già è esattamente 'questo' il nodo gordiano da sciogliere...ammesso e non concesso che qualcuno abbia una 'soluzione' in vista dell'improbabile 'scioglimento' dobbiamo rilevare che Galimberti abbia colto nel segno identificando nella 'cultura' della morte dominante, nella cultura della crisi prevalente, le principali responsabili dell'affioramento 'tsunamico' del nichilismo e delle conseguenze devastanti che questa realtà priva di senso e aliena da qualsivoglia 'freno' ha prodotto nelle società moderne (occidentali e 'non').

" "Crisi" è la parola che sempre più spesso ricorre in questo nostro tempo instabile e magmatico. - scrive Giuliano Borghi (2) -  Antiche certezze sembrano definitivamente tramontate e i vecchi valori appaiono sfumare sempre più in un crepuscolo in cui il rapporto tra la 'ragione' umana e il suo tempo va declinando fino ad alterarsi profondamente. (...) Ci sembra che un possibile punto di presa iniziale per impostare il discorso che gradualmente andremo svolgento, lo consenta quel momento chiave del Novecento, compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale, quando la sensazione di trovarsi alla fine dei tempi, la critica della civiltà e il pessimismo culturale costituiscono e alimentano una vera e propria corrente di pensiero, quella che è stata definita come "letteratura della crisi". (...) Da tutta l'Europa, letterati, saggisti, storici, filosofi, pur con diverse matrici culturali e con destini diversi, si interrogano con insistenza in conferenze, riviste, volumi, in una fitta rete di rimandi reciproci, per capire se la civiltà occidentale, così decrepita e ammalata alle radici per alcuni, così grandiosa un tempo per altri, potrà riuscire a superare la profonda crisi in cui versa, e che mai prima di allora le era toccato subire.". 

Queste le analisi che 'affioravano' un secolo or sono tra gli intellettuali ed i pensatori di un'epoca che avrebbe dovuto ancora produrre, attraverso l'irrinunciabile fiducia nella scienza e nella tecnica, due conflitti mondiali, la suddivisione planetaria del pianeta tra due imperialismi (capitalistico-statunitense il primo, comunistico-sovietico il secondo) di segno apparentemente 'opposto' ma sostanzialmente identici per metodologia e soprattutto 'genealogia' 'ideale' (...prodotti partoriti dalle rivoluzioni anti-tradizionali d'illuministica memoria, rappresentazioni 'statali' dei più meschini istinti umani dell'invidia sociale miranti all'omologazione meccanicistica e  alla depauperizzazione delle coscienze...due facce della stessa 'patacca' a sei punte e prodotti dell'evoluzionismo, del progressismo, della costante cieca furia devastatrice di qualsivoglia ordine e di qualunque 'organicismo'...) ed infine il mondo rovesciato, l'One World, la società del nulla che 'invade' e pervade, penetrante e strisciante, ogni minimo 'anfratto' abbandonando gli individui a sè stessi... Non esiste più alcuna morale. Nè un'etica. Non esistono più valori nè obiettivi. Non c'è alcun orizzonte verso il quale procedere...la 'marcia' nel nulla, verso il nulla, per il nulla.

"Nichilismo: manca il fine, manca la risposta al "perchè?". Che cosa significa il nichilismo? - Che i valori supremi perdono ogni valore" sentenzierà Nietzsche con assoluta lucidità.

"Il nichilismo - continua Galimberti nel suo volume - è un'antica figura, perchè intorno all'essere e al nulla si è aperto il grande scenario della filosofia che, a differenza della religione e della scienza, non si è assestata sul positivo atteso o realizzato, ma in quel framezzo tra positivo e negativo, tra essere e nulla, in cui la decisione si fa più drammatica e più vertiginosa la scelta di campo (...il 'signoreggiamento' del 'vortice'...ndr). Una scelta, infatti, che non è tra questo o quell'altro ente, tra Dio o il mondo, ma tra il senso della totalità dell'essere e la sua implosione."

Assistiamo alla 'danza' ossessiva e ripetitiva fino all'estenuazione di un mondo che si 'capovolge' su se stesso, del contorcimento 'emozionale' delle coscienze di anime immobili dentro corpi dinamici che, ritmicamente, meccanicamente, compulsivamente, 'deambulano' vaganti alla 'cerca del nulla' che appare come l'estrema ratio per i soggetti sinagogico-sistemici incapaci di fuoriuscire dalle dinamiche di livellamento globale e di omologazione edonistico-consumistica imposti da società programmate e 'tecnicamente' funzionali a 'costruir' automi... L'automatismo delle relazioni, la meccanicità dei sentimenti, l'interazione falsa e meschina dei rapporti diventano una costante del 'vivere' quotidiano per milioni di individui massificati e resi 'schiavi' del nulla.

L'accettazione supina di questa situazione di malessere profondo e quotidiano rappresenta il 'limes' di riferimento tra 'nichilismo attivo' e 'nichilismo passivo'. Arrendersi alla 'corrente' prima ancora della 'piena' , assecondandone i 'flutti', potrebbe anche risultar più conveniente di qualsivoglia tentativo di opporre una inutile, vana e presentita come sterile 'resistenza' di ogni ordine e di ogni gradazione...

"Da Gorgia - per il quale "nulla è; se anche fosse, non sarebbe conoscibile; se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile" (3) - a Heidegger - per il quale "che ne è dell'essere? Dell'essere ne è nulla! E se proprio qui si rivelasse l'essenza del nichilismo finora rimasta nascosta? (4) - , per l'intero arco della storia della filosofia, l'ospite inquietante ha fatto sentire la sua presenza, ma solo oggi, solo nel nostro tempo, questa presenza è divenuta clima della terra, spaesamento di tutti i paesaggi che gli uomini nella loro storia hanno di volta in volta faticosamente costruito per abitare la terra. - continua Galimberti - Ma perchè proprio oggi?"

La risposta alla domanda appare scontata: perchè viviamo nel "ragna rok" delle antiche saghe nordiche, nel Kali-Yuga della tradizione indù, nell'epoca dello svuotamento assoluto di tutto e di tutti i valori, nella società dei senza futuro in attesa della fine...Viviamo l'epoca precedente lo sprofondamento, l'oscuramento generale, dell'umanità ed è una 'percezione' che viene avvertita da tutte le culture tradizionali in 'affanno', a qualunque latitudine...

Il ragnarok (o ragnarokkr) indica, nella mitologia norrena (5), il periodo precedente la fine del tutto o, per essere esatti, l'epoca che annuncia la battaglia escatologica tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle rappresentanti le tenebre ed il caos in seguito alla quale il mondo conosciuto verrà disintegrato e rigenerato.

Il nome è composto da ragna, il genitivo plurale di regin (dèi-poteri organizzati) e rök (fato-destino-meraviglie), poi confuso, non erroneamente, con røkkr (crepuscolo). La visione del ragnarokkr è quella da "crepuscolo degli dei" disegnata superlativamente da Friedrich Nietzsche nella filosofia e 'preannunciata' da Renè Guènon e altri autori del Novecento come ineluttabile destino....è "Il tramonto dell'Occidente" di spengleriana memoria quello disegnato dalla mitofania nordica...la fine di una civiltà e delle civiltà, la scomparsa di un mondo.

"L'opera di Spengler significava la critica dell'evoluzionismo lineare dell'umanità, la sua sostituzione con una concezione ciclica della storia che vedeva espansioni, crolli e rinascite delle civiltà, significava, inoltre, non parlare più della civiltà al singolare, modello mondiale inglobante i singoli destini dei popoli, ma delle civiltà nella loro particolarità e nel loro ritmo vitale di nascita, crescita e morte. Significava pensare alla possibile fine di un mondo, significava indicare che l'Occidente era ormai entrato nella fase di decadenza, senza speranza di futuro." (6)

Il Ragnarok preannuncia la fine e un nuovo inizio. Un inizio che dovrà riposare sulla quiete dopo lo scatenamento della tempesta finale. Ragnarokkr significa "crepuscolo degli dei" ed è questa probabilmente la più efficace metafora, della quale si approprierà utilizzandola e riportandola alla luce ed a nuova popolarità anche Richard Wagner  nella sua opera "Gòtterdàmmerung", per la descrizione di un'atmosfera, di un 'pensarsi' al culmine, dinanzi al baratro, posti di fronte alla "battaglia finale". Alcuni storici, tra i quali il francese Claude Lecouteux (7), hanno corretto questa definizione affermando che il vero e proprio significato di Ragnarokkr sia quello di un "Giudizio delle potenze".

Ma torniamo a Galimberti e alla sua domanda 'fatidica' sul perchè proprio adesso, ora, nell'epoca attuale assistiamo impassibili, quasi immobilizzati, all'apparizione devastante del nichilismo. "Perchè, scrive Franco Volpi: "Oggi i riferimenti tradizionali - i miti, gli dèi, le trascendenze, i valori - sono stati erosi dal disincanto del mondo. La razionalizzazione scientifico-tecnica ha prodotto l'indecidibilità delle scelte ultime sul piano della sola ragione. Il risultato è il politeismo dei valori e l'isostenia delle decisioni, la stessa stupidità delle prescrizioni e la stessa inutilità delle proibizioni. Nel mondo governato dalla scienza e dalla tecnica l'efficacia degli imperativi morali sembra pari a quella dei freni di bicicletta montati su un jumbo. Sotto la calotta d'acciaio del nichilismo non v'è più virtù o morale possibile."(8).

Niente resiste alla carica distruttiva prodotta dal fenomeno nichilista....tutto viene eroso, tutto lacerato, tutto infranto. Le certezze ed i valori, basi fondamentali sulle quali gli individui hanno costruito da sempre le loro civiltà, sono andate disintegrate dalla comparsa dell'inquietante inatteso...Inatteso ma preannunciato e inevitabile 'ospite' di un mondo destinato alla scomparsa per autocombustione lenta e per quel vuoto che sospende tutto.

"Il nichilismo conclude la "terra della sera" e custodisce il senso del tramonto. Nietzsche, infatti, concepisce l'uomo moderno e il suo tempo come una fine, la fine del movimento morale e spirituale di più di duemila anni, la fine della metafisica e del cristianesimo, la fine di ogni giudizio di valore. - prosegue Galimberti soffermandosi su quella che è stata la 'risposta' offerta dalla prospettiva inquietante del Grande di Rocken - A parere di Heidegger il nichilismo denunciato da Nietzsche non è un evento casuale, un fatto storico che poteva anche non accadere, ma è il "processo fondamentale della storia dell'Occidente, e l'intera logica di questa storia" (9). Per questo l'annuncio nichilista della morte di Dio, non è determinato da un'insana mania di profanazione. Nietzsche non è Erostrato che, per una perversa mania di gloria, incenerì il tempio di Diana a Efeso. Per Nietzsche l'epoca finisce perchè non crede in ciò che l'aveva promossa e per secoli animata.".

L'annuncio nietzschiano è l'annuncio di una inevitabilità...di un qualcosa che è già prefigurato nelle premesse di una civilizzazione spinta parossisticamente e lanciata fuoriosamente alla conquista dell'infinito, plasmata dalle scoperte della tecnica e della scienza, laicizzata, umanistica e concepita solo ed esclusivamente in funzione di e per l'individuo al quale viene richiesta un'adesione 'decontestualizzata' da qualsivoglia valore, priva di etica e aliena da qualunque formula morale.

La società del niente contemporaneo è l'attracco inevitabile dell'analisi filosofica nietzschiana che schiude le porte del perbenismo razionalista e quelle del buonismo pietistico religioso occidentali per lasciar emergere la figura inquietante del Leviatano nichilista che preannuncia la fine della cultura e della civilizzazione occidentali, la morte del sacro, lo sconsacramento supremo di tutti i valori e di tutte le metafisiche, la disintegrazione delle coscienze stuprate orgiasticamente nella bolgia consumistico-edonistica del mondo rovesciato della materialità...

In Nietzsche del resto, quasi come si trattasse di un'opera omnia riassuntiva di tipo ontogenico, attorno alla sua visione organica dell'esistenza individuale e collettiva è possibile identificare un fascio, un insieme organico, di tutte le tappe essenziali del pensiero critico e della dialettica pessimistica occidentali fino alla estrema conclusione che delinea irriducibilmente l'avanzata del nuovo attore, assoluto protagonista, che contraddistinguerà le dinamiche involutive del mondo moderno: il nichilismo. Nietzsche dunque assurge al rango di figura simbolica di un'intero mondo (10), di una civiltà in decomposizione, anticipatore cosciente e disintegratore autodidatta delle crepuscolari atmosfere di morte, dolore, rassegnazione, oblio interiore che circonderà l'umanità occidentale ed infine il mondo nelle epoche a seguire le sue folgoranti intuizioni.

"La persona di Nietzsche è in pari tempo una causa. E' la causa dell'uomo moderno, per la quali qui si combatte, di quest'uomo che, sradicato dal sacro suolo della tradizione (...) cerca sè stesso, cioè vuol riconquistare un senso soddisfacente per la sua esistenza oramai rimessa interamente a sè stessa." (11)

In Nietzsche dunque assistiamo alla duplice trasfigurazione di due 'stilemi' che rappresentano i possibili 'sviluppi' di esperienze fondamentali: l'individuo si accorge che la vita è tragica ma come tale deve essere vissuta (coscienza del nichilismo, sua percezione, sua analisi e 'radiografia'). In quali 'forme' e in quali 'modi' è la risposta che il Filosofo di Rocken cercherà di anticipare quasi a voler affermare il suo primato, la primogenitura del e sul fenomeno nichilista: un 'lascito' alle future generazioni ed un monito. Perchè nella visione del mondo nietzschiana l'esistenza rimane qualcosa di fondamentalmente tragico e contraddittorio. Ma Nietzsche indica anche i 'metodi' che potrebbero rappresentare la giusta soluzione, o per lo meno una delle possibili soluzioni, per le inquietudini esistenziali perchè l'uomo viene anche avvertito come una forza generatrice che può, anzi deve, creare nuovi valori in sostituzione di quelli che sono stati abbattuti ovvero evadere, scaricando tutta la tensione emotiva insostenibile, ricreando o creando ex novo un nuovo mondo di contemplazione estetica.

Nella "Nascita della Tragedia" la prima via indicata da Nietzsche è quella di immedesimarsi completamente con la 'tragicità' anzi viene offerta una metodologia operativa e ideale per volerla vivere fino alle sue forme più estreme, radicalmente, in quel percorso segnato dalla cosiddetta "Via di Dioniso" la Via della Mano Sinistra, la via del Nichilismo. Al contrario esiste una seconda 'opzione' - escludendo completamente quella di riconnettersi a forme spirituali e tradizionali che per Nietzsche non rappresenterebbero nient'altro che limitanti ostacoli e retaggi di un passato destinato ad essere spazzato via - che è contemplativa, estatica, evasiva e creatrice e che viene comunemente riconosciuta come la "Via di Apollo". L'uomo dionisiaco nietzschiano però non si perde nella semplice identificazione con "ciò che esiste" ma mira ad assumere organicamente, coscientemente e lucidamente, un'attitudine che diviene autoprocreatrice di potenza: esiste una volontà di potenza che rappresenta il potere autonomo che si manifesta quale pura determinazione e tende a confondersi, ridursi e amalgamarsi completamente con la Potenza.

Da un lato assistiamo in Nietzsche al progressivo, sistematico e irrazionale riduzionismo dello spazio creato dall'evasione estetica, dalla disintegrazione di tutto ciò che viene avvertito come la maschera idolatrica dei feticci, degli 'dei' soprattutto di quelli razionalistici e moralistici. E' il crepuscolo degli idoli, l'abbattimento di tutto ciò che può e poteva servire all'essere umano come appoggio, come rifugio, come ultima ratio salvificante. La concezione è tragica ed estrema perchè i tempi sono tragici ed estremi come la vita che l'individuo si troverà a vivere d'ora innanzi.

In questa concezione tragica si manifesta quindi l'ascetica nietzschiana: una dimensione ed una rappresentazione dell'esistenza che si formano nella particolarità dell'ascesi determinata dalla volontà, sempre più intesa da Nietzsche come una forza assoluta che può, anzi deve e necessita, di sopravvivere a sè stessa, dicendo no a sè stessa e appunto in questa autoflagellazione sentire e realizzare pienamente la sua più alta manifestazione di potenza.

Giorgio Simmel , analizzando la risposta superomistica del 'pazzo di Rocken' - come sarà definito dai suoi non pochi detrattori in vita e successivamente il filosofo tedesco - ; ricorda come la tensione costante prodotta dal vivere, l'estrema intensità del vivere, si trasforma e capovolge in una qualità diversa che diviene un "più che vivere" sebbene ricordi come nel mondo del "superuomo" nietzschiano manchino le premesse ed i punti di riferimento che abbiano la possibilità di funzionare da "trasformatori" nel circuito della vita per renderla realmente "supervita".

E' qualcosa che non può nè deve essere lasciato al caso perchè i rischi sono troppo alti.

Nella sua opera "La questione dell'essere" , rispondendo a Ernst Jùnger, scrive Martin Heidegger: "in che cosa consiste il compimento del nichilismo? La risposta sembra ovvia. Il nichilismo sarà compiuto quando avrà carpito tutte le sostanze, quando avrà fatto la sua comparsa ovunque, quando più niente potrà pretendere di fare eccezione, perchè il nichilismo sarà divenuto la condizione normale. Ma la condizione normale non è che la realizzazione del compimento. Quella è una conseguenza di questo. Compimento significa il raccogliersi di tutte le possibilità essenziali del nichilismo, che restano difficili da perscrutare sia nel loro insieme, sia singolarmente. Le possibilità essenziali del nichilismo possono essere pensate solo se torniamo indietro a pensare alla sua essenza. Dico "indietro" perchè l'essenza del nichilismo precede e quindi anticipa le singole manifestazioni nichilistiche, e le raccoglie nel compimento. Il compimento del nichilismo, tuttavia, non è già la sua fine. Con il compimento del nichilismo si inizia solo la fase finale del nichilismo." (12) 

 

Già Nietzsche aveva presentito e descritto che la decadenza non troverà compimento e comunque caratterizzerà i secoli a venire perchè , come scriverà lucidamente: "L'uomo moderno crede sperimentalmente ora a questo ora a quel valore, per poi lasciarlo cadere. Il circolo dei valori superati e lasciati cadere è sempre più vasto. Si avverte sempre più il vuoto e la povertà di valore. Il movimento è inarrestabile, sebbene si sia tentato in grande stile di rallentarlo. Alla fine l'uomo osa una critica dei valori in generale; ne riconosce l'origine, conosce abbastanza per non credere più in nessun valore; ecco il pathos, il nuovo brivido. Quella che racconto è la storia dei prossimi due secoli." (13)

Quale il senso di 'marcia', la direzione, le dimensioni e le derivazioni che il nichilismo ha assunto nel corso dell'ultimo secolo e mezzo? Anche questa è una risposta che interessa a Galimberti per la sua ricognizione analitico-introspettiva, sociologica e psicologica, del baratro della contemporaneità che avviluppa e confonde, irretisce e caratterizza la società moderna: "A dare il nome all'ospite inquietante - scrive - è stato lo scrittore russo Ivan Sergeeviç Turgenev (1818-1883), a partire dal quale il nichilismo si è fatto strada nel Romanticismo e nell'Idealismo, ha contaminato il pensiero sociale e politico francese e tedesco, ha animato l'anarchismo e il populismo del pensiero russo, ha proclamato la morte di Dio con Nietzsche, aprendo quella cultura della crisi connotata da relativismo, scetticismo e disincanto. Si è fatto evento estetico e letterario, per poi diventare sigillo della storia dell'essere con Heidegger, Junger e Severino. Ha permeato di sè l'esistenzialismo di Sartre, la teologia politica di Carl Schmitt, fino ad annunciare la fine della storia con Kojève e Gehlen per l'avvenuto incontro fra l'ospite inquietante, il nichilismo, e quell'impassibile convitato di pietra che è la tecnica, la quale, con la sua fredda razionalità, relativizza e relega sullo sfondo tutte le simboliche e le immagini che l'uomo si era fatto di sè per orientarsi nel mondo e dominarlo."

'Questo' a titolo 'introduttivo è quanto c'era da dire e da scrivere su e del Nichilismo , di quest'ospite inquietante che ha scaravoltato e rovesciato tutte le certezze, mandando in frantumi tutti gli idoli, tutte le certezze, tutte le metafisiche inaridendo l'Occidente, rendendolo vuoto, triste, sconvolto interiormente, castrato nell'anima, disilluso e ferito nella coscienza, privo di speranza e di illusioni perchè tutte quelle che c'erano, quelle sulle quali gli individui occidentali riponevano la loro fiducia e il loro razionale o fanatico , cosciente o cieco, impegno e la loro attitudine sono state disintegrate, andate in frantumi, con quel grande travaglio e rimescolamento ideale rappresentato prima dai due conflitti mondiali e successivamente dalla fine delle delle ideologie del Novecento che hanno segnato e contrassegnato un'epoca assolutamente tragica, idealistica, emotivamente coinvolgente miliardi di anime ma sepolta definitivamente con la proclamazione del mondo unipolare, unidimensionale, dell'avvento del nuovo messianismo edonistico-consumista, con l'affermazione planetaria delle nuove tecnologie ed i nuovi mezzi di comunicazione, depauperizzata e deideologizzata l'umanità assiste inerme e impotenta all'emersione del Non-Valore assoluto, all'avvento dell'era del Nichilismo.

La ricognizione d'analisi 'destinata' dall'autore al rapporto nichilismo-nuove generazioni viene 'introdotta' nel secondo capitolo del testo in questione dall'eloquente titolo "l'epoca delle passioni tristi" e da una altrettanto e più eloquente citazione del duo Benasayag/Schmit che si domandano "Cosa succede quando la crisi non è più l'eccezione alla regola, ma essa stessa regola nella nostra società?".

 E' una domanda retorica perchè, pensiamo, entrambi i due autori - che si occupano di psicoanalisi e psicologia con cattedre in Francia  - sanno benissimo quale sia il livello di lacerazione raggiunto dall'attuale processo dissolutivo delle nostre società occidentali caratterizzante un'epoca ed assieme un'atmosfera di profonda disillusione che lascia inevitabilmente il posto appunto a "passioni tristi" - come hanno intitolato un loro saggio (14) - e a deboli 'rimedi' e ancor più vacue reazioni: si passa dalla rabbia alla depressione, dall'isteria di massa alla vulnerabilità del singolo fino al ricorso a mezzi di 'sostegno' artificial-stupefacenti che, si vedrà nel paragrafo dedicato a droghe, alcool e 'sballi' giovanili da Galimberti, offrono un quieto rifugio per i più deboli ma rappresentano anche quei vani "sorgenbrecher" ("scacciadolori") - parafrasando il giudeo Freud -  che sono la manifesta aspirazione di un libero sfogo ai semplici desideri che, come ci ricorda Platone, sono essenzialmente "mancanze" in quanto "il nulla è l'anima del desiderio" che, nella sua versione anestetica, rende l'appetito irresistibile e il piacere insoddisfacente.

"Contro l'insaziabilità del desiderio Platone consigliava il pensiero, Freud invitava a piegarsi al principio di realtà, nel senso che per godere bisogna fare uno sforzo.  - scrive Galimberti - E allora contro la voluttà degli "scacciadolori" (...) l'antropologa Giulia Sissa consiglia: "Mettiamoci a sedurre uomini, conquistare donne, guadagnare denaro, scrivere un libro. Passiamo attraverso le persone e le cose. (...) Dopotutto - ed è appunto il dopo che conta - si gode di più" (15).

L'introduzione al rapporto tra le giovani generazioni e l'ospite inquietante non lascia molte speranze (...del 'resto' non è che ce ne 'siano' poi 'molte' in 'giro'...assumere atteggiamenti ottimistici risulterebbe oltremodo demenziale, pessimistici sicuramente 'accondiscendente' la 'corrente' con il rischio di farsi risucchiare dal vortice...serve sempre un sano realismo per qualunque 'analisi' ...) scrive infatti l'autore: "Quali sono le ricadute del nichilismo soprattutto sulla condizione giovanile? A rispondere sono un filosofo e psicoanalista argentino, Miguel Benasayag, (...) e un professore di psichiatria infantile e dell'adolescenza, Gèrard Schmit, che insegna all'università di Reims. I due studiosi hanno posto sotto osservazione i servizi di consulenza psicologica e psichiatrica diffusi in Francia e si sono accorti che a frequentarli, per la gran parte, sono persone le cui sofferenze non hanno una vera e propria origine psicologica, ma riflettono la tristezza diffusa che caratterizza la nostra società contemporanea, percorsa da un sentimento permanente di insicurezza e di precarietà. Quali "tecnici della sofferenza" si sono sentiti impreparati ad affrontare problemi che non fossero di natura psicopatologica. E invece di adagiarsi tranquillamente sui farmaci a loro disposizione per curare il disordine molecolare e così stabilizzare la crisi, si sono messi a studiare e a pensare il senso che si nasconde nel cuore del sintomo, quando la crisi non è tanto del singolo quanto il riflesso nel singolo della crisi della società che, senza preavviso, fa il suo ingresso nei centri di consulenza psicologica e psichiatrica, lasciando gli operatori disarmati."

Già in fondo chi è causa del suo mal pianga sè stesso verrebbe da commentare considerando come i primi 'malati' sono spesso e volentieri coloro ai quali viene delegata la facoltà di decidere del destino altrui o, per essere più chiari, alla folta schiera di psicologi e psicoanalisti ai quali la società moderna , contorta e rovesciata su sè stessa, vorrebbe affidare la salvezza delle anime... Il mondo moderno dopo aver relegato Dio in un angolo e infine sancito la sua 'cacciata' (quasi che l'essere umano - in una insana e perversa follia vendicativa - abbia inteso mutatis mutandi decretare la stessa sorte toccata alla sua 'razza' con la 'cacciata dall'Eden'....) cerca disperatamente 'appigli' di salvazione laddove possibile; purtroppo a furia di materialismo e ateismo, laicismo e modernismo l'uomo-massa ha creato il 'suo' mondo nel quale non trovano più posto nè gli antichi 'dei' delle tradizioni politeiste classiche nè tantomeno il dio "geloso e esclusivista" dell'Antico Testamento ..ma l'esperimento -sostenuto da tutti i mezzi della tecnica, della scienza e della ragione - non ha prodotto i 'frutti' sperati...nè avrebbe potuto ottenere più di quanto abbiamo dinnanzi...il vuoto, la voragine, il baratro del nichilismo...

E allora ecco domandarsi, puntualmente, in che cosa consista essenzialmente questa crisi? Qual'è la natura, la vera essenza, della crisi dei valori, della società, del mondo moderno? 

Scrive l'autore: "In che cosa consiste questa crisi? In un cambiamento di segno del futuro: dal futuro-promessa al futuro-minaccia. E siccome la psiche è sana quando è aperta al futuro (a differenza della psiche repressa tutta raccolta nel passato, e della psiche maniacale tutta concentrata sul presente), quando il futuro chiude le sue porte o, se le apre, è solo per offrirsi come incertezza, precarietà, insicurezza, inquietudine, allora, come dice Heidegger, "il terribile è già accaduto" (16), perchè le iniziative si spengono, le speranze appaiono vuote, la demotivazione cresce, l'energia vitale implode. (...) La morte di Dio non ha lasciato solo orfani, ma anche eredi. La scienza, l'utopia e la rivoluzione hanno proseguito, in forma laicizzata, questa visione ottimistica della storia, dove la triade colpa, redenzione, salvezza trovava la sua riformulazione in quell'omologa prospettiva dove il passato appare come il male, la scienza o la rivoluzione come redenzione, il progresso (scientifico o sociologico) come salvezza. Il pensiero positivo di fine Ottocento era animato da una sorta di messianismo scientifico, che assicurava un domani luminoso e felice grazie ai progressi della scienza. Sul versante sociologico Marx evidenziava le contraddizioni del capitalismo in vista di una radicale trasformazione del mondo, mentre sul versante psicologico Freud ipotizzava un prosciugamento delle forze inconsce non controllate dall'Io, perchè "dov'era l'Es deve subentrare l'Io. Questa è l'opera della civiltà" (17)."

'Complimenti' ai due 'compari' giudei: Marx e Freud hanno concepito strumenti d'analisi sterili, fuochi fatui, utopie ancor più livellanti e omologanti che hanno castrato l'individuo anziche portarlo alla tanto 'agognata salvezza'...La 'triade' colpa-redenzione-salvezza prospettata dal 'socialismo scientifico' da un lato e dal freudismo dall'altro hanno svuotato fisicamente (portando anime e coscienze all'ammasso) l'uno e psicologicamente (attaccando il 'cuore' dell'individuo ossia il suo 'motore immobile'..penetrando nella mente, intendendone rivelare qualunque 'segreto', mutuando dallo spazio psichico pericolose 'terapie' fondate su aberranti ricorsi alla rimozione di qualsivoglia freno inibitorio ...consigliamo in proposito la rilettura di "Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo" ...sempre 'illuminante'..) l'altro l'essere umano fino a disumanizzarne l'anima, svuotandola di contenuti etici, di spiritualità, di aneliti verso il Sacro. Tanto il marxismo 'scientifico' (...la 'scientificità' marxista..una delle più evidenti, profonde, demenziali utopie della società contemporanea...un grandioso inganno...) quanto la psicanalisi freudiana sono co-responsabili di aver aperto varchi profondi e inferto insanabili ferite all'umanità. La messa in discussione e la pretesa di 'concorrenza' rispetto al Divino da una parte e  l'istinto maniacale della 'cerca' di 'devianze' dall'altra parte sono state, fra le altre, due delle principali azioni dissolutivo-degenerative rispetto all'organismo imperfetto dell'individuo 'abbandonato' a sè peraltro dal fiducioso 'avvenire'...un'umanità che, come giustamente rileva Galimberti, a questo "ha guardato....sorretta dalla convinzione che la storia...è inevitabilmente una storia di progresso e quindi di salvezza.".

"Oggi questa visione ottimistica è crollata. Dio è davvero morto e i suoi eredi (scienza, utopia e rivoluzione) hanno mancato la promessa. Inquinamenti di ogni tipo, disuguaglianze sociali, disastri economici, comparsa di nuove malattie, esplosioni di violenza, forme di intolleranza, radicamento di egoismi, pratica abituale della guerra hanno fatto precipitare il futuro dall'estrema positività della tradizione giudaico-cristiana all'estrema negatività di un tempo affidato a una casualità senza direzione e orientamento. E questo perchè, se è vero che la tecno-scienza progredisce nella conoscenza del reale, contemporaneamente ci getta in una forma di ignoranza molto diversa, ma forse più temibile, che è poi quella che ci rende incapaci alla nostra infelicità e ai problemi che ci inquietano e che paurosamente ruotano intorno all'assenza di senso. Per dirla con Spinoza, viviamo in un'epoca dominata da quelle che il filosofo chiama le "passioni tristi", dove il riferimento non è al dolore o al pianto, ma all'impotenza, alla disgregazione e alla mancanza di senso (..."vuoto di senso crolla l'Occidente/ soffocherà per ingordigia e assurda sete di potere" ci 'ricorda' il sulfureo Franco Battiato...ndr), che fanno della crisi attuale qualcosa di diverso dalle altre a cui l'Occidente ha saputo adattarsi, perchè si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra civiltà."

La paura, l'insicurezza, l'inadeguatezza del vivere, il senso di impotenza, la visione catastrofistica o apocalittica che contrassegna le nostre società, il vuoto ideale, emotivo e sentimentale che 'accompagna' e 'scandisce' i rapporti e le relazioni tra gli individui, la mancanza di aspettative verso il futuro, la sensazione avvertita a livello generale e globale di precarietà e l'insondabile 'tendenza' verso il baratro di una quotidianità assorta in mille pensieri che neanche più si pone alcuna questione relativa al proprio futuro sono i 'sintomi' di questa crisi. Crisi enorme. Crisi che non ha soluzioni perchè non ne esistono. Tantomeno in terra occidentale dove alla domanda di 'sacro' si offre l'osceno scenario del "supermarket delle religioni" in stile 'new age' e dove qualunque 'afflato' sia ribellistico sia spirituale viene ricompreso in quel crogiulo informe che è la spettacolarizzazione e la pubblicizzazione del mondo delle immagini 'diffuse' largamente e in ogni modo dallo 'scatolotto maledetto' alias televisione fino ai più moderni mezzi di comunicazione di massa (internet, chat, cellulari ecc ecc).

"La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell'assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva (.."Quant'è bella giovinezza/ che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'é certezza" ....Lorenzo De Medici...'echi' lontani di 'rinascimentali prospettive'e sonetto in rime che intendeva 'cantar' la giovinezza...'almeno' c'era ancora la speranza ad alimentare quel mondo...ndr). Ciò significa che nell'adolescente non si verifica più quel passaggio naturale dalla libido narcisistica (che investe sull'amore di sè) alla libido oggettuale (che investe sugli altri e sul mondo). Senza questo passaggio, si corre il rischio di indurre gli adolescenti a studiare con motivazioni utilitaristiche, impostando un'educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che "ci si salva da soli", con conseguente affievolimento dei legami emotivi, sentimentali e sociali. La mancanza di un futuro come promessa priva genitori e insegnanti dell'autorità di indicare la strada. Tra adolescenti e adulti si instaura allora un rapporto contrattualistico, per effetto del quale genitori e insegnanti si sentono continuamente tenuti a giustificare le loro scelte nei confronti del giovane, che accetta o meno ciò che gli viene proposto in un rapporto egualitario. Ma la relazione tra giovani e adulti non è simmetrica, e trattare l'adolescente come un proprio pari significa non contenerlo, e soprattutto lasciarlo solo di fronte alle proprie pulsioni, e all'ansia che ne deriva."

E meno male che anche Galimberti se n'é 'accorto' di cosa abbiano significato le 'decantate' derive buonistico-onnicomprensive che per anni hanno caratterizzato l'approccio didattico-scientifico e la 'scolastica' delle facoltà di sociologia e scienza della comunicazione....

"Quando i sintomi del disagio si fanno evidenti, l'atteggiamento dei genitori e degli insegnanti oscilla tra coercizione dura - che può avere senso quando le promesse del futuro sono garantite - e la seduzione di tipo commerciale di cui la cultura consumistica che si va diffondendo è un invito. Sennonchè anche i giovani di oggi devono fare il loro Edipo, devono cioè esplorare la loro potenza, sperimentare i limiti della società, affrontare tutte le situazioni tipiche dei riti di passaggio dell'adolescenza, tra cui uccidere simbolicamente l'autorità, il padre. E siccome questo processo non può avvenire in famiglia, dove, per effetto dei rapporti contrattuali tra padri e figli, l'autorità non esiste più (...'ricordiamo' una demenziale 'serie' televisiva dall'"illuminante" 'titolo' ..."Una mamma per amica"....chissà quante 'mamme' 'moderne' hanno cercato di 'emulare' le 'gesta' della protagonista...l'inversione dei ruoli è ovviamente un altro sintomo e la conseguenza più evidente dell'inversione dei valori del mondo moderno...ndr) , i giovani finiscono con il fare il loro Edipo con la polizia, scatenando nel quartiere, allo stadio, nella città, nella società la violenza contenuta in famiglia."

Sia detto per 'inciso' 'caro Galimberti' ...'magari' si 'sfogassero' soltanto tra quartiere, stadio e città ..le nuove generazioni 'imparano' prima (....educazione 'fai da te' computeristico-compulsoria...demenziali atteggiamenti di massa caratterizzanti oramai una fascia di individui che 'trascende' l'adolescenza....) via 'Internet'....per esistere ci si affida alle 'dinamiche virtuali' del computatore che 'insegna' l'"abc" su tutto...'sveglia' l'emotività, suscita stati di dipendenza, eleva il rischio (...ed anche il rischio bisogna riconoscerlo ha un suo fascino 'diabolico' da sempre...) e quindi 'eccita' e stimola a "vivere" la realtà virtuale.....(...centinaia di migliaia di siti, forum e chat su tutto ed il contrario di tutto per decerebrati e 'illusi' perchè Internet è la grande parodia della vita...ma 'questo' è un discorso che comunque ci porterebbe lontano...basti comunque pensare al fenomeno "Facebook" con i suoi milioni di iscritti....alla 'facilità' con la quale viene 'garantito' un'approdo veloce per l'apertura di nuove relazioni 'sociali'...senza neanche più 'società'...abbiamo, 'bazzicando' allegramente nella 'realtà computatorio-informatica, incontrato di tutto di più....soggetti al limite del 'credibile' e anche al di là dell'inimmaginabile...d'altronde, occorre 'ricordarlo', la realtà 'reale' non si differenzia oramai molto da quella virtuale...).

"Sono questi, solo alcuni degli esempi fra i molti che si potrebbero segnalare per mostrare il nesso tra il passaggio storico del futuro come promessa al futuro come minaccia...(...) A ciò si aggiunga che le passioni tristi e il fatalismo non mancano di un certo fascino, ed è facile farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l'attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica che, dalla minaccia nucleare a quella terroristica, cade come un cielo buio su tutti noi. Ma è anche vero che le passioni tristi sono una costruzione, un modo di interpretare la realtà, non la realtà stessa, che ha ancora in serbo delle risorse se solo non ci facciamo irretire da quel significante oggi dominante che è l'insicurezza."

Mah...'sarà' ...di certo non è che 'abbondiamo' con le 'dosi' di 'ottimismo'.... in giro 'pare' una 'materia' piuttosto 'rara' da incontrare.

Meritevole di una fugace 'introduzione' e analisi il terzo capitolo del volume passa quindi a occuparsi del "disinteresse della scuola" sostenendo, non a torto, che "la scuola ha a che fare con quella fase precaria dell'esistenza che è l'adolescenza (...discorso 'lungo' che andrebbe a parar lontano quello degli 'eterni adolescenti' che - specialmente tra i nostri coetanei 'abbondano'...anche, 'soprattutto', tra quelli che si 'ritengono' "realizzati" dalle compensazioni Casa-Lavoro-Famiglia.. ndr) , dove l'identità appena abbozzata non si gioca come nell'adulto tra ciò che si è e la paura di perdere ciò che si è (...ma realmente Galimberti è così 'certo' che gli 'adulti' siano 'tali' e soprattutto sappiano esattamente che cazzo sono?..mah...diciamo che è 'vero' va...'crediamoci'....ndr) , ma nel divario ben più drammatico tra il non sapere chi si è e la paura di non riuscire a essere ciò che si sogna. (...) L'autostima dello studente è scambiata spesso per presunzione, e l'autoaccettazione come un esplicito riconoscimento da parte dello studente di non valere un granchè. Se poi è lo stesso studente a esser convinto di valere poco, il professore si sente assolutamente assolto nel suo ribadire con voti e giudizi negativi, quel nulla che lo studente avverte già per suo conto dentro di sè. E così (...) si allarga e si approfondisce quella dimensione del vuoto che talvolta porta a gesti irreversibili. A evento compiuto, di solito i professori manifestano meraviglia. Non si meravigliano della loro disattenzione, ma dell'imprevedibilità di un simile gesto in un ragazzo che sembrava così "allegro" e  "vivace". Perchè, nonostante il gran frequentare letture umanistiche in cui sono descritte tutte le pieghe dell'anima, molti professori ancora non sanno distinguere, nel riso di un giovane, lo spunto della gioia o la smorfia della tragedia imminente. Ma chi tra gli insegnanti accerta, oltre alle competenze culturali dei propri allievi, il grado di autostima che ciascuno di loro nutre per se stesso? Chi tra gli insegnanti è consapevole che gran parte dell'apprendimento dipende non tanto dalla buona volontà (...ci domandiamo cosa 'esattamente' sia questa "buona volontà"...ndr) , quanto dall'autostima che innesca la buona volontà? Chi, con opportuni riconoscimenti, rafforza questa autostima, primo motore della formazione culturale, ed evita di distruggerla con epiteti e derisioni che, rivolti a persone adulte, porterebbero di corsa in tribunale?  (....) Pochi, pochissimi insegnanti nella scuola italiana, a cui si accede per competenze contenutistiche e non per formazione personale, in base al principio che l'educazione è una conseguenza diretta dell'istruzione."

Già ed appare evidente che nessuno 'prenda atto' di questa lapalissiana verità fattuale.

Interessante infine, per soffermarci ancora sul terzo capitolo dedicato alla scuola e all'educazione scolastica (...del 'resto' abbiamo "bei ricordi" di quel periodo...'spuntavamo' a malapena il 'quattro' in "english" e, quando 'andava bene', il "due" in matematica...), un testo riportato dal Galimberti a pag. 37 del suo volume che 'sfata' il mito della buona volontà... E' una lettera lasciata da una studentessa liceale che completa il quadro generale dei rapporti Professori-Studenti che sono caratterizzati sempre da reciproca diffidenza se non addirittura da assoluta incomprensione. 'Riportiamo':

"Sia genitori sia insegnanti mi esortavano a studiare. E io studiavo provando una noia mortale, con l'attenzione corrotta dal dubbio che stessi lavorando inutilmente, perchè era indipendente dalla volontà l'esito del mio lavoro. Mi era negata ogni possibilità di sentirmi capace di gestire gli eventi scolastici che mi riguardavano. Le pagine erano disanimate, straniere, mi avvicinavo a loro con l'urgenza di altri pensieri insieme al senso di colpa per il fatto di averne. Piano piano sentivo che cresceva in me la convinzione che la cosa non mi riguardasse, e alla fine, quando i miei genitori erano arrivati a preoccuparsi gravemente, a me non interessava più nulla di quel che veniva detto a scuola. Erano discorsi di cui vedevo immediatamente l'inutilità, la contraddizione. Mi sembravano ling